giovedì 3 dicembre 2020

Il grande puzzle di una società ansiosa

Domani verrà presentato il 54° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. Ricordiamo alcuni passaggi di quello precedente (dicembre 2019): “… una società ansiosa macerata dalla sfiducia: la solitaria difesa di se stessi degli italiani ‒ esito del furore di vivere e di stratagemmi individuali per difendersi dalla scomparsa del futuro ‒, le responsabilità collettive eluse, ma anche i grumi di nuovo sviluppo”. Poco dopo è iniziata la pandemia. Cosa è cambiato? Siamo diventati migliori o peggiori di prima? La comunicazione e l’informazione come hanno contribuito a determinare questi mutamenti?

Ogni tanto ci scappano titoli un po’ impegnativi: complotto, inganno, il nemico in casa etc. e, ovviamente, ci riferiamo alla Rai e al Servizio Pubblico (spesso si parla di due cose diverse). Così, talvolta, grazie anche all’aiuto e alla memoria di tanti nostri lettori, vanno al loro posto tanti tasselli, piccoli e apparentemente insignificanti visti uno alla volta, ma presi tutti insieme compongono una figura. Nei giorni scorsi ci siamo posti domande su due episodi: il primo riguarda l’eccesso di “attenzione” da pare delle reti, Tg e Gr nei confronti di Netflix (ultimo episodio le recensioni al film in streaming “L’incredibile storia dell’Isola delle rose” che ha ottenuto commenti entusiasti). Ovviamente non si tratta in alcun modo di spazi pubblicitari tabellari ma di semplici e pure “marchette” di quelle che sono tanto evidenti quanto sfacciate. Solo che la “marchetta” in genere non è gratis e, solitamente si richiede qualcosa in cambio. Il tema è capire cosa. 

Ragionamento analogo, per esteso, riguarda questa vicenda della “Netflix italiana” che nelle intensioni di alcuni si vorrebbe realizzare con questa nuova società composta da Chili Tv e Cdp con modica cifra ma con molte attenzioni politiche. Esattamente il contrario di quanto avviene per Rai alla quale si richiede molto in cambio di poco. Leggete cosa ha dichiarato il Ministro della cultura Dario Franceschini (ripreso da PrimaOnLine): ““L’Europa intera è il più grande produttore di contenuti culturali. In un contesto sempre più digitale, accelerato dalla pandemia, è venuto il momento di costruire una piattaforma comunitaria che offra la cultura europea on line”. A sostenerlo il ministro Mibact, Dario Franceschini, intervenendo al consiglio informale dei ministri della cultura europei, svoltosi in videoconferenza sotto la presidenza del ministro federale della cultura della Repubblica Federale Tedesca, Monika Grütters. “Noi l’abbiamo fatto in Italia, finanziando con 10 milioni di euro una piattaforma pubblica che partirà nei prossimi mesi che offrirà tutta la cultura italiana online: prosa, teatro, danza, musica, concerti. Ma, ha rimarcato Franceschini, è evidente che tutt’altra forza deriverebbe dalla scelta dell’Unione europea di costruire una piattaforma che offra la cultura europea, capace di farci confrontare con i giganti della rete”. Magari si è dimenticato che in Italia non riusciamo nemmeno a fare una rete unica e che siamo al 25° posto nell’indice DESI dello sviluppo digitale europeo e, ca va sans dire, di ricordare comunque che tutto questo lo dovrebbe fare la Rai.  

Che poi a Viale Mazzini non si sappia bene come amministrare il patrimonio pubblico è altra storia: inefficienze, inadempienze, ridondanze, contratti da 240 mila euro come se fossero acqua fresca etc …. Comunque, questa piccola storia di Chili Tv ha fatto riemergere dalla memoria quanto avvenuto qualche anno addietro quando, ci racconta una nostra fonte, appunto la nuova emittente cercava spazio e, tramite solerti dirigenti interni, ora passati ad altra e più redditizia causa, se ne facevano “portatori sani” di questa iniziativa. Ecco allora che se inizia un racconto che vede la Rai, il Servizio Pubblico, eccentrico rispetto a questi orientamenti, qualcosa si cela e anche in questo caso sarà necessario comprendere cosa.

Come si legano questi tasselli? Semplice: cambia il pelo ma non il vizio. Sembra che a Viale Mazzini sia alquanto diffuso un certo autolesionismo apparentemente inspiegabile. Non si spiega, ad esempio, perché non applicare quella parte del Contratto di Servizio che dispone la “rimodulazione delle testate giornalistiche” con evidenti risparmi di risorse umane ed economiche; non si spiega perché non si procede con forza e determinazione al confronto/scontro con il MISE per il recupero dei famosi 40+40 milioni promessi e mai erogati come pure per il recupero dei 150 milioni sottratti dal Governo renzi o l’intero extragettito (e non solo una parte come hanno gongolato alcuni); non si capisce perché la Rai non proceda autonomamente (la legge lo consente) ad avviare una forte campagna di sensibilizzazione verso i propri utenti in vista della transizione al DVB-T2 dalla quale potrebbe uscirne con le ossa rotte; non si spiega perché si procede alla nomina di una pletora di vicedirettori alle reti che, nelle intenzioni del Piano Industriale (posto che vedrà mai la luce), si dovrebbero svuotare di ruolo e competenze e cosi via raccontando. Ma, come abbiamo scritto, tutto ciò è forse solo apparentemente inspiegabile perché poi, alla fin fine, tutto ha una sua ragione, un suo filo logico, un puzzle che si compone tessera dopo tessera.

Cerchiamo di ricondurre a quadro il ragionamento. È verosimile che il Covid possa evidenziare fenomeni già in corso prima della pandemia: il progressivo spostamento di mercato, pubblico e prodotti, verso la televisione non lineare, lo streaming, è in grado di determinare la transizione completa dai modelli di produzione e diffusione dei prodotti audiovisivi dal digitale terrestre alla rete. Una tendenza inarrestabile che da più parti (vedi i francesi) danno per scontata avvenire entro la fine di questo decennio. In questo processo, un Servizio  Pubblico radiotelevisivo nazionale nelle condizioni in cui si presenta (deficit di bilancio, impossibilità di investire in prodotti e tecnologie, eccessiva dipendenza dal potere politico) è destinato al suo inesorabile declino. A questo punto, interviene il fattore tempo che è una risorsa scarsa e non può essere dilapidata. Occorre fare presto, occupare le posizioni di mercato migliori prima possibile e non si faranno prigionieri. Ecco spiegata la corda al collo di Viale Mazzini ed ecco spiegato perché avvengono tanti fenomeni di mancata resistenza o complicità con il nemico. Tanto per capirci, si può fare il paragone con il sistema sanitario:  sottraendo progressivamente risorse e attenzioni al servizio pubblico si  avvantaggia, di fatto, quello privato. Tutto molto semplice.  

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