sabato 19 agosto 2023

RAI e la campagna di autunno: i campi di battaglia

Foto di Gordon Johnson da Pixabay

Consiglio alle lettrici e ai lettori interessati alle vicende RAI e dintorni: il post di oggi si può stampare e appiccicare con una calamita sul portello del frigorifero per tenerlo bene a vista.

Questi i piani di battaglia della prossima campagna d’autunno.

1.       Il canone. Checché se ne dica, questa è la battaglia centrale e da tempo si stanno preparando le scaramucce. Per quanto noto, al momento, nessuno ha scoperto le carte e si annaspa nel buio. Per paradosso, per la RAI ve benissimo così. Meglio rimanere con questo sistema, piuttosto che avventurarsi verso nuove forme di riscossione tutte ancora da definire. L’intemerata uscita di Giorgetti sul proposito di riscuotere il canone attraverso le SIM appare più come una balla d’agosto che un proposito percorribile. Certo è che qualcosa potrà essere deciso ed è verosimile supporre che potrà avvenire solo il prossimo anno.

2.       Il nuovo Contratto di Servizio. Con la ripresa delle attività parlamentari la Vigilanza RAI proseguirà con le audizioni. A giugno qualcuno (Sergio) aveva immaginato che questo passaggio si sarebbe concluso entro il 30 settembre. C’è da augurarsi vivamente che non avvenga. Non c’è stato alcun dibattito pubblico, nessun confronto sulla bozza resa nota ai primi di luglio. Lo abbiamo già scritto e lo ribadiamo chiaramente: è un pessimo Contratto nella sua architettura e in molti suoi passaggi essenziali. Non ultimo sul tema del “giornalismo d’inchiesta” scomparso nel nuovo testo. Il parere “obbligatorio ma non vincolante” sarà decisivo per comprendere se, come e quanto la “politica” sarà in grado di “vigilare” sul futuro della RAI.

3.       Rai Way. Ogni anno, dalla sua quotazione, ad agosto, torna in ballo il tema della cessione di ulteriori quote di proprietà della quotata di Via Teulada.  Potrebbe essere la volta buona con il Governo Meloni? Forse che si o forse che no: dipende dalla partita più complessa in corso in casa TIM e in quella Mediaset. Il Ministro Urso ha ribadito solo che siamo al punto di partenza: tutelare la presenza pubblica nella ipotetica nuova società delle torri. Ha scritto a giugno il Sole “Secondo quanto riportato da indiscrezioni di stampa, infatti, il nuovo a.d. di Rai Way, Roberto Cecatto, avrebbe riaperto il dossier, riprendendo «i contatti con gli stakeholder per dare vita al gigante delle antenne Tv, un'operazione che avrebbe già il via libera del governo Meloni» e che in passato «si era fermata proprio per l'avvicendamento a Palazzo Chigi e il conseguente cambio di governance di Rai e Rai Way». Da ricordare che il dossier si era incagliato anche su n passaggio centrale: il controllo societario: gli interessati, a suo tempo, fecero sapere che non saltavano dalla gioia per essere in minoranza in un Cda a controllo pubblico. 

4.       Il nuovo Cda. La scomparsa si Riccardo Laganà ha aperto un fronte molto delicato: i nuovi equilibri interni e la geometria variabile necessaria ad affrontare le prossime decisioni strategiche (vedi post precedenti). Non sarà facile, non sarà immediato il processo di nomina del nuovo consigliere rappresentante dei dipendenti. Dipende tutto dal capire a chi giova (o chi danneggia) esporsi in una campagna elettorale interna dagli esiti molto, molto incerti.

5.       Riforma RAI. Lo scorso 2 agosto son state “ripresentate” (ne senso che erano già note da anni) due proposte di legge di riforma della Governance RAI (ne abbiamo già scritto in Post precedenti). Quella più bizzarra è del PD perché, per quanto scritto da Repubblica, non sarebbe una nuova proposta (che abbiamo verificato: non esiste!)  ma una versione delle proposte della precedente legislatura. Leggete questi due titoli e dategli una data: “La riforma Rai targata Pd. Serve il modello BBC per fermare la lottizzazione"  “Modello BBC per la governance Rai: occasione storica per Pd e M5S”. Alla fine del post la risposta. Quello che potrebbe avvenire invece saranno ii cosiddetti “stati generali” proposti sia dal M5S che da Fratelli d’Italia. Tutti insieme appassionatamente? Dubbi sono non solo leciti ma doverosi.  Però, laicamente, non si butta nulla… purché si dibatta. Vedremo. Per la cronaca: Gasparri dixit "No riforma, ne ora ne mai" e aggiungiamo noi "basta la sua".

6.       Informazione. Il Tg1 ha cambiato pelle: l’impaginazione del giornale ha cominciato a seguire traiettorie editoriali “fantasiose” dove la cronaca regna sovrana. Hai voglia a protestare: in Cda il suo direttore Chiocci è stato approvato a maggioranza di “Governo”: tre si, tre no e Di Majo astenuto. Saranno gli ascolti a decidere il suo futuro. La Maggioni prima di lui ha già seminato la crisi di dispersione dei telespettatori: leggiamo su La Stampa di marzo scorso “Il Tg1 perde oltre mezzo milione di spettatori, più del doppio del Tg5. «Una disaffezione dimostrata dal valore della permanenza, valore inferiore a quello del Tg5 e in diminuzione da un anno all’altro, mentre sul Tg5 la permanenza è in aumento. In quanto allo share il Tg1 è l'unico dei telegiornali della sera a perdere più di un punto di share (-1,2 punti) e il Tg5 è l’unico a guadagnarne (+0,2 punti). Con queste scelte ed impaginazioni il Tg1 della sera è persino riuscito ad invecchiare ancora il proprio pubblico che ha adesso un’età media di 65 anni contro i 63 delle prime settimane del 2022». I dati sono di Studio Frasi.

7.       Ascolti. Appunto: gli ascolti RAI da tempo sono in sofferenza. Mediaset tallona su tutti i fronti. Italia Oggi del 18 agosto ha scritto sui dati di luglio: “Mediaset batte la RAI, cresce in tutte le fasce di ascolto”. L’erosione sembra costante e nessun è in grado di dire se e quali potranno essere i segnali per una possibile controtendenza.

Basta, potrebbe non esserci più posto sul portellone del frigorifero.

bloggorai@gmail.com

 

Ps: il primo titolo è di Repubblica dello scorso 2 agosto, il secondo è dell’HuffingtonPost del maggio 2020 a firma Michele Anzaldi.

 

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