A che punto è la notte RAI? Buia e alquanto tempestosa. Mettiamo
qualche puntino sulle “i”.
Nei giorni scorsi, a nostro modesto avviso, nel nuovo “campo largo” è stato commesso un autogol di dimensioni rilevanti. Ne abbiamo scritto nel post precedente ma ci era sfuggito un dettaglio fondamentale che le nostre lettrici e i nostri lettori ci hanno fatto subito rilevare. E non è un dettaglio da poco. Quando è stato scritto che le opposizioni unite chiedevano di rinviare le nomine a dopo la riforma della governance RAI di fatto è stato fornito su un piatto d’argento il miglior regalo che il Governo Meloni poteva ricevere: spostare a tempi indefiniti, alle calende greche, la possibilità di avere un nuovo Cda SUBITO con i criteri espressi anche dal recente MFA.
È infatti del tutto evidente che una qualsivoglia “riforma”
richiede tempi e un contesto politico che oggi non è dato conoscere. Significa, concretamente,
evidenziare che qualora, ipotesi alquanto improbabile e improponibile, la
maggioranza potesse addivenire a questa proposta, che l’attuale Cda resterebbe
in carica a tempo indeterminato fintanto che la riforma possa essere approvata. Un capolavoro
di ingegneria politica di rara qualità. Significa, semplicemente: A lasciare
l’Azienda allo sbando, con i conti in bilico, gli ascolti in calo e la
minaccia del canone incombente; B lasciare che il Governo mantenga la sua presa
diretta su Viale Mazzini a tempo indeterminato, giusto quello necessario per arrivare
alle soglie del 2027, e durante questo periodo commettere la qualunque (es RAI
Way).
Per andare ancora avanti è però necessario fare qualche passo indietro. Torniamo all’ottobre 2020, ovvero la lunga stagione dei governi Conte Uno e Due, preceduta da Gentiloni e prima ancora da Renzi. Parliamo di un lungo periodo, circa 5 anni, durane i quali la “riforma della governance RAI” era ben presente nella mente di chi prima l’ha fatta (Renzi) e di altri che l’hanno solo immaginata. In quel mese, di ottobre vengono presentate ben due proposte targate PD: una a firma Fedeli e l’altra a firma Orlando. Allora, anzitutto è stato solo immaginato un modello di governance (la Fondazione, sulla quale sia permesso stendere un velo di cemento armato di dubbio e perplessità) mentre è stato sottaciuto il più grande tema della riforma di tutto il Servizio Pubblico per non dire dell’intero sistema audiovisivo nazionale. Ma l’aspetto più rilevante da osservare è che pur avendo i numeri in Parlamento, questa proposta non è riuscita nemmeno a fare capolino nel dibattito pubblico ed è rimasta ad ammuffire nei cassetti. Ci sarà pure un perchè? Sin quando, curiosamente, proprio il 2 agosto dello scorso anno, un articolo di Repubblica a firma Giovanna Vitale, la resuscita e scrive “La riforma RAI targata PD. Serve il modello Bbc per fermare la lottizzazione”. A suo tempo abbiamo commentato subito, cogliendo peraltro una singolare coincidenza: lo stesso giorno in cui veniva pubblicato l’articolo, a Montecitorio si teneva una conferenza stampa di AVS dove si ripresentava la vecchia proposta Fratoianni. A memoria: era l’ultima occasione pubblica alla quale partecipava Riccardo.
Merita rileggere il post del 5 agosto 2023:
https://bloggorai.blogspot.com/2023/08/lestate-che-speravamo.html
Tutto questo per dire
che è difficile recuperare credibilità propositiva quando nell’armadio ci sono
tanti scheletri e ancora di più quando manca del tutto una visione, un progetto
un’idea di cosa possa e debba essere il Servizio pubblico radiotelevisivo nei
prossimi anni.
In questa vicenda, nel dibattito dei giorni scorsi, c’è un piccolo
termine che qualifica il tutto: “prima”. Leggiamo il comunicato unitario “ … prima del rinnovo della governance si
proceda a una riforma della governance…”.
Se fossa stata colta “prima” la gravità della situazione RAI non ci saremmo trovati a questo punto. Se fosse stato posto “prima” il problema del rinnovo del Cda non ci saremmo trovati a questo punto. Se “prima” della governance si fosse anche parlato di missione, di canone, di privatizzazione (vedi dichiarazioni di Giorgetti dei giorni scorsi), di Piano industriale e Contratto di Servizio ora, forse il quadro poteva essere diverso. Non abbiamo letto nei giorni e nei mesi scorsi, nessuna obiezione, nessuna opposizione al proposito di rinominare il vertice Rai con i vecchi criteri, con i nomi di AD e Presidente già designati. Non abbiamo mai letto una riga di adesione e aperto sostegno alle ragioni del ricorso al TAR (udienza del 23 ottobre).
Le opposizioni unite avrebbero
potuto usare quel “prima” almeno in
attesa di questa data certa ed immediata. Lanciare la palla in tribuna e accontentarsi
di una sola formalità, un involucro vuoto e indeterminato di una riforma lontana,
sta solo a significare una lodevole dichiarazione di intenti. Un po’ poco,
troppo poco. Magari potevano aggiungere una frase dirimente: cosa faranno il 12 settembre alla Camera e
al Senato se il Governo intendesse andare avanti con le nomine? Si astengono,
votano contro, escono dall’Aula o esprimono i loro candidati?
Bloggorai@gmail.com
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