lunedì 30 settembre 2024

RAI: polvere negli occhi e vere Poste in gioco

Foto di Gianni Crestani da Pixabay

Possono essere necessari tanti anni per costruire una buona reputazione come sono sufficienti pochi istanti per farla dimenticare.

Chi vuole capire capisce sa bene a chi ci riferiamo. Questa premessa è utile a introdurre quanto ieri vi abbiamo anticipato: la partita del nuovo Cda RAI è chiusa nel peggiore dei modi tra farsa e tragedia e una manciata di polvere rasposa negli occhi.

Telemeloni si rafforza grazie al prezioso aiutino fornito da 5S e AVS. Punto, a capo.

Bene, ora che si depositerà la polvere su questa vicenda, cerchiamo di capire cosa emerge in concreto, ovvero le vere poste in gioco che sono sul tavolo.

Posta n. 1: il canone. Pochi si stanno occupando di cosa contiene il Piano Strutturale di Bilancio che il Governo si appresta a varare e ancora meno si preoccupano di cosa conterrà la prossima Legge Finanziaria sul tema canone. Ieri solo il Giornale di Sicilia ha riportato una riga velenosa: “… la Lega, oltre all'allargamento della flat tax, aggiunge anche la riduzione del canone Rai”. Il tema è esattamente questo: verrà confermata la riduzione di 20 euro come avvenuto lo scorso anno o si manterrà l’importo precedente con la compensazione di 430 mln? La riduzione progressiva del 20% anno del canone fino alla completa eliminazione è una bandiera della Lega e sarà difficile che possano retrocedere. Al tempo stesso trovare nuovamente il contributo per il prossimo anno non sarà facile. Come uscirne? Proposta maliziosa. Aumentiamo dell'1% il tetto della raccolta pubblicitaria! Apriti cielo: Mediaset si “scoccia”! Morale della favola: ad oggi nessuno è in grado di sapere se la RAI per il prossimo anno potrà contare di quegli importi o meno. Per la nuova gestione di Viale Mazzini una bella gatta da pelare ovvero un bel ricatto cui sottostare.  Su questo argomento silenzio totale.

Posta n. 2: RAI Way. Puntualmente, riemerge con forza e prepotenza (con grande gioia degli azionisti) il dossier delle torri. Ieri è tornato il Corriere: “Torri, l'alleanza trasversale fondi, Rai (e Mediaset?) Verso la firma di un memorandum tra F2i e l'azienda pubblica”. Nel testo si coglie un passaggio molto interessante: “l’assetto finanziario dipenderà però da più fattori. Gli azionisti di Ei Towers, F2i (60%) e Mfe (40%), per esempio, stanno negoziando i canoni di affitto delle torri di trasmissione per le reti Mediaset”. Già anche loro pagano un canone per l’uso delle torri esattamente come fa RAI con RAI Way al modico prezzo di oltre 200 mln l’anno. Tempo addietro, venne fatta una stima di quanto costerebbe lo stesso servizio se cercato sul mercato. Venne fuori che l’importo era di circa 130 mln. Una spessa coltre di cemento e silenzio è calata su questa vicenda e nessuno a Viale Mazzini ci ha mai voluto mettere le mani. Oggi il tema però torna a bomba: il Piano industriale (vedi posta n.3) richiede soldi e la vendita di una parte delle torri potrebbe risultare utile. Nessuno ne parla però questo rema rientra nella successiva Posta n.4.

Posta n. 3: il Piano Industriale. Si tratta di una dichiarazione di buone intenzioni, una macchina senza benzina che non sa dove dirigersi. Magari un pieno di benzina riesce pure a farlo ma è la direzione che rimane avvolta nella nebbia. La Digital Media Company? Fantascienza. Come tutti i documenti di questo genere si fanno perché è doveroso ma poi metterli a terra è tutt’altra cosa. Occorrono anzitutto risorse (che non ci sono) e prospettive (che non ci sono).

Posta n. 4: la privatizzazione. Da un paio di mesi, esattamente dallo scorso 6 di agosto, questo tema torna ad interessare la Rai o parte di essa. Giorgetti allora è stato chiaro: “Parliamone”. È bene sempre ricordare che questo tema non cade dal pero: gli italiani con il referendum del 1995 con il 61% dei votanti dissero chiaro e tondo che la RAI andava privatizzata e a sostenere quel referendum c’era anche il PDS. Recentemente l’argomento è stato ripreso da questo Governo: lo scorso luglio il Foglio ha titolato “Meloni vuole privatizzare un po' di Rai Meno politica in Rai, più Rai sul mercato. Dopo Ferrovie, Poste, Mps e Rai Way, la premier studia una mossa a sorpresa per salvare la Rai dai suoi debiti e ribaltare la narrazione su TeleMeloni. Notizia e dita incrociate”. Ieri è tornato sul tema Milano Finanza che ricorda la Legge Gasparri e scrive sulla privatizzazione: “Nessuno la voleva, per una ragione molto semplice. Perché il giudizio del mercato sarebbe stato in ogni caso un freno al modo indecente con cui la Rai è sempre stata gestita dai partiti, assolutamente contrari a cambiare l'andazzo rinunciando alla lottizzazione”Corsi e ricorsi storici. Sarà un tema del quale sentiremo parlare presto.

Posta n. 5: gli ascolti e gli assetti editoriali. Gli ascolti del Servizio Pubblico sono in sofferenza: lo scorso anno è andato sotto sul Day Time. La concorrenza incalza e non ammette sconti. La RAI non offre nulla di nuovo o è in grado di produrre qualcosa in grado di fronteggiare la tendenza: vive di rendita del vecchio che avanza, dei fondi di magazzino e delle repliche di Montalbano. Villa Arzilla gode e i giovani se ne vanno da altre parti. Per un verso non ci sono soldi, per altro verso non ci sono idee. Nei giorni scorsi hanno dovuto inventare/replicare un’idea del 2000 (Serra Creativa) chiedendo ai dipendenti di “creare il prossimo futuro editoriale Made in RAI”. Fenomeni.

Posta n. 6: l’informazione. Non vediamo l’ora di vedere all’opera colui che avrà “il difficile compito di tenere accesa la lampada della libertà di informazione”. Non gli facciamo nessun complimento e non brindiamo per la sua nomina. Ci limitiamo a ricordare qualche posta sulla quale si dovrà cimentare: anzitutto il Piano editoriale sull’informazione mai concretizzato: ridurre il numero delle testate e dei giornalisti? La famigerata “newsroom” si potrà fare o no? Ne consegue: che ne facciamo di RAI News24 con oltre 200 giornalisti e ascolti da prefisso telefonico? E il tanto discusso “giornalismo d’inchiesta” con la Maggioni e la sua personale “newsroom”??? Magari, se mai ci fosse occasione, sarebbe pure il caso di mettere discussione Vespa e i suoi spazi, o no?

Posta n.7: la fiction. È considerata una delle galline dalle uova d’oro per la RAI. Quando abbiamo riportato la notizia pubblicata nei giorni scorsi da La Stampa sulla presunta appartenenza di Maria Pia Ammirati, direttrice Fiction RAI, all’area Lega, oltre la grande sorpresa e speranza che sia infondata, ci è stato fatto notare: “Caro Bloggorai, ma tu la fiction che va in onda sulle reti RAI la vedi?” No, non la vediamo e abbiamo pure tralasciato di leggere alcune notizie come, ad esempio: “Fiume, Marconi, la caduta del Duce e il Kgb: ecco le fiction Rai care alla destra” pubblicata dal Foglio lo scorso maggio 2023. Poi il Manifesto di dicembre scorso con “Rai, la destra lancia il suo «storytelling»” insieme a Repubblica che ha titolato “Fiction su Mussolini e Foibe e programmi su D’Annunzio e Marinetti. La Rai corre ai ripari dopo il flop degli ascolti: ecco il nuovo palinsesto di gennaio”. Sembra che questa posta si chiama “storytelling”. Ovvero, proprio ciò che la Meloni intendeva e intende cambiare. Chissà se questo nuovo Cda gli darà una mano come già avvenuto nel recentissimo passato?

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domenica 29 settembre 2024

RAI, farsa o tragedia, le vere poste in palio e le voci che girano


Il danno e la beffa. Dopo l’elezione dei quattro nuovi componenti il Cda RAI, chi potrà rappresentare il Danno e chi la Beffa? Chi sarà l'attore del Dramma e chi della Commedia? Non sarà difficile rispondere.

Le poste in palio. Il fumo negli occhi è la riforma, le “sostanze” saranno ben altre. Della riforma a malapena si intende se si tratta della sola governance oppure dell’intero sistema delle TLC. La sostanza, le vere poste in palio sono ora sul tavolo e verranno giocate senza fare prigionieri. Le poste in palio sono alte e di assoluto rilievo strategico. Il tema Cda andrà presto nel dimenticatoio che, su questi temi non avrà alcuna voce in capitolo: non vedranno nemmeno le fotocopie. Nel prossimo post (forse anche oggi) ne parleremo.

Le bufale e le voci in libertà. In questi giorni si sta leggendo la qualunque su quanto potrà accadere dal momento in cui il prossimo Cda verrà costituito. abbiamo già detto della bufala sulla sua scadenza. Poi, ad esempio, si legge che il presidente, seppure pro tempore, gestirà solo “l’ordinaria amministrazione”. Si tratta di un concetto inesistente: non esiste la "straordinaria amministrazione" il Codice Civile permette al presidente, seppure pro tempore, di gestore tutto quanto di sua competenza. Fermo restando che il Potere Vero, con le iniziali maiuscole, sarà nelle mani dell’AD. La battaglia sul presidente, secondo alcuni, potrebbe far ricompattare le ceneri dell’opposizione? Una bufala stratosferica: il presunto presidente “autorevole e di garanzia” aveva forse, forse, un senso prima del 26 settembre. La disfatta imperdonabile e incomprensibile e ingiustificabile di AVS (prima ancora dei 5S, un capitolo a parte) con l’elezione del suo uomo di partito, Roberto Natale, ha alterato la partita e inquinato i pozzi.

Rimanete sintonizzati. A seguire, forse anche oggi, un Post di aggiornamento.

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sabato 28 settembre 2024

RAI: le 3 bufale del giorno dopo (più una velenosa incognita)


La lettura dei giornali stamattina e la riflessione/dibattito su quanto avvenuto nei giorni scorsi sul Cda RAI sta facendo emergere elementi di grandissimo interesse insieme allo svelamento definitivo di grandissime bufale.

Cominciamo dalle bufale così sgombriamo il campo e non perdiamo tempo.

Prima bufala: si sente ripetere spesso e volentieri che “… il rischio che tra meno di un anno il nuovo Cda della Rai venga dichiarato "fuori legge" e sia destinato a decadere” (Valentini oggi sul Fatto). Purtroppo, non è vero! Lo abbiamo già scritto e lo ribadiamo con forza: la legge in vigore e il prossimo MFA non lo prevedono in alcun modo (Art.29). E’ incomprensibile l’ostinazione a voler proporre questa ipotesi che non ha alcun fondamento. O forse è molto comprensibile.

Seconda bufala, la riforma: leggiamo sul Fatto, “…  dubitare della tempestività con cui verrà approvata, se verrà mai approvata, una nuova governance in grado di affrancare il servizio pubblico dalla sua cronica subalternità alla politica”. Per ora, per quanto noto, si parla solo di riforma della governance di Viale Mazzini. Non è un dettaglio ma manca tutto il resto: è come progettare un volante di una vettura di cui non si conosce quale sia il suo apparato propulsivo (le risorse) e che non ha inserito un navigatore (la missione). M5S e AVS sostengono di aver ottenuto questo grande risultato: l’incardinazione del dibattito parlamentare! Risibile (usiamo un eufemismo) per mille buoni motivi: chi si “intesta” questa iniziativa? Il 5S come stanno vantando con gli Stati Generali? Oppure il PD che ne rivendica la paternità? Poi, il calendario: qualcuno si illude che questo sarà a disposizione delle opposizioni? Il calendario lo determina la maggioranza, fino a  prova contraria. Infine, quanto tempo sarà necessario per portarla a termine?

Terza bufala: ha sostenuto la Floridia “Quelle nel cda che abbiamo votato non sono "poltrone" ma presidi di controllo dove era ed è fondamentale la presenza delle opposizioni, specie se si ha a cuore la tutela del pluralismo e del rispetto delle diverse sensibilità”. Bufala clamorosa più delle altre. I consiglieri di opposizione in Cda contano meno del due di coppe quando regna denari, situazione resa ancora più forte con la Legge 220. L’esperienza del recente e lontano passato lo hanno detto chiaro e tondo. Presidi di controllo? Quando andava bene, al compianto  Riccardo Laganà che chiedeva verifiche e controlli la risposta è sempre stata “faremo sapere”. Quando andava male, semplicemente, veniva battuto dai numeri della maggioranza. Tutela del pluralismo? Quello della diversità di genere ad esempio? Lo stesso principio che hanno violato palesemente in questa occasione?

Una volta per tutte e non ripeteremo più: M5S e AVS eleggendo i loro “nomi” Alessandro di Majo e Roberto Natale hanno commesso 3 errori imperdonabili, ingiustificabili e incomprensibili.

In primo luogo hanno consentito di formare questo Cda con la foglia di fico della loro presenza:  il Governo ha molto apprezzato. In secondo luogo Alessandro di Majo e  Roberto Natale, oggi, rappresentano il punto di non ritorno, l’immagine plastica, sul ruolo dei partiti in RAI: nomi decisi sottobanco, senza alcun confronto pubblico, trasparente, e verifica/confronto sui loro requisiti. In terzo luogo, M5S e AVS hanno rotto quel poco, forse proprio poco, di buono che ci poteva essere nel  cercare di costruire una alternativa alla destra. In particolare Roberto Natale, sul quale nessuno mette in dubbio dignità della propria storia e onorabilità, è la persona sul quale si concentra tutta la delusione e lo sconcerto per questa sua nomina. Dopo tante battaglie condotte insieme, non ce lo aspettavamo ma lo sospettavamo. Abbiamo scritto che temevamo più il silenzio degli amici che il fragore dei nemici. Ecco, oggi abbiamo capito tutto.

Bene, andiamo avanti. Oggi si riapre un tema rimasto sottotraccia ma cionondimeno strategico sul futuro della RAI: ne parla lungamente Sergio Rizzo su Milano Finanza con il titolo “Gattopardo RAI. Il servizio pubblico è da sempre al centro degli appetiti, dei partiti che da anni ne annunciano la privatizzazione. Che peraltro è prevista dal 2004. Ma nessuno se lo ricorda e si cambiano solo tg e cda”. Si legge, ricordando agosto scorso e una dichiarazione di Giorgetti a proposito di privatizzazione RAI “… Quando abbiamo definito interesse pubblico e servizio pubblico poi possiamo valutare”. E ancora si ricorda la Legge numero 82 della Gazzetta ufficiale 104 del 5 maggio 2004 e la dichiarazione di Gasparri del 2008 “Se vinceremo le elezioni riproporrò quella norma mai attuata che prevede le privatizzazione della Rai”. I personaggi sono tutti sulla scena e ci sono tutte le stesse buone intenzioni pure. Sarà questa la riforma che il Governo Meloni ha in mente? La Grande Battaglia sarà non tanto sulla riforma ma sul rinnovo della Concessione del 2027 ed è appena cominciata.

Chiudiamo rileggendo una nota di Dagospia: la frattura interna al PD sulla scelta compiuta il 26. Sapevamo che era in corso uno scontro di posizioni ma non conoscevamo i contendenti e il contenuto. Quando abbiamo riportato la frase di Boccia “Vedremo” alla vigilia della riunione dei gruppi parlamentari, non potevamo immaginare quanto riportato dal sito: c’era una specie di accordo per portare Minoli come presidente di garanzia. La Schlein non si è fidata e ha fatto saltare il tavolo. Amen.

Infine, leggiamo oggi una notizia che, se mai fosse vera, ci ha alquanto sorpresi: scrive Michela Tamburino su La Stampa che “La Lega ha un'altra carta da giocarsi ma la tiene coperta: la potente direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati, nominata dall'ex ad Salini in quota Pd, che oggi però risponde a Salvini”. Ci piacerebbe credere che sia una bufala.

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venerdì 27 settembre 2024

RAI: il Poker dei bari

Foto di Noe León da Pixabay

Il Poker tradizionale andrebbe proposto ai bambini già dalle scuole materne. Una volta cresciuti, saprebbero che ai tavoli importanti, si conviene tra i giocatori che ognuno si presenta all’inizio della partita con un certo numero di mazzi di carte intonse, vergini, della stessa marca e tipo. Poi si mettono tutte insieme e ogni X mani si prende un nuovo mazzo e si lascia quello vecchio. Tutto questo al fine di evitare che ci possa essere qualcuno in grado di fare scherzetti con le carte truccate.  La metafora è perfetta per comprendere gli avvenimenti di ieri dove, sempre parlando di poker, si usa dire che quando alla terza mano non hai capito chi è il pollo di turno, allora quello sei tu. Morale: in questa partita sul Cda RAI più d’uno hanno barato con le carte truccate e in accordo tra loro e ora si portano a casa il piatto avvelenato.

Bene. Facciamo il punto su quanto successo ieri e quanto ancora potrà accadere sulla Rai e per il Servizio Pubblico..

A: la partita nomine è chiusa con evidente e palese vittoria da parte del Governo.

B: sta per iniziare una nuova partita del tutto diversa nelle prospettive e nelle poste in palio.

Vediamo nel dettaglio gli esiti della partita e liberiamoci subito di un fardello: questo nuovo Cda si insedierà e non ci sarà nulla al mondo che lo potrà far decadere, salvo eventuali disposizioni da Codice Civile. Il voto di ieri costituisce un Atto Parlamentare che forse nemmeno la Corte Costituzionale, tra qualche anno se tutto va bene, potrebbe revocare. La revoca del mandato non è prevista ne dalla Legge 220 del 2015 e tantomeno il MFA prevede meccanismi del genere. Leggiamo: “Articolo 29. Entrata in vigore e applicazione. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica a decorrere dal … [15 mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento].”. Entrare in vigore non significa affatto che si debba applicare subito e tantomeno, una volta applicato che possa avere valore retroattivo e che quindi il Cda appena eletto si debba dimettere tra X mesi. Per non dire di quante violazioni alle disposizioni comunitarie vengono fatte impunemente. Doppio punto. Infine, non è pensabile che la Meloni, ora che ha piene mani sul malloppo RAI possa cederlo in nome di una presunta "riforma" impossibile da fare senza il suo consenso e partecipazione.

Questo nuovo Cda avrà tutto il tempo di fare danni in ogni direzione oggi e a futura memoria. Il primo danno lo farà quando dovrà nominare il nuovo DG, con il probabile Sergio come previsto nella staffetta: è noto che questa figura è stata abolita dalla legge 220 e ciononostante è stata resuscitata e tollerata benevolmente da tutti. A seguire ci sarà il tema contrattuale: il recente sciopero ha dimostrato che l’Azienda è in grave sofferenza pure con il concorso degli attuali a amministratori e dirigenti. A seguire c’è il tema del canone: di cosa si parlerà? Sarà ancora ridotto? Sarà rifinanziato il contributo di 430 mln o sarà ulteriormente ridotto? Il nuovo Piano Industriale che non decolla e non potrà decollare se non viene supportato da adeguate risorse che non ci sono. Vendere una parte di RAI Way? Gli ascolti insofferenza: cosa si potrà fare per arginare la tendenza? Non parliamo poi della nuove nomine che si dovranno fare per rimettere in equilibrio politico gli assetti gestionali interni. Tutto questo nella prospettiva della madre, del padre, di tutti i genitori della grande battaglia prossima ventura: il rinnovo della Concessione Stato Rai Prevista per la primavera del 2027.

Partita nomine chiusa del tutto? Forse nei dettagli non ancora: il veleno sta nella coda. Il problema presidente è tutto ancora da risolvere. La partecipazione al voto di 5S e AVS ha tolto una castagna dal fuoco alla Meloni di dimensioni ciclopiche. Come noto, ora mancano due o tre voti per eleggere la Agnes presidente. Non è necessario essere acute volpi per intendere da che parte potranno venire se.. se … se verranno rispettati gli accordi occulti sottoscritti. Leggete il Messaggero di oggi per farvi venire l’orticaria.

Dunque Bloggorai considera questa partita chiusa con esito devastante. Lo sapevamo che si correva questo rischio e abbiamo cercato di paventarlo ma sapevamo pure che le forze in campo erano impari e infide. Valeva la pena combattere e ora occorre uscirne con onore.

Ora potrebbero, forse iniziare nuove partite. La prima, la più rilevante e interessante potrà consistere nello stanare i masnadieri del “prima la riforma”. Costoro sanno bene che non esiste nessuna proposta di riforma sul tavolo della quale dibattere. Quelle del passato, ormai lontano, sono talmente impolverite nei cassetti che non vale più la penna metterci mano. Proviamoci.

Rimane sul fondo il problema dell’udienza del TAR prevista il prossimo 23 ottobre. Avvertiamo che ci potrebbero essere solo 4 possibili esiti tutti da verificare sulle conseguenze che ne possono derivare. Il ragionamento su cosa fare è in corso.  

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giovedì 26 settembre 2024

RAI. La disfatta annunciata 2: M5S e AVS

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Non siamo qui per fare i complimenti a Roberto Natale e Alessandro di Majo. Sappiamo che Roberto Natale e Alessandro di Majo sono persone onorabili e rispettabili. 

Parleremo bene di loro ma non gli faremo i complimenti. Non parleremo della loro storia ed esperienza politica o professionale. Non proveremo ad immaginare quale potrà essere il loro futuro come “nuovi” consiglieri RAI: perché sono esperti e navigati da anni. Non proveremo nemmeno a cimentarci con la frasetta di genere “lasciamoli lavorare e poi giudicheremo”. Abbiamo già dato in passato, abbiamo già visto all’opera tanti consiglieri/e prima di loro e sappiamo come è andata a finire. Per loro sarà diverso? Non ci interessa ragionare da questo punto di vista. Non commenteremo quanto ha fatto di Majo nell’ultimo Cda, e tantomeno ci azzardiamo a commentare il percorso di Natale interno ed esterno alla Rai. Infine, non batteremo ciglio sul fatto che i loro due nomi di fatto hanno impedito una candidatura di una donna, con  buona pace delle chiacchere sulla parità di genere. Non faremo nemmeno le pulci ai voti ottenuti in aula dove pure qualcosa meriterebbe notare. 

Ribadiamo chiaramente: Alessandro di  Majo e Roberto Natale sono persone onorabili e rispettabili.

Ma non gli faremo i complimenti!

Parleremo solo e semplicemente di quanto era previsto, noto e paventato: chiamatelo come volete ma si tratta di concordare sul fatto che la loro nomina ha concesso al Governo un vantaggio enorme, difficile da recuperare. Sul fronte interno la Meloni ringrazia sentitamente per aver rotto quello che rimaneva del “campo largo” e sul fronte esterno per quanto potrà avvenire nel prossimo cda.

Quanto avvenuto stamattina cosa è? come si può definire? cosa fotografa? Si tratta di un Super Accordo, di Mega Inciucio, di colossale “sottobanco”? Lo sapremo meglio quando di tratterà di votare il/la presidente “autorevole e di garanzia”.  

Natale e di Majo hanno però un peccato originale che non sarà facile cancellare: in questa occasione, per questo voto, rappresentano esattamene il contrario di quanto abbiamo sempre richiesto,  sostenuto e cercato di difendere: l’autonomia del Servizio Pubblico, della Rai, prima ancora dai partiti e in subordine dalla politica. Potranno fare o dire quanto di meglio si possa immaginare ma questo vizio sostanziale rimarrà indelebile.

Ribadiamo il concetto: prima ancora dai partiti. Alessandro di Majo e Roberto Natale invece oggi rappresentano l’icona, la plastica raffigurazione delle segreterie dei partiti che decidono a loro piacimento, ad insindacabile giudizio, senza dibattito e senza confronto. Sono il frutto avvelenato di un albero malato da anni. I partiti che li hanno nominati, M5S e AVS, se ne sono sempre ben guardati da sostenere la necessità e la possibilità di provare a superare subito la Legge 220 del 2015 applicando già da ora, almeno formalmente, quanto previsto pure dal MFA. Hanno sempre taciuto su questo fronte e di questo abbiamo sempre sospettato. Ora ne abbiamo prova provata perché è avvenuto: da tempo si leggevano i loro nomi. Ora è tutto chiaro.  Con buona pace di quando sostenevano “fuori i partiti dalla RAI”. Ora vaglielo a dire alla Meloni, a Tajani, a Salvini che loro invece sono diversi.

Alessandro di Majo e Roberto Natale come sono stati scelti, selezionati, comparati, valutati e pesati? Da chi, con quali criteri aperti e trasparenti sono stati proposti, come si legge nel tanto declamato “spirito” del MFA? Cosa dovremmo pensare quando li sentiremo parlare di questo argomento? Che hanno salvato la Patria, che senza di loro la RAI sarebbe colata a picco? 

Fino a pochi giorni addietro, i partiti che oggi li hanno votati hanno declamato e firmato congiuntamente “prima le riforme e poi le nomine” ed ora è stato sufficiente che gli venga promesso un generico “calendario” per fargli cambiare idea? Un calendario per dibattere cosa? Ancora oggi si trincerano dietro una parola vuota e priva di alcuna sostanza “la riforma”. Però, tanto per non fare mancare nulla al promettente calendario, si immagina pure che presto si darà vita agli “Stati generali”. La Floridia, il M5S è felice per intestarsi una proposta che, è bene ricordare, non nasce in casa loro: tra i primi a parlarne è stato Giampaolo Rossi esattamente due anni fa, 20 settembre 2022,  con una intervista al Foglio “Il servizio pubblico non va occupato ma governato” ed ha pure aggiunto che il canone si potrà discutere. Ecco, ci siamo, ora possono governarlo nel migliore dei modi possibili e il canone è stato già in parte discusso.

Infine, l’altra motivazione del voto di oggi e della rottura del “campo largo” si legge  nel “non potevano lasciare alla destra l’occupazione della RAI”. Era una possibilità già nota da tempo, non è emersa solo ieri pomeriggio, non è cascata dall’albero del pero. Faceva parte del gioco e delle possibili carte in tavola che il Governo avrebbe potuto giocare. Quando, prima il 6 agosto e poi nei giorni scorsi hanno ribadito il concetto, era tutto chiarissimo: se il Governo manteneva il punto, e lo ha mantenuto, il problema si poneva. Perché allora attendere solo poche ore prima del voto in Aula per far saltare il tavolo?

Le storie del M5S e AVS sono diverse e incomparabili tra loro e diversamente andranno analizzate. Ci sarà tempo. Vedremo. 

La disfatta è solo alla seconda puntata.

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mercoledì 25 settembre 2024

RAI: la disfatta annunciata 1

Foto di Gizelle Kei da Pixabay

Siamo fermamente convinti che ogni buona intenzione, proposito, disegno, idea o strategia debba essere validata, misurata, pesata e commisurata ai risultati concreti, tangibili e misurabili che è in grado di produrre.  Altrimenti rimangono solo irrilevanti e insignificanti buone intenzioni, idee, proposte o strategie destinate bene che vada solo al libro dei ricordi e o pesanti sconfitte. Banalmente: le chiacchere stanno a zero. 

Questa mattina il PD non parteciperà al voto per eleggere i 4 nuovi consiglieri RAI. E’ una disfatta? Se lo è, sarà totale o solo parziale? Poi, è una disfatta solo per il PD oppure travolge tutto e tutti, compresi gli “alleati” di AVS e 5S mandando al macero il famigerato “campo largo” dove rimane solo il fedele “alleato” Renzi? Appare del tutto evidente che la posta in gioco non è solo il “governo” della Rai con il suo Cda ma anche la “riforma” come a gran voce e all’unisono avevano chiesto compatti i componenti dell’ormai ex “campo largo”.

Per quanto riguarda il primo soggetto, il PD, e la prima posta, la disfatta come sempre avviene è sempre annunciata. La disfatta del PD sul tema Rai è iniziata da tempo, prima con il Contratto di Servizio approvato lo scorso anno e proseguita poi su tutti i fronti: dal tema canone per finire al tema RAI Way e Piano Industriale. Ma c’è di più: nessuno ha avuto modo di conoscere il pensiero del PD sulle modalità di nomina di selezione dei nuovi quattro consiglieri: il PD non si è mai espresso nel merito della possibilità di adottare subito criteri trasparenti, aperti e non discriminatori come, appunto, prevede il tanto declamato MFA e come richiesto con il ricorso al TAR. Nelle more dei tempi, 15 mesi o poco meno, di entrata in vigore delle disposizioni europee, nulla vietava al PD almeno di dare un segno forte e chiaro su come si doveva procedere. Si poteva benissimo almeno provare a indire una specie di consultazione pubblica, chiamando i 72 candidati ad esprimersi su come intendono il loro ruolo nel futuro della Rai, almeno solo simbolicamente sarebbe stato un segnale significativo. Nulla.

Sulla seconda posta, la riforma, la disfatta è pressoché totale. Era chiaro pure ai sassi che una proposta è tale se è piena di contenuti anzitutto dibattuti e condivisi mentre invece è rimasta solo un termine generico e vago presente nella mente di pochi illuminati. Non è stato poi mai chiarito se si dovesse trattare di una riforma complessiva, il ruolo e la missione del Servizio Pubblico, oppure una semplice revisione della Legge 220 del 2015.  Infine, una riforma di questo genere quali che siano le due ipotesi da perseguire deve passare necessariamente nelle aule del Parlamento dove la maggioranza è di centro destra. E con chi si farebbe allora una riforma se non con i loro voti? Infine: quanto tempo ragionevolmente occorre  per metterla in piedi? Mesi? Quanti?  

Attendiamo l’esito del voto tra poco più di un’ora e proseguiremo la riflessione. Vedremo. Vedremo se per far passare il loro candidato il M5S con di Majo e AVS con Natale dovranno avere i voti del centro destra e poi vedremo … vedremo … vedremo. Nota bene, due si parla di due uomini: per la prima vota dopo 10 anni l'opposizione non avrà una donna in Cda RAI.

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RAI: finale di partita (drammatico)

Foto di Dmitry Abramov da Pixabay

Riproponiamo la celebre frase di Boskov “Partita finisce quando arbitro fischia” e gli arbitri stanno per fischiare la fine di questa partita sul nuovo Cda RAI. Poi ne potrà pure iniziare una nuova ma intanto questa partita è pressoché finita. Nei giorni scorsi abbiamo titolato “Aventino o Caporetto”. Abbiamo fatto un errore “narrativo”. Entrambi i luoghi evocano uno scenario negativo che, per carità di Patria, è meglio non ricordare.

Premessa. Le affezionate lettrici e gli affezionati lettori di Bloggorai da oltre sei anni sono fortunati: sanno tutto in largo anticipo e su questa vicenda abbiamo scritto nomi e cognomi in tempi non sospetti.  Quanto sta avvenendo in queste ore e quanto potrà avvenire domattina è stato tutto già dettagliato e non perché Bloggorai ha le sfere di cristallo. È sempre sufficiente, banalmente, connettere i punti, saper leggere e scrivere, nulla di più, lo possono fare tutti.

All’indomani del 6 agosto, quando il “campo largo” aveva dichiarato solennemente “prima le riforme e poi le nomine” abbiamo scritto subito che era un autogol formidabile perché sostanzialmente privo di ogni fondamento: quale riforma, con chi e in che tempi? Silenzio. Poi hanno insistito e ribadito lo stesso concetto poche settimane addietro, peraltro poco dopo che Conte già cominciava a smarcarsi “Proponeteci un nome autorevole e lo valuteremo”. Abbiamo pure scritto pure da tempo che lo strano “silenzio” di Conte, Schlein e Fratoinanni/Bonelli sul ricorso al TAR non lasciava intuire nulla di buono. Avevano già i nomi di riserva? Ad esempio, ancora oggi leggiamo sulle agenzie il nome di Roberto Natale.

Oggi, poche ore addietro, abbiamo cominciato a vedere chiaramente lo scenario della battaglia di domattina: prima il M5S che ha dichiarato “La suggestione che viene diffusa da alcuni organi di stampa, di disertare le aule in occasione del voto dei consiglieri di nomina parlamentare, è stata respinta dall'Assemblea dei parlamentari del M5s", "in considerazione del fatto che appare contrario all'interesse pubblico lasciare il Cda nelle mani dei soli consiglieri designati dalle forze di maggioranza…” e poi un comunicato di AVS dove si legge “ … anche Alleanza Verdi e Sinistra parteciperà al voto in Parlamento sui consiglieri del Cda Rai. "Per noi -spiega Angelo Bonelli in Transatlantico- era fondamentale che si abbinasse la riforma della Rai e il recepimento del Media Freedom Act…”. Infine, proprio pochi minuti fa abbiamo letto (ADN) che “Una terza via fra il non voto e il voto su un candidato riconducibile al Pd potrebbe essere quella di votare una figura 'terza', come spiega una fonte dem”. E chi sarebbe mai? e con quali criteri verrà scelto? Al che, puntualizza Conte “Noi domani andiamo a votare perché si tratta di servizio pubblico non di un affare privato. È una questione di garanzia, di vigilanza. Poi ho detto in tutte le lingue che conosco che non voteremo Agnes presidente".

Questi i fatti, ora l’opinione. Ne escono tutti con le ossa rotte: maggioranza e opposizione. Più la seconda che la prima. La squadra del “prima la riforma e poi le nomine” è allo sbando. Anzitutto il M5S dove non è affatto una novità la sua posizione: dai tempi del rinnovo del Contratto di servizio quando hanno evidenziato subito quale era il loro orientamento: non era necessario votarlo con tanta urgenza come richiedeva la Floridia. Poi, era noto da tempo che non schiodavano dalla loro idea di riproporre di Majo senza dibattito aperto e trasparente alcuno. Era lui il prescelto e basta: si capisce perché il termine “ricorso” non è mai stato pronunciato, gli faceva venire l’orticaria, la “via giudiziaria alla democrazia” sembrava impercorribile.

Altra storia per AVS: poco da dire se non che si viene a sapere dai giornali che hanno un loro uomo: Roberto Natale. Autorevole e stimato ma anche lui scelto senza alcun criterio comparativo: bella mossa! Complimenti. Perché proprio lui e non un/a Pinco/a Palla qualsiasi?

Al PD rimane ora il cerino in mano che deciderà solo stasera, all’ultimo minuto, come spegnere. Ci sono solo due modi: o vota o non vota. Se non vota sarebbe una debacle su tutti i fronti, interni all’opposizione e verso la maggioranza che lo vedrebbe messo all’angolo. Se vota sarebbe pure una debacle perché hai voglia dire che “Abbiamo ottenuto un risultato: ora si faranno le riforme e poi si applicherà il MFA”. Tutto futuro possibile e immaginabile ovvero, in soldoni, fuffa tutta da verificare nei contenuti e nei tempi e, peraltro, una decisione last minute presa solo sotto la spinta di altri partiti del campo largo e senza una propria strategia. Da non dimenticare quanto detto proprio ieri sera da Boccia (lo stesso che a suo tempo dichiarò “Non penso sia più tollerabile un canone, al tempo della società digitale, interamente assorbito dalla Rai" ANSA del  12 novembre 2019).  

Tra le righe, segnaliamo un problemino per la Schlein non da poco che pure a suo tempo abbiamo sollevato: ammesso e non concesso che il 5S vota di Majo e l’altro nome possa essere Natale, starebbe a dire che, per la prima volta dopo 10 anni di Cda RAI, l’opposizione non avrebbe una donna in Cda RAI. Bel risultato, con buona pace dei tanti propositi sulla parità di genere etc etc…

È a dir poco scocciante dover constatare che la partita è persa non perché gli avversari sono più forti ma perché gli alleati sono deboli. Era sufficiente che in epoca non sospetta, all’indomani della presentazione delle candidature, il PD, il M5S e AVS chiamassero tutti i 72 candidati e gli chiedessero di esporre una loro visione del Servizio Pubblico per poi aprire il dibattito e valutare. Non è stato fatto ... non si è voluto fare. 

La partita che finirà domani e quella che potrà iniziare dopodomani appartengono a campionati diversi. Uno sta per finire e l’altro per cominciare. Vedremo ...vedremo … vedremo…

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FLASH

 A breve aggiornamento importante.

Rimanete sintonizzati. 

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RAI: la Battaglia finale

Foto di Gordon Johnson da Pixabay

“Ebbene, allora avanti. Oh, se solo si potesse già conoscere l’esito dei prossimi avvenimenti! Ma basterà che  si concluda il giorno e tutto sarà noto. Avanti ... avanti ...”. 
Bruto sulla piana di Filippi alla vigilia della battaglia (W.S. V,I)

“Prima il voto e poi la riforma”  3

“Prima la riforma e poi il voto”  0

Chiunque ha giocato a poker, tresette, scacchi qualsiasi altro gioco come pure partecipato ad ogni battaglia o iniziativa politica o giuridica che dir si voglia, sa bene che le partite e le competizioni iniziano e prima o poi si concludono. Solitamente con una vittoria o una sconfitta ma è possibile anche il pareggio. In questo caso no: se domani il Parlamento vota la partita Cda RAI è chiusa e se invece, last minute, la votazione dovesse saltare si andrebbe ad un tempo supplementare con l’udienza del TAR del 23 ottobre alle porte.  

Ormai ci siamo: gli arbitri, i presidenti di Camera e Senato, hanno il fischietto alla bocca e domattina potrebbero chiudere la partita del CdA RAI. In questo caso, come disse Vujadin Boškov, “Palla a noi, giochiamo noi, palla a loro, giocano loro. Pallone entra quando Dio vuole. Partita finisce quando arbitro fischia. Per vincere partite bisogna fare più gol”. Mai parole furono più sintetiche e veritiere. È la perfetta metafora dell’attuale confronto tra maggioranza e opposizione. Quando la “sinistra” ha avuto la palla non ha fatto gol a sufficienza, anzi ha fato il noto autogol della Legge Renzi della quale ancora oggi paghiamo le conseguenze. Quando la destra ha il potere invece fa e disfa a suo piacimento e porta a casa il risultato. Punto.

Le grandi idee, le forti visioni, i robusti progetti e le iniziative importanti si misurano sul grado di effetti e conseguenze concrete, misurabili, che ne possono derivare. Idee, progetti, visioni e iniziative che non producono risultati tangibili rimangono buoni propositi destinati a rimanere nei cassetti dei ricordi.

La sinistra ha tanta storia ma forse poca memoria. La storia seppure recente della squadra progressista sul tema Rai e, segnatamente della riforma, non  sembra coperta di gloria e rende molto difficile essere fiduciosi. E ancora  ieri pomeriggio, sul finale di partita quando uscivano le agenzie che prima davano certo un possibile rinvio del voto di domani e poi la riunione dei capigruppo invece confermavano, il vice segretario del PD Boccia ha dichiarato “Vedremo” proprio come potrebbe dire uno sprovveduto Bloggorai qualunque. A poche ore dalla fine dei giochi: incerti e confusi fino all’ultimo. La linea difensiva del “prima le riforme e poi le nomine” si è sgretolata. Il Governo ha risposto al contrario: votate poi ne parleremo. Anzi, se domani non votate la riforma e gli Stati generali ve li sognate. Nota bene: ancora ieri, a proposito di riforma RAI: per alcuni ci si riferisce alla sola governance quando invece è noto che si dovrebbe o potrebbe discutere di tutto il ruolo del Servizio Pubblico nel contesto del sistema radiotelevisivo e mediatico nazionale ed europeo.

Allora, come se ne esce? Mentre vi scriviamo, sembra che a Via del Nazareno sia in corso una riunione per decidere cosa fare. La prospettiva è uscire dall’aula (per carità, non dite più Aventino) oppure partecipare al voto? Tutti uniti o solo PD e AVS mentre il 5S vota il suo di Majo? Ancora non si sa nulla e già questo è un grave problema: il “vedremo” di cui sopra è la parola lapidaria che certifica la difficoltà a progettare e organizzare una opposizione efficace. Bloggorai teme Caporetto. Eppure, ancora sul filo di lana, una flebilissima possibilità di trattativa potrebbe pure esserci: si provi a mettere sul tavolo il tema del ricorso al TAR e dei possibili esiti: “attendiamo il 23 ottobre e poi ne parliamo” Questa mattina l’appuntamento lo ha ricordato Vincenzo Vita sul Manifesto. Uno tra i possibili esiti del ricorso  potrebbe anche essere favorevole. Questa ipotesi manterrebbe aperta la partita dove ognuno, compresa la maggioranza, potrebbe guadagnare tempo per sanare i suoi conflitti che pure ci sono forti. Purtroppo, invece, sappiamo bene come il termine “ricorso” è da tempo andato di traverso a molti, quasi più amici che nemici.

Tra i nostri quattro amici al bar alcuni sostengono che alla capa del Governo non conviene esporsi a farsi dire che Telemeloni si è rafforzata ulteriormente. Altri invece che, al contrario, ha tutta la convenienza a dire che solo lei ha salvato la Rai di fronte a minacce e problemi incombenti.  

Conclusioni.

Ipotesi A: vota solo maggioranza ed escono solo 2 nomi, come prevede la Legge. Il consiglio comunque si potrà formare, seppure con solo 5 componenti.  

Ipotesi B: votano tutti ed escono 4 nomi.

Ipotesi C: vota la maggioranza e il M5S si adegua ed eleggono 3 consiglieri

Ipotesi D: salta il banco e si rinvia ai tempi supplementari.

Non ci resta che attendere. La Battaglia di Filippi è stata decisiva nella storia di Roma. Occorre ancora attendere.

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LAST MINUTE: è appena uscita un'agenzia dove si lege che i gruppi della Vigilanza RAI hanno votato all'unanimità la richiesta ai presidenti di Camera e Senato la calendarizzazione del dibattito sulla riforma RAI. 

Tutto chiaro.

  

martedì 24 settembre 2024

RAI e PD. Aventino o Caporetto?

Foto di Gordon Johnson da Pixabay

A leggere i giornali questa mattina sembra che il tempo sia trascorso invano. Era tutto incartato, incerto e confuso prima ed è tutto incartato, incerto e confuso oggi. La sola certezza (quasi) è che dopodomani Camera e Senato potrebbero votare. Chi potrà essere eletto, come e perché rimane un mistero.

Ma il mistero più misterioso rimane la possibile solitudine del PD che, nel caso il 5S votasse il “suo” consigliere di Majo, come noto da mesi e con buona pace dei principi di trasparenza, rimarrebbe con il cerino in mano e la speranza che la maggioranza gli possa fare la gentile concessione (quando e su quale proposta?) di avviare un percorso di riforma (della sola governance o di tutto il sistema?). Un po’ poco.

Il Messaggero titola “RAI, l’Aventino di Schlein crea malumori nel PD”. Altro che Aventino (che solo a ricordarlo è drammatico) e altro che “malumori”: si profila una Caporetto senza precedenti. Anzitutto si profila la mancanza più totale di una visione strategica: che senso ha proporre una riforma di cui nessuno sa nulla e tantomeno nessuno è in grado di immaginare quando potrebbe essere varata e con chi? Che senso ha lasciare l’Azienda nelle condizioni attuali allo sbando totale in presenza di problemi gravi ed urgenti? Che senso ha lasciare in carica “questo” Cda chissà per quanto tempo ancora? Che senso ha invocare il MFA, in particolare l’art. 5 e il 29,  dove la sua applicazione tra 13 mesi non prevede in alcun modo (e non lo potrebbe) un meccanismo di revoca del nuovo consiglio eventualmente insediato? Come pure non lo prevede la Legge 220 del 2015.

La battaglia sola e percorribile era ed è cercare in ogni modo di impedire che questo nuovo consiglio venga nominato con i criteri attuali, ovvero sostenere il ricorso. Così non è stato. Punto. 

Francamente, per quanto ci siamo applicati, non troviamo nessuna risposta plausibile, ragionevole, dibattuta e condivisibile. Ormai è diventato un esercizio stucchevole cercare di interpretare fenomeni incomprensibili. Tant’è e allora il solo divertimento (si fa per dire) è cimentarsi sulla politica intesa come esercizio totale delle possibilità, necessità e convenienze che si possono realizzare.

Vediamo alcuni punti. Ieri abbiamo letto una ipotesi suggestiva, a firma Michele Anzaldi. Il ragionamento è plausibile: nei giorni scorsi si è letto un titolo (Borsaitaliana.it) “Gentiloni, parlamentari farebbero bene a votare Fitto” e dove si legge pure che “ … ricordando che, quando fu nominato commissario e fece la sua audizione, "il presidente Silvio Berlusconi, che all'epoca era deputato europeo, venne personalmente ad assistere e mi fece un sacco di complimenti". Già, chissà perché? Interessante. Ha seguito in parte questo ragionamento pure Romano Prodi che nei giorni scorsi ha dichiarato che voterebbe Fitto … anche se ha pochi poteri. Però lo voterebbe. Queste “aperture” o suggerimenti che dir si vogliano porterebbero dritte al cuore di un possibile accordo (sottinteso occulto): il PD voterebbe il “commissario Fitto di tutti gli italiani” a Bruxelles e in cambio la maggioranza aprirebbe ad un “presidente autorevole e di garanzia per tutti i telespettatori RAI” a Viale Mazzini. Magari con Di Bella di cui si legge costantemente. Chissà, forse solo fantasie.

Ieri ci è pervenuto un altro ragionamento suggestivo che però non sarebbe risolutorio, anzi al contrario potrebbe complicare le trattative. Attenzione: la carta Marano che la Lega vorrebbe giocare potrebbe far saltare il tavolo interno alla maggioranza. FdI farebbe barricate per ostacolarlo (sarebbe il consigliere anziano che guiderebbe la transizione verso la nuova presidenza) e FI certo non farebbe salti di gioia, anzi. Il Fatto di oggi propone un ragionamento: lasciare che FI con la Agnes si schianti in Vigilanza per poi trovare un accordo su un altro nome, magari con l’appoggio dei due voti proveniente dall’opposizione (chi?) tutt’oggi mancanti.  

Morale della favola, a poche ore dal voto siamo alla pura fantasia. Ognuno può dire la sua senza tema di smentita. Bloggorai non fa previsioni. Ritiene però che se mai il 26 si dovesse votare lo scenario sarebbe completamente e radicalmente diverso e lo stesso ricorso al TAR con l’udienza prevista per il 23 ottobre entrerebbe in una nuova dimensione tutta da verificare.

Infine, da registrare l’esito dello sciopero generale dei lavoratori RAI di ieri. Riccardo Saccone, segretario Generale GCIL, ha dichiarato che “E' stato un successo lo sciopero di operai, tecnici, impiegati e quadri Rai” e informa che hanno aderito oltre il 60%  dei lavoratori con picchi dell’85% , un fatto con pochi precedenti ed ha poi aggiunto “Lavoratrici e lavoratori non lasciano adito a dubbi: vogliono un nuovo contratto, un piano industriale solido, risorse economiche certe, il salvataggio di Rai Way e una governance indipendente'”. Difficile non tenerne conto e proprio in considerazione che si vorrebbe riproporre lo stesso vertice ritenuto dai sindacati responsabile della attuale situazione. Abbiamo però osservato un curioso silenzio da parte della politica su questo sciopero: non ci sono pervenute dichiarazioni di alcuno. 

Abbiamo però infine capito perché il silenzio dell’opposizione al ricorso sui criteri di nomina RAI: a loro giudizio la via giudiziaria alla politica non è condivisibile e non percorribile. Forse nemmeno quella sindacale, altrimenti non si capisce perché nessuno dell'opposizione ha battuto ciglio.    

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lunedì 23 settembre 2024

RAI sospesa

Foto di succo da Pixabay

  … perché 'l tempo fugge e inganna, sempre insieme stan contenti. Queste ninfe e altre genti sono allegre tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia, di doman non c'è certezza...

Siamo come color che son sospesi. Manca poco al giorno decisivo del 26 settembre quando il Parlamento potrebbe votare i nuovi amministratori RAI. Paradossale che possa apparire, tutto è ormai chiaro quanto invece tutto è completamente oscuro. Sembra orma del tutto chiaro che il Governo intenda chiudere la partita subito, a tutti i costi, e la Meloni sa bene che affinché possa succedere deve cedere qualcosa al suo interno (Lega) e verso l’opposizione (quale?). Come sembra del tutto chiaro che ci sia buio intenso su cosa sottende questo intendimento a votare il 26. Quali accordi sono stati presi, da chi e per conto di chi? Chi si voterà e con quali criteri saranno scelti i nomi dei nuovo consiglieri? Dall’opposizione, ancora stamattina, non si avvertono segnali di fumo. Tacciono pensosi: è verosimile che qualcuno trama e qualcuno trema.

Nulla è successo e nessuno ha sollevato il problema dei criteri di nomina dei nuovi consiglieri: solo i ricorrenti al TAR e al Consiglio di Stato lo hanno fatto in completa solitudine e indifferenza anche dei partiti che avrebbero potuto e dovuto sostenerlo senza se e senza ma. Avete mai sentito citare il termine “ricorso” da Schlein, Conte o Fratoianni? No, mai! Eppure, strano a dirsi, nel merito non avrebbero dovuto aver dubbio alcuno. Strano a dirsi ma chiaro a comprendersi.

Veniamo ad oggi. Come al solito, per capire quanto succede oggi spesso è necessario rivedere quanto successo ieri. Parliamo dello Sciopero generale in corso oggi in tutta la RAI.

Ripercorriamo alcune tappe. A maggio 2023, il 26, le organizzazioni sindacali indicono uno sciopero generale per protestare contro la mancanza del Piano industriale, del piano immobiliare, del piano finanziario, RAI Way, per la questione canone etc. Succede poi che pochi giorni prima,il19, le stesse organizzazioni sindacali revocano lo sciopero perché sostanzialmente le parti hanno convenuto di affrontare e risolvere insieme le criticità che hanno dato vita allo sciopero.

Era successo però che proprio pochi giorni prima si era insediato il nuovo Cda di Viale Mazzini con Roberto Sergio e Giampaolo Rossi (fortemente voluto e sostenuto  dal Governo Meloni) ed era palesemente “scomodo” per loro trovarsi di fronte ad uno sciopero generale. Tant’è che poi i due nuovi amministratori hanno avuto buon gioco a mostrare lo scalpo dell’accordo raggiunto dichiarando genericamente di voler affrontare i problemi sollevati. Tutto ciò che ne è seguito è noto: a partire dal Piano industriale e finire al canone ridotto di 20 euro. Tutt’ora del prossimo canone nessuno sa nulla. Nel frattempo è successo proprio recentemente che i lavoratori RAI hanno bocciato la proposta di accordo sul rinnovo contrattuale. Dunque, a pochi giorni e ore dal possibile insediamento del nuovo Cda di Viale Mazzini si certifica ancora una volta la permanenza di uno stato di criticità complessiva dell’Azienda della quale questo vertice, questi amministratori, hanno chiare ed evidenti responsabilità. È sufficiente ricordare la questione Piano Industriale: non ci sono risorse adeguate e sufficienti per sostenerlo (inizialmente previsti 190 mln come abbiamo documentato) a tal punto che si vorrebbe accelerare la s/vendita di una quota di RAI Way.

Vedremo quale sarà l’esito dello sciopero e se in quale modo potrà incidere sui prossimi sviluppi. Non c’è un tema di possibilità che qualcosa possa avvenire. È solo questione di tempo, basta attendere e poi vedremo.

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sabato 21 settembre 2024

La strategia del Cerino e il Campo Largo


Per cercare di capire quello che potrà succedere il prossimo 26 settembre in Parlamento e chi rimarrà con il cerino bruciato tra le dita è necessario fare qualche passo indietro. Occorre riprendere quanto successo in Vigilanza RAI quasi un anno addietro, quando si stava per definire il nuovo Contratto di Servizio. Erano previsti due relatori: Lupi per la maggioranza e Nicita per l’opposizione. Il dialogo tra le due parti non andava bene ma non andava benissimo nemmeno all’interno dell’opposizione tant’è che Nicita (PD) si dimette dal suo ruolo in dissenso per quanto stava avvenendo nel dibattito di merito. Morale della favola, come abbiamo dettagliato a quel tempo, quello che è uscito è un Contratto di Servizio pessimo, frutto di un’insana logica dell’urgenza e del compromesso utile solo a portare a casa lo "scalpo" del risultato raggiunto. Da allora, nell’opposizione, sul tema Rai ha cominciato a diffondersi lo stato confusionale mentre svaniva ogni logica progettuale sulla missione della Rai . Al contrario, la “destra destra” che ha cominciato a governare Viale Mazzini sembra avere le idee molto chiare: pochi mesi prima, giugno2023, il DG Rossi dichiara chiaro e tondo che “il canone non è un tabù” e che occorre fare gli Stati Generali, ideona geniale poi ripresa con fervore dalla Floridia, presidente della Vigilanza, che ha pure riproposto nei giorni scorsi.

Arriviamo a giugno 2024. Il Cda RAI è scaduto ed entra in prorogatio. Fervono le trattative che non approdano a nulla. Si rinvia a data da destinarsi. L’opposizione brancola nel buio, pur sapendo benissimo che il Consiglio di Stato ha rinviato al 23 ottobre l’udienza di merito al TAR sul ricorso con il quale si chiede di adottare criteri trasparenti e non discriminatori per eleggere i nuovi consiglieri. Silenzio, mai una parola su questo fronte mentre invece diventano improvvisamente loquaci il 6 agosto quando escono allo scoperto con una proposta fulminante; “prima le riforma e poi le nomine”.  Invece di proporre le barricate “prima aspettiamo l’esito del ricorso e poi discutiamo” si arroccano nella “strategia del cerino” dove, ovviamente, nessuno vuole rimanere ultimo a tenerlo tra le dita. Ovviamente, ovviamente, il primo che si smarca è Conte “Dateci un nome autorevole e poi lo valuteremo”. Nota bene: Conte, Floridia e Carotenuto sapevano bene del ricorso che pure tocca nervi sensibili sulla loro storica posizione su come dovrebbero avvenire le nomine pubbliche: nulla, silenzio e la sola voce soffusa e sottotraccia mai smentita, è che loro ricandidano l’attuale consigliere di Majo. Alla presa di posizione di Conte risponde prontamente il “campo largo”: “no, ribadiamo il concetto “prima la riforma e poi le nomine”. Di quale riforma si parla, con chi e con quanto tempo nessuno dice una parola manco sotto tortura. Tant’è. Il Governo ribatte forte e chiaro: “In nome della tutela delle prerogative del Parlamento, degli interessi dell’Azienda e della necessità di rispettare le legge in vigore (la 220 del 2015) bisogna votare senza indugi” ergo il 26 settembre ci vediamo alla Camera e al Senato. Al che, il solito Conte chiarisce il concetto “Si ad un nome di garanzia”. Fine dei giochi: gli accordi sono pressoché chiusi e il 26 si voterà. Il quotidiano Domani titola “Imbarazzo dem sulla Rai. II M5s può rompere il patto”.

A quanto sembra, il cerino fumante resterà nelle mani dei fini strateghi del PD che dovranno attendere che qualcuno gli possa fare la gentile concessione di avviare un processo di riforma (di cosa? della sola govenance come la intendono loro o di tutto il sistema come la intende il Governo?). Non parliamo poi degli Stati Generali che avrebbero avuto un senso se messi in cantiere mesi addietro, magari a ridosso del Contrato di Servizio e prima della scadenza del Cda, ma oggi? Non ha nemmeno senso appellarsi al MFA dove il suo costrutto fondamentale, l’art. 5, diventerà esecutivo e vincolante a partire dal 2025 e non avrà nessun effetto retroattivo (art. 29) che, del resto, non potrebbe avere. In soldoni, come abbiamo detto e giova ripetere: questo Cda RAI che si andrà ad insediare arriverà a fine mandato giusto in tempo per preparare il terreno alla madre di tutte le battaglie sul Servizio Pubblico: la Concessione del 2027.

Ad oggi, per quanto leggiamo e sappiamo, non siamo in grado di immaginare cosa resterà dell’opposizione sul tema RAI. Il 5S voterà si o no? E il PD voterà si o no?

Adelante con juicio: pazienza, sobrietà e attenzione. 

Mancano pochi giorni.

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 ps: il 23 è previsto lo sciopero generale dei lavoratori RAI !!!

giovedì 19 settembre 2024

Pausa vendemmia

 


Oggi si lavora la seconda parte della vendemmia: si passa il mosto al torchio (lo"strettore" come lo chiamano da queste parti) dopo aver bollito 5 giorni. Già si sente il profumo del primo vino. La raccolta à andata benino. Ai primi di novembre si cambia e si assaggia il "novellino".

Per la RAI c'è tempo ... non molto... solo 6 giorni e poi vedremo.  

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RAI: i giochi sono quasi finiti

Foto di Greg Montani da Pixabay

Les jeux sont faits, rien ne va plus !

Aggiorniamo il corso della partita:

     “Prima le nomine e poi la riforma”      2

     “Prima la riforma e poi le nomine”      0

La Squadra di Governo ieri ha portato a casa un altro gol che già era nell’aria da giorni e potrebbe aver chiuso la partita. Infatti, circolava da tempo la battuta di Conte “Proponete un nome “autorevole” e noi lo valuteremo”. Ieri questo concetto  stato ribadito chiaro e tondo: “Se ci fosse un presidente autorevole assolutamente non riconducibile a logiche partitiche certo che lo voteremmo, nell'interesse del servizio pubblico. Ormai è fatta: il 26 alla Camera e al Senato si voterà e, con molta probabilità, parteciperà anche il M5S che potrebbe confermare, come noto da tempo, il nome dell'attuale consigliere Di Majo. 

Come abbiamo già scritto, a quel punto il Cda di Viale Mazzini si potrà insediare e, in un secondo momento, potrà sottoporre alla Vigilanza il nome del/la presidente che si dovrà votare a maggioranza: ora con l’ingresso della Gelmini nell'area di Governo mancano solo due voti. Ovvio che almeno due dei quattro nuovi consiglieri potranno essere eletti dal Parlamento anche senza i voti dell’opposizione. Sarebbe certo un cda “monco” e difficile da gestire politicamente per la Meloni che però avrebbe buon gioco a sostenere che l’interesse della Rai e la tutela delle prerogative del Parlamento sono in questo momento superiori alla richiesta della riforma alla quale, peraltro, aderisce.  

I giochi, dunque, o sono chiusi o si stanno chiudendo. Mancano solo i dettagli: chi sarà il nome “autorevole” proposto (stamattina si legge ancora su Repubblica “ … convergere su un nome di garanzia — Giovanni Minoli o Antonio Di Bella i più gettonati…”) e come si potrà spartire il “bottino” tra nomi dei consiglieri e caselle da occupare dentro la RAI. Dettagli, appunto, facilmente superabili: basta saper dosare sapientemente gli ingredienti tra la direzione di una testata e una direzione di genere e, oplà, il gioco è fatto.  

Veniamo ora ad un tema che appare, ma solo appare, dirimente: la riforma della RAI. Già dirla in questi termini si parte subito con il piede sbagliato: un conto è immaginare solo una riforma della RAI e magari limitata alla sola governance, altro conto è ragionare su una riforma che interessa tutto il perimetro del sistema audiovisivo nazionale all’interno del quale la RAI opera. Si tratterebbe, in questo caso, di una Legge di sistema di rango analogo alla famigerata Legge 112 di Gasparri. Evidente il peso diverso tra le due impostazioni. Seppure si volesse prendere in considerazione la sola prima ipotesi, da che parte si potrebbe iniziare? Al momento, sul tavolo (o meglio nei cassetti impolverati) ci sono 4 modelli/proposte: DDL Di Nicola  (da definire se si tratta della stessa proposta precedente a firma Fico) ▪ PDL Fornaro  ▪ PDL Orlando e ▪ DDL Fedeli. Si tratta di proposte per molti aspetti analoghe ma con significative differenze. Nessuno però, finora, si è preso la briga di cercare di unificarle e renderle un solo progetto, ampiamente dibattuto e condiviso. Tutto ciò che c'è di nuovo è frutto di iniziative personali. si tratta comunque di proposte ormai “vetuste” e ben chiuse nei cassetti. Nel mentre e nel quando una, a firma Lega, sta producendo i suoi effetti concreti: la progressiva riduzione del canone del 20% annui.

Ecco allora venire alla luce l’esistenza di mondi diversi: uno gravita nelle orbite della contingenza e della necessità ovvero fare i conti con quanto oggi la politica, i partiti tutti, sono in grado di proporre sulla RAI mentre l’altro gravita nelle orbite limitate del probabile futuro immaginabile che fanno perno sulla sola RAI e non guardano l’Universo che la circonda. 

Il tema riforma RAI, infine, viene poi correttamente inserito nell’ambito del recente MFA che però, comunque, entrerà in vigore solo tra 14 mesi. Nel frattempo per la RAI, il Servizio Pubblico, ci sarà modo per poter assistere lentamente e inesorabilmente al suo processo di declino.  

La domanda ora appare peregrina: che farà il PD? Qualora il M5S rompesse il patto del 6 agosto e recentemente ribadito manterrà fede al suo proposito di Aventino? Per la cronaca: sappiamo, drammaticamente, come è finito l'Aventino del '24. Apparentemente, come ha ribadito ieri Graziano, il suo capogruppo in Vigilanza, potrebbe essere così. Mancano solo pochi giorni, forse ore, e sapremo tutto … o quasi.

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