lunedì 23 marzo 2020

Rai: comunicazione e democrazia


Lo abbiamo scritto poche ore dopo l’inizio della crisi: si diffonderanno due virus,  il primo sanitario e il secondo mediatico. Siamo stati facili profeti. Sul primo stanno intervenendo, in modo speriamo efficace, quanti sono competenti e responsabili. Sul secondo invece siamo in piena emergenza che interessa, in particolare, la comunicazione del Servizio Pubblico e la tastiera diventa pesante quando si tratta di ribadire questo problema. 

Con ordine: sabato sera è stata decisa la messa in onda della replica di Fiorello. Al di là degli ascolti non proprio edificanti se confrontati con la concorrenza di Canale5 (chissenefrega degli ascolti in questo momento ... ma fino ad un certo punto) ciò che colpisce ancora una volta è la mancanza di un'idea, un progetto, uno scarto qualsiasi che possa evidenziare la differenza, appunto, con la concorrenza di Mediaset. Possibile mai che a nessuno è venuto in mente di proporre qualcosa di diverso che lo stesso tipo di programma? Cosa si comunica ai telespettatori in questo modo? Che, alla fin fine, il sabato sera, siamo tutti sulla stessa barca? No. Potrebbe non essere  così. Si potrebbe cogliere questa drammatica occasione per essere più coraggiosi e proporre un’idea diversa di Servizio Pubblico. Quale? Bella domanda alla quale dovrebbero rispondere chi è pagato lautamente per occuparsi di questo. 
Ma la domanda può essere estesa non solo al sabato sera: qualcuno, ad esempio, si è messo a studiare gli scenari editoriali, tecnologici,  normativi, prossimi venturi? Cosa potrà succedere quando tutto questo (speriamo presto) sarà finito? quando questo avverrà, ne siamo certi, nulla sarà più come prima. Quale sarà la Rai prossima ventura? È stata predisposta una “task force” anche per questo?

A proposito di sabato sera e di comunicazione: non è stato detto tutto per quanto riguarda la diretta Facebook del Presidente del Consiglio. Per quale dannato motivo non sono state utilizzate le telecamere Rai? Per quale dannato motivo il Servizio Pubblico non riesce a proporsi ed essere percepito come voce “istituzionale”? Qualcuno a Viale Mazzini ha sollevato il problema? Per non dire dell’edizione straordinaria del Tg1: si apre il collegamento quando è necessario e non si dovrebbero lasciare milioni di persone in attesa di notizie che potevano essere percepite ai limiti del catastrofico. Il Governo, da parte sua, ci mette la buona volontà ad alimentare questi problemi: se il provvedimento non è stato firmato, che bisogno c’era di anticiparlo? Non è stata sufficiente la lezione di sabato 4 marzo?

Ancora a proposito di comunicazione. Torniamo ad un tema affrontato più volte: RaiNews24. Come noto, da sempre realizza ascolti da prefisso telefonico e nessuno,  sottolineo nessuno, è stato in grado di proporre qualcosa per invertire la tendenza. Ci si chiede: perché? Come è potuto avvenire tutto questo in una testata che conta quasi 200 giornalisti e che costa una montagna di soldi per fare lo 0,6%? Incredibilmente e ostinatamente, su questo argomento c’è un muro di gomma che, a confronto, quello di Berlino era di carta zucchero. Nei giorni scorsi, come noto, a Roma è avvenuto un gravissimo fatto di cronaca e molti nostri lettori (uno ci scrive: “ … RaiNews24 sempre attento a creare terrore, ad amplificare le negatività e sminuire le positività …”) ci hanno segnalato il  modo morboso, con dovizia di particolari truculenti, con il quale è stato raccontato. Ecco, questa è una possibile risposta alla domanda di cui sopra. Ma chi dirige la testata e chi coordina la qualità e la quantità di informazioni veicolate dai Tg? È stata creata anche una ”task force” deontologica, linguistica, sociologica per l’informazione?

Veniamo ora alle notizie di oggi: cioè pressoché nulla. L’unico articolo interessante che proponiamo lo leggiamo su Il Giornale a firma Giordano Bruno Guerri: “Sto con Avati, un canale Rai solo di cultura. La Rai dedichi uno dei canali solo a programmi culturali. L'appello di Pupi Avati sul «Giornale» raccoglie consensi: mentre teatri, cinema e festival sono chiusi, «apriamo» la tv”. Appare un appello condivisibile: si potrebbe utilizzare il canale 54 di RaiStoria, costerebbe poco e renderebbe molto e potrebbe ridare tono ad un canale, per quanto interessante ed utile, anch’esso destinato ad ascolti di nicchia.

Infine: domani sbarcherà in Italia Dinesy+  e la competizione tra piattaforme streaming si farà ancora più dura. Come noto, Netflix e Youtube stanno effettuando il downgrading del flusso per consentire maggiore fruibilità della rete. Anche in questo campo si sta prefigurando l’opportunità di avviare una campagna di democrazia fondamentale non solo per il nostro Paese: banda base libera e gratuita per tutti, alta qualità e velocità, infrastrutture di rete efficienti, mentre tutti i servizi business a pagamento. La rete non è e non dovrebbe essere considerata neutrale: anzitutto i diritti dei cittadini,  a seguire  gli interessi degli operatori. La crisi del coronavirus, almeno speriamo, possa essere una buona opportunità di sviluppo sociale, non solo tecnologico o industriale. Anche in questo il Servizio Pubblico potrebbe e dovrebbe dire qualcosa. Sappiamo che a intorno (non solo dentro) Viale Mazzini, qualcuno ha le capacità per farlo.

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