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... Capitani coraggiosi, furbi contrabbandieri macedoni. Gesuiti
euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della
dinastia dei Ming.
I nostri lettori sono esperti, attenti e informati. Non gli sfugge nulla. Questo ci costringe ad essere accurati e documentati per evitare, per quanto possibile, di scrivere strafalcioni. Oggi abbiamo molto materiale di gande interesse che richiederà tempo per essere studiato e dibattuto per essere compreso.
Si tratta anzitutto delle due
nuove proposte di riforma della governance Rai presentate da Michele Anzaldi di
Italia Viva e da Maurizio Gasparri di Forza Italia. Si aggiungono a quelle
già note di Roberto Fico (M5S), del PD (Fedeli/Orlando) e di Fornaro (LEU) alle
quali si potrebbe aggiungere presto quella della Lega. Quella di IV è una
proposta articolata che si riferisce al modello duale che sembra raccogliere
consenso: viene istituita una Fondazione che diviene proprietaria della Rai e
che “… garantisce l'autonomia del servizio pubblico radiotelevisivo dal potere
politico ed economico; verifica il valore pubblico della programmazione;
assicura la gestione efficiente della RAI Spa e delle società controllate dalla
stessa e svolge ogni altro compito o attività previsto dallo statuto ai sensi
della presente legge”. La Fondazione è gestita da un Consiglio “…composto da
undici membri, di cui quattro eletti dalla Commissione parlamentare per
l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi a maggioranza
qualificata dei due terzi dei suoi componenti; due nominati dalla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, di seguito denominata «Conferenza permanente»; un
rappresentante dell'Ordine dei Giornalisti; uno nominato dal Consiglio
nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU); uno nominato dall'Accademia
nazionale dei Lincei; uno nominato dalla Conferenza dei rettori delle
università italiane (CRUI); uno dai dipendenti della RAI Spa e delle società
controllate dalla stessa”.
La proposta di FI si concentra invece su un Ddl che “si
prefigge l'obiettivo di novellare nuovamente l'articolo 49 del decreto
legislativo n.177 del 2005 con riferimento alla figura dell'amministratore
delegato, stante, in particolare, l’aumento dei poteri in capo allo stesso che,
seppur all'epoca della riforma giustificato dalla necessità di una maggiore
efficienza nella gestione aziendale, appare oggi eccessivo” laddove il focus è
tutto sula definizione del ruolo e dei poteri del Direttore Generale e non più
dell’Amministratore Delegato come avviene oggi in base a quanto dispone la
Legge 220 del 2015. Si specifica, in particolare, che il DG “partecipa, senza
diritto di voto, alle riunioni del consiglio di amministrazione”. Nulla si dice
invece rispetto agli organi di gestione, alle modalità di nomina dei suoi
componenti e la loro durata in carica. In sostanza, più che una proposta di
riforma, sembra trattarsi di un “aggiustamento” della legislazione in vigore.
Altro approccio invece quello di IV che “ … riprende
integralmente il disegno di legge Atto Senato n. 1588 presentato nel 2007,
durante la XV legislatura, dall'allora Governo Prodi, con alcuni, necessari,
adeguamenti e aggiornamenti. Del resto, la proposta di legge risponde a
un'esigenza ancora più attuale di riformare il servizio pubblico, la stessa di
undici anni fa, ovvero creare un servizio pubblico televisivo scevro dalle
dinamiche partitiche, verso una azienda in grado di competere a livello
internazionale e di fornire un vero e proprio servizio pubblico nei confronti
dei cittadini”.
Lo stato dell’arte, a questo punto, è che il prossimo 25
maggio in Commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni del Senato, ci saranno
sui tavoli dei parlamentari 5 proposte. Il primo punto che si dovrà affrontare
è di tipo procedurale: si dovrà decidere infatti se esaminare singolarmente i
singoli progetti o cercare in via preliminare una sintesi tra gli stessi per arrivare
poi ad un documento comune.
Bene. Veniamo al calendario: è stata fissata per il prossimo
lunedì 7 giugno la data per lo svolgimento delle elezioni per il rappresentate
dei dipendenti nel Cda Rai e per il giorno successivo la prima convocazione dell’Assemblea
dei soci dove l’Azionista di maggioranza potrebbe/dovrebbe indicare i suoi due
nomi di competenza.
Infine, riprendiamo il problema sollevato da Carlo Tecce su
L’Espresso della scorsa settimana (da soli, perché nessuno se ne sta occupando)
a proposito del canale 20. Ieri abbiamo avuto diversi confronti con lettori
esperti dell’argomento e ricevuto varia documentazione che si dovrà leggere
attentamente. Il punto centrale è capire se è stato fatto un “regalo” a
Mediaset concedendo il valore di “canale generalista” a quello che invece aveva,
ed ha in parte tuttora, le caratteristiche di canale tematico o meno. Il dibattito
si riferisce ad un ambito formalmente terminologico: cosa si intende per “canale
generalista” e a quali obblighi di programmazione deve adempiere? Nell’allegato alla Delibera AGCom 116/21/Cons si definisce “f) canale
generalista nazionale: canale storicamente irradiato in ambito nazionale in
tecnica analogica e simulcast analogico-digitale che trasmette in chiaro prevalentemente
programmi di tipo generalista con obbligo di informazione ai sensi dell’articolo
7 del Testo Unico, indipendentemente dall’eventuale intervenuta modifica del
marchio editoriale o del soggetto che detiene il titolo abilitativo”. Ora il
problema è capire che vincoli di programmazione deve avere un tale canale: “obbligo
di informazione” infatti cosa significa? Rimandare in onda “pillole” di pochi
minuti riprese dalle testate giornalistiche del gruppo (in questo caso
Mediaset) oppure realizzare servizi informativi con una propria redazione? I documenti
da studiare sono tanti, in particolare è necessario riprendere il TUSMAR e successivi
aggiornamenti. Un canale che manda in onda oltre l’88% di fiction si può
definire “generalista”? Ci viene ricordato che il listino di Publitalia assegna
il canale 20 all’ambito dei “tematici”. Quello che ci appare, al netto di ulteriori
approfondimenti, che non si tratta si sola questione “terminologica”: per
Mediaset avere un canale generalista in più rispetto alla Rai è un fatto di
grande sostanza e rilievo. Come sosteneva la mamma: “Ricorda, figlio mio, che
dove non c’è guadagno la remissione è certa” e, in questo caso, non si capisce
proprio dove possa essere il guadagno per Rai se, non al contrario, avere un
ulteriore “concorrente” nel numero dei canali generalisti offerti ai telespettatori.
Meglio un canale in più che uno in meno. O no???
bloggorai@gmail.com
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