martedì 31 marzo 2020

La Rai dopo il coronavirus


Abbiamo scritto nei giorni scorsi dell’Anno Zero del Servizio Pubblico, iniziato con il rinvio del Piano industriale a fine 2020 e, di fatto, posto sotto una pietra granitica. Oggi proviamo ad immaginare quali potranno essere gli scenari prossimi venturi in cui si potrà trovare la Rai al termine,  speriamo presto, di questa drammatica circostanza.

Iniziamo proprio dal Piano Industriale. La sua durata è triennale 2018-2021. È stato “validato” in ritardo rispetto a quanto previsto dal Contratto di Servizio dovuto anzitutto alla coincidenza dell’insediamento del nuovo vertice e sarà dunque necessario verificare se sarà possibile posticipare la sua scadenza. Questa ulteriore “sospensione” non depone affatto nella buona direzione sulla sua possibile applicazione. Il Piano è stato progettato a partire dal 2017 in uno scenario che, nel frattempo, è cambiato profondamente e ancora di più lo sarà dopo questo Anno Zero. Alla fine di quest’anno si entrerà nel “semestre bianco” di questo CdA e nessuno potrà dire se e quanto avranno la forza di procedere in qualche modo per tentare di applicare qualcosa di quanto previsto. Non cii sono riusciti in circostanze "normali" figuriamoci in quest eccezionali. Ma sopratutto su questo Piano Industriale peserà in modo drammatico il tema delle risorse di cui ora parleremo.

Risorse. I pilastri su quali poggia il Piano sono il canone e la pubblicità. Il primo,  come noto e scritto tante volte, è continuamente sotto “attacco” da parte della politica, di maggioranza e opposizione e nessuno può sostenere con ragionevole certezza che potrà rimanere immutato o, nella migliore delle ipotesi ridotto. La pubblicità da tempo è in trend negativo e questa dinamica si è accentuata proprio in questo momento (vedi oggi articolo di Claudio Plazzotta su Italia Oggi “Nonostante le audience crescano del 20-30% molte aziende tagliano i budget di comunicazione Tv, ascolti boom ma meno spot. Per i broadcaster Rai e Sky un freno dallo sport senza eventi”). Quindi pilastri fragili sui quali difficile costruire un progetto senza avere alcuna certezza delle risorse sulle quali contare.

Tecnologie. Come noto, è iniziata lo scorso gennaio la road map verso la transizione al DVB-T2 e su questo argomento abbiamo scritto più volte di come questo processo potrebbe impattare negativamente sulle prospettive del Servizio Pubblico. Si dovrà “rottamare” un parco televisori per milioni di famiglie, si dovrà chiedere uno sforzo economico  in cambio di poco, o meglio, a favore di altre modalità di utilizzo dello schermo di casa che sarà sempre più connesso alla rete. Si potrà utilizzare  un apparato privo di sintonizzatore che,  come previsto dal MISE, potrebbe consentire l’esonero dal pagamento del canone. Ecco allora che il Coronavirus potrebbe modificare in tutto o in parte i tempi di questa transizione che, da ricordare, si accompagna allo sviluppo del 5G del quale, da più parti in Italia e nel resto d’Europa, si suppone possa subire consistenti ritardi.

Normative. Il Governo in carica ha scritto chiaro e tondo nel suo programma che intende mettere mano alla riforma del sistema radiotelevisivo nel suo complesso, una specie di nuovo SIC (Sistema Integrato delle Comunicazioni). Sarà difficile immaginare dopo quanto sta succedendo che potrà avere la forza per farlo però il problema rimane: l’architettura normativa in cui opera la Rai è superata da un nuovo sistema che non è stato normato e adeguato ai nuovi paradigmi tecnologici e di mercato dove il Servizio Pubblico fatica a tenere il passo. Un passaggio fondamentale per quanto riguarda specificamente Rai riguarda i suoi meccanismi di nomina del vertice: ricordiamo che sono presenti proposte di nuovi modelli (vedi quello presentato dal Presidente della Camera Roberto Fico come pure quello presentato nel Manifesto per una nuova Rai vedi https://www.manifestonuovarai.it/ ). A farla breve: il modello di nomina previsto dalla Legge Renzi del 2015 per quanto tempo potrà reggere ancora?

Mission del Servizio Pubblico. Difficile non immaginare che la tempesta scatenata dal Coronavirus non possa coinvolgere anche una ridefinizione del ruolo, del compito e degli obiettivi sociali della Rai in relazione con i suoi abbonati, con i cittadini. Il dibattito era aperto già da tempo proprio in relazione ai punti precedenti: quale Servizio Pubblico sarà necessario e possibile quando le tecnologie, le risorse e le normative attuali non saranno più valide? Inoltre,  a quale pubblico si potrà rivolgere? Sarà ancora un Servizio Pubblico universale e generalista?  In discussione si pone sostanzialmente la sua credibilità, la sua autorevolezza, la sua capacità di assolvere al compito di sostenere la coesione sociale del Paese. Intorno a Viale Mazzini tutto è cambiato, a partire dal suo pubblico nella composizione anagrafica, sociale e culturale e sarà sempre più difficile non tenerne conto nella sua offerta editoriale sempre più aggredita da altre piattaforme, prodotti innovativi e modelli di rapporto con i telespettatori sempre più dinamici e articolati.

PS: questa mattina si è udita la voce dell'AD, Fabrizio Salini, che ha annunciato di avere costituito una "task force" sulle fake news. Ottima idea come tutte quelle del giorno dopo ... comunque grazie !!!

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