Prima abbiamo avuto il marziano, ora ci troviamo di fronte ad un sembiante apparentemente inanimato: un fantasma.
Questo il tema centrale: in che termini la Rai è responsabile di quanto viene proposto? Agli occhi dei telespettatori, quello che viene osservato presenta il logo Rai e non quello della società di produzione esterna alla quale è stato appaltato lo spettacolo e quindi giocoforza è alla Rai che si addebita quanto viene proposto in video. Infatti, “sotto processo persino a Singapore” ci finisce l’Azienda e non la società esterna. Segue una domanda complementare. Perché la Rai acquista un prodotto del genere e non lo produce direttamente? Non solo è negligente su questo fronte (da tempo si caratterizza sempre più come distributore e non come produttore di contenuti) ma è anche colpevole per sostenere un costo per un prodotto del quale possiede tutte le strutture, formali e sostanziali, in grado di produrre autonomamente senza dover sostenere un costo aggiuntivo. Nel merito di quanto avvenuto prima, nell’operazione Fedez, la telefonata incriminata appare paradossalmente più grave nella versione integrale rispetto a quella “tagliata” da Fedez. La colpa, il vulnus, è nella telefonata in quanto tale, alla quale ha partecipato direttamente la vicedirettore di Rai Tre. Non si doveva proprio fare quella telefonata che aveva, indiscutibilmente un carattere “problematico” di valutazione del contesto o delle opportunità di fsare o meno certe affermazioni, anche se è stato ribadito che “la Rai non esercita la censura”. Non sembra,infatti che sia stato Fedez a chiamare bensì il contrario. Questo il link della telefonata originale, è sufficiente ascoltarla per intero:
“Ci vedremo in Tribunale” è ora il passaggio successivo, come richiesto da più parti anche in Vigilanza che non ci sembra proprio essere il luogo deputato per affrontare il ruolo del Servizio Pubblico e ci stupisce che questo invito venga proprio dai partiti che invece dovrebbero essere loro i primi, nelle loro aule parlamentari, a fornire chiarimenti . Vedremo.
Tutto questo ci riconduce al tema connesso: la riforma della Rai. Vorremmo non riscrivere quanto da tempo temiamo e scritto in epoca non sospetta, dal giugno dello scorso anno. Ormai sono quattro le proposte avanzate: PD (Fedeli/Orlando), M5S (Fico) LEU (Fornaro) e da ieri si parla di una della Lega, del tutto diversa dalle altre. Ecco lo scenario dove si potrebbe materializzare un temuto fantasma: congelare la situazione per dare tempo ai partiti di trovare i debiti accordi e poi procedere alla nomina del nuovo vertice. Orrore, follia, non è possibile, ‘nun se ‘po fa !!! E invece, purtroppo, non è una ipotesi che si può escludere con granitica certezza. Intendiamoci, per quanto ci riguarda è come il fumo agli occhi, ma questo non significa non prendere in considerazione anche questo problematico quanto probabile scenario che farebbe comodo a molti. Per tanti buoni motivi. Primo: inutile girarci intorno, la riforma della Rai non si potrà fare giammai se contestualmente non si procede ad una revisione di tutto il sistema delle Tlc (l’Europa non solo “ce lo chiede” ma ce lo impone). Si tratterebbe di una Legge quadro complessiva e a tutti è noto quanto possa essere lunga e complessa una procedura del genere. Secondo: si pone un problema di tempi e opportunità. Il Governo, in questo momento, è fortemente impegnato nella grande sfida del Recovery Plan dove, tra le priorità, c’è la digitalizzazione del Paese, il 5G e la BUL e non certo la riforma della Rai. Terzo e forse decisivo argomento: i testi di ipotesi di riforma proposti al momento non sono omogenei tra loro e, anzi, quello che ha in mente la Lega spariglia il tavolo. È del tutto evidente che una legge diversa e contraria alla 220 del 2015 necessita di una maggioranza parlamentare molto robusta, che vede concordi almeno il 75% dei partiti per evitare che, in una prossima legislatura, una maggioranza debole la possa modificare nuovamente. Oggi, questa maggioranza non solo non c’è ma non c’è nemmeno un testo condiviso: tanto per intenderci, quello del M5S è diverso da quello del PD. Per parte nostra aggiungiamo un ritornello: riformare la sola governance è come cambiare il volante ad un’automobile che ha lo stesso vecchio motore di quando è stata costruita. E i partiti, le forze sociali, tutti, non hanno la ben più pallida idea, proposta o progetto di cosa possa o debba essere il Servizio Pubblico radiotelevisivo nei prossimi anni.
Dunque, cosa significa, oggi, esattamente in queste ore, auspicare la riforma della Rai senza dettagliare minuziosamente i passaggi che è necessario compiere nel frattempo? Il primo passaggio consiste esattamente nel procedere con gli adempimenti previsti: approvare definitivamente il bilancio, convocare l’Assemblea dei soci mentre il Parlamento nomina i quattro consiglieri si sua competenza, i dipendenti eleggono il loro rappresentante e, infine, il MEF nomina i due nomi che saranno poi AD e Presidente. Allora, per quanto possiamo constatare, nessuno esce allo scoperto su questo passaggio e si pone la domanda: si vuol procedere al rinnovo, subito, dell’attuale Cda oppure si vuole prendere tempo per definire eventuali accordi che, al momento non ci sono? I numeri e i tempi ci sono tutti per rispondere correttamente alla prima parte della domanda. Si tratta semplicemente di accelerare i tempi e le procedure, le carte sono già tutte in tavole, non ci dovrebbero essere intoppi o incertezze. Si tratta, come al solito, semplicemente, di “volontà politica”. Abbiamo il fondato timore che lo slogan “riforma Rai e fuori i partiti dall’Azienda” sia un fantasma che cela altre sembianze. Viceversa, la seconda ipotesi converrebbe a molti: in prima battuta forse allo stesso Draghi che eviterebbe di impantanarsi subito in una palude fumosa e fangosa. Converrebbe poi ai partiti che guadagnerebbero tempo per chiarirsi le idee interne e poi tra di loro. Converrebbe certamente a quanti, dentro Viale Mazzini, stiracchierebbero ancora qualche mese di “tirare a Campari” e poi si vedrà.
Attenzione: per dare consistenza al “Fantasma del Palcoscenico” non è necessario procedere con nuovi atti normativi. È sufficiente rallentare tutto, a partire dalla nomina dei quatto componenti di fonte parlamentare, e successivamente prendere tempo per la convocazione dell’Assemblea dove il MEF dovrebbe presentare i suoi due nomi e così via. Potrebbe essere sufficiente scavallare l’estate.
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