Chissà per quale dannato motivo quando si avvicina il momento delle separazioni, dell’allontanamento, della fine di un periodo, il tempo entra in una diversa dimensione. Si tratta del tempo sospeso, di quegli interminabili palpiti dove tutto è pronto per cambiare, per mutare in un una nuova forma che non sarà mai più come prima. Questo tempo sospeso sembra non scorrere mai. O, almeno, scorre con tempi e ritmi diversi dal solito. Più lenti o veloci a seconda di come si trova la nostra anima. Ci sono momenti in cui fila via come il vento, altri invece si centellina con il contagocce.
Sono quegli istanti dove si osservano le persone, le cose, gli ambienti, con occhi diversi. Talvolta corre un sottilissimo senso di nostalgia e altre volte, invece, une ebbro pensiero di liberazione, di fine di percorso. Ci si trova in bilico tra ciò che è passato e ciò che sta per avvenire. Torna in mente un pensiero: ho atteso tanto l’attesa per poi scoprire che era proprio l’attesa ciò che stavo attendendo.
Eccoci, ora ci siamo. Siamo prossimi alla fine di questi tre anni trascorsi dalla Rai con questo vertice, con le persone che l’hanno governata. Sarà necessario tirare qualche filo, chiedere qualche conto, fare qualche bilancio. Non tanto e non solo per mero interesse “storico”, quanto più per capire se da quanto è avvenuto si potrà trarre qualche lezione per quanto, si spera, non dovrà più accadere.
Oggi, come immaginabile, poco o nulla da leggere. da segnalare solo un interessante articolo su L’Osservatore Romano coi il titolo “Il valore della vera cultura”
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