Nei prossimi giorni sarà disponibile un nuovo BloggoRaiReport con una sintesi di quanto avvenuto in Rai e dintorni nel 2020. E' sufficiente richiederlo con la solita mail a bloggorai@gmail.com
Oggi mettetevi comodi. Dove si colloca il sottile confine tra menzogna e mezza verità? In quale modo un’affermazione si può ritenere vera o falsa in relazione al suo contenuto? Fino a che punto possiamo ritenere una bugia accettabile o sopportabile? Si tratta di interrogativi che tutti ci siamo posti, in un modo o nell’altro. Si tratta pure di un argomento che da tempo interessa l’antropologia, la psicologia, la sociologia (categoria benemerita alla quale appartengo) e, non ultima, la politica. Si tratta poi di un tema che sconfina verso altre declinazioni che, appunto, non rientrano appieno nella definizione “tecnica” di bugia o menzogna come, ad esempio, la mistificazione di un fatto, l’alterazione delle sue connotazioni, il camuffamento dietro altri elementi. Per chi avesse voglia di divertirsi sull’argomento e condividere la sua rilevanza pressoché assoluta nella storia delle vicende umane suggeriamo il fondamentale La Menzogna di Sant’Agostino che l’ha definita come “questione straordinariamente oscura” e il più attuale di Hannah Arendt ,Verità e politica.
Veniamo ora ad un aspetto complementare: la menzogna o bugia si colloca solitamente all’interno di un “racconto”, di un narrazione. Si definisce in un certo senso lo stato alterato del messaggio, della relazione tra chi lo emette e chi lo riceve. Ricordate il celebre quadro di Magritte:
Bene, tutto questo per riportare in vicende a noi più vicine, forse piccole nelle loro “dimensioni” ma grandi nel loro significato. Nei giorni scorsi buona parte della stampa italiana ha dato grande attenzione ad un “notizia” sul Termopolio di Pompei che è stata titolata con grande enfasi come si trattasse di un evento imprevisto o casuale. Il Ministro dei beni Culturali Franceschini ha dichiarato: “scoperta straordinaria” "Un grande esempio per la ripresa del Paese” (26 dicembre). Per carità, in momenti come quelli che stiamo attraversando una buona notizia fa solo che bene! Bisogna pur dire però che una buona notizia per essere tale deve pure essere corretta e completa, altrimenti suona male e si prospetta come una mezza verità che, a sua volta, si avvicina alla bugia. Non è corretto sostenere che si tratta di una “nuova” scoperta in quanto gli scavi sono iniziati oltre due anni addietro e le prime immagini del ritrovamento sono state pubblicate il 2 marzo 2019 (vedi https://www.finestresullarte.info/attualita/scoperti-affreschi-bancone-termopolio-pompei) e ha pure poco di “straordinario” in un sito archeologico dove c’è ancora un patrimonio infinito da scoprire. Fin qui, poco da dire: complimenti ai comunicatori del MiBact che sono in grado di spacciare una mezza verità come una notizia sensazionale. Se non che, si è voluto andare oltre ed investire/coinvolgere pure la Rai al punto di mandare in onda l’altra sera su Rai Due un documentario sul tema e dove si è pure sostenuto che è stato “realizzato” dalla Rai quando non è vero (vedi Comunicato dell’Ufficio stampa Rai “Il docu-film, è uno straordinario progetto documentaristico co-prodotto da Gedeon Programmes e dal Parco Archeologico di Pompei, in collaborazione con France Télévisions, RTBF Télévision belge, Unità Documentari EBU Coproduction Fund. Diretto da Pierre Stine”). Ora che il Ministro possa avere tutto il suo interesse personale ad avere visibilità, che il Governo possa trarne "vantaggio di percezione” presso l’opinione pubblica sul suo operato si può pure comprendere, che la stampa sia stata almeno “distratta” nel non verificare che si è trattato di una “non notizia” ci può anche stare. Che l’artefice di questa operazione che ora vanta le lodi della Rai sia lo stesso che ha immaginato una “piattaforma della cultura” dove la Rai non è presente, passi. Ma che la Rai possa “sorvolare” su questi dettagli no, come pure che si possa sostenere o far intuire che un documentario del genere sia frutto del genio aziendale no: è stato solo e semplicemente un acquisto “…attualizzato dall’equipe interna di Rai Doc…”. Già, appunto, è necessaria una Direzione per “attualizzare” un prodotto acquistato? Se occorre, ci sono stuoli di pensionati Rai che lo farebbero gratis. Con buona pace di tutti, il filmato su Pompei ha raccolto di fronte alla televisione circa tre milioni di telespettatori e, come ci dicono a Viale Mazzini, tanto dovrebbe bastare. Che poi questo risultato sia stato ottenuto con un documentario acquistato per intero da un consorzio francese, belga e giapponese e non prodotto dalla stessa Rai, come avrebbe potuto e dovuto essere, poco importa. Che poi questo prodotto sia stato di corollario ad una operazione politico mediatica che con la cultura e il Servizio Pubblico avrebbe poco a che fare, importa ancora meno. I documentari sono un prodotto da Servizio Pubblico Radiotelevisivo? Si. Si possono produrre con le poche risorse di cui la Rai dispone? Si. Obiezione di fonte Rai: non abbiamo soldi. La Direzione Rai Doc dispone di circa 13 mln annui. Pochi? Tanti? Bisognerebbe chiedere a Piero Angela, oppure a Geo&Geo che pure di documentari ne sanno qualcosa e vantano una considerevole esperienza. E magari li sanno fare anche meglio. La consigliera Borioni ha twittato: "Perché la cultura non è un semplice evento, è un processo, un’esperienza che si svolge nel tempo, un’abitudine che si acquisisce poco a poco". Ha ragione, da ben prima di Francheschini e di Rai Doc.
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