Foto di Rony Michaud da Pixabay
Già una volta ci siamo soffermati su una riflessione a proposito
della forma e della sostanza, di come un fenomeno viene rappresentato e di come invece si percepisce, di quanto si
pone in primo piano e di quanto invece si perde sullo sfondo. Oggi torniamo
sull’argomento con un aggiornamento.
Ieri è avvenuta la presentazione on line del volume “Coesione
Sociale - La sfida del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale - a
cura dell’Ufficio Studi Rai”. Ne avevamo già parlato in precedenti occasioni:
si tratta di un lavoro importante che, peraltro, deriva direttamente dai cosiddetti
obblighi da Contratto di Servizio (art. 25.o). È un argomento di grande interesse
che riporta a buona parte delle riflessioni sulla missione e sulla visione del
Servizio Pubblico. Se non ché, tanta rilevanza e centralità sembra inversamente
proporzionale all’attenzione che ha riscosso. È successo, infatti, che di questa
iniziativa non se ne trova traccia da nessuna parte se non nel comunicato rilasciato
dall’Ufficio Stampa. Non si trova una riga su un giornale nemmeno a pagarlo,
non ci sono tracce sul Web e se digitate “coesione sociale Rai” non arrivate
alla terza riga, dove la seconda è occupata dall’unica fonte che riporta dell’evento:
Prima Comunicazione con dichiarazioni di Giovanni Parapini, direttore di Rai
per il Sociale. Punto. Allora, chiediamo, quale è il senso di una iniziativa
importante che non riesce a sollevare l’alzata di un ciglio? A chi era destinata
questa iniziativa? All’interno dell’Azienda? No, perché è stata già fatta nel
recente passato, esattamente a marzo dello scorso anno. E a chi altro allora
poteva e doveva essere rivolta? Se pure si voleva “allargare la platea” degli
interlocutori si doveva fare in modo che questi ne fossero a conoscenza e il
solo Comunicato dell’US non è sufficiente a renderlo noto al grande pubblico
che non ha accesso a questa comunicazione. Delle due l’una: o non interessa a
nessuno o non è stata “comunicata” bene. Siamo propensi a credere che la prima
ipotesi non sia valida. L’argomento è centrale per mille aspetti, non ultimo perché
una iniziativa del genere, l’impegno della Rai in questa direzione, porta tutta
acqua al mulino della sua reputazione, della sua credibilità, della sua
percezione come Azienda attenta e partecipe ai grandi problemi sociali che
interessano il Paese. Dunque, rimane la seconda ipotesi. Si pone allora l’interrogativo:
perché? Al momento non abbiamo una risposta convincente. Qualcuno ci ha fatto notare
che ieri non ha partecipato l’AD Salini (in tutt’altre faccende affancendato). Non
siamo maligni a tal punto da pensare che ci sia qualche relazione con il fatto
che quasi nessuno ha prestato attenzione a questo appuntamento e ci limitiamo a
constatare che così è. Punto, andiamo avanti.
Torniamo su un argomento che, misteriosamente, non sembra essere
di grande interesse giornalistico. Si tratta della vicenda del Canale 20, di
proprietà Mediaset, che recentemente è stato trasformato da “tematico” in “generalista”.
Nel mentre che cerchiamo di approfondire, oggi segnaliamo che è stato ripreso
da Vincenzo Vita sul Manifesto con il titolo “Un’autorità ad una sola dimensione”
che riprende quanto già scritto da Carlo Tecce su L’Espresso e riferita alla
delibera AgCom 116/21 firmata dalla commissaria Laura Aria. L’argomento è molto
controverso e richiede uno studio approfondito e, per quanto stiamo cercando
faticosamente di studiare, qualcosa non ci torna. Come abbiamo scritto, la
lettura “sostanziale” della vicenda porta a sostenere che sia stato fatto “un
regalo” a Mediaset concedendo il rango di “generalista” ad un canale che, di
fatto, fino a poco tempo addietro la stessa concessionaria di pubblicità Mediaset, Publitalia, considerava “tematico”: vedi https://www.publitalia.it/sezione/portfolio/9.html
e lo definiva come un canale che “gode di un palinsesto ricco che lo posiziona
su un target centrale di adulti 24-54. Con uno share 15-64 nelle 24 ore dell’1,2%”.
Non si fa alcun riferimento all’obbligo di produrre “informazione” come la stessa
Autorità specifica nella definizione delle diverse tipologie di canali.
Una nostra autorevole fonte ci riferisce che non si tratta
di una “violazione” di norme quanto di un naturale aggiornamento del Piano di
numerazione automatica dei canali digitali terrestri, quindi senza alcuna “novità”
rispetto a quanto già noto in precedenza. Al momento, ci limitiamo ad osservare
che, come detto prima, si pone un problema di forma e uno di sostanza. Quello di
forma riguarda la storia di questo canale, a partire da Retecapri, e di quanto
avvenuto successivamente. Inoltre, sarebbe necessario ricostruire perché e per
come, ad esempio, Rai ha assistito a questo processo. Infine, sempre per quanto
riguarda la forma, sarebbe opportuno capire bene se e in quale rilievo questo
Canale 20 viene posizionato ai fini della rilevazione delle posizioni dominanti. Per
quanto riguarda invece la sostanza, al netto di ciò che le norme consentono o
meno, al momento si può solo constatare che si tratta di un canale generalista
in più di cui Mediaset dispone. Seguiremo ancora l’argomento.
Per tutti il resto, ci avviamo velocemente verso lo show
down per il rinnovo del Cda Rai: ricordiamo che il 7 giugno dovrebbe avvenire l’elezione
del rappresentante dei dipendenti e che il giorno successivo, l’8, è stata
convocata l’Assemblea degli azionisti Rai per l’approvazione del bilancio e
proposizione dei due nomi di sua competenza. È prevista una seconda convocazione
per il 14 giugno. Non è ancora stata calendarizzata invece la votazione di Camera
e Senato per la nomina dei quattro Consiglieri di loro competenza. Da alcuni
giorni i colleghi “solitamente bene informati” sui nomi “in quota” o in
simpatia di questo o quel partito come pure su quale “metodo” potrà adoperare
Draghi tacciono silenti. Fenomeno anomalo e curioso.
bloggorai@gmail.com
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