giovedì 17 agosto 2023

E' già cominciato il primo autunno della nuova RAI

 

Foto di Valentin da Pixabay

Non era ancora avvenuto il saluto a Riccardo Laganà che venerdì 11 agosto sul Corriere, a firma Antonella Baccaro, si leggeva: “Con la sua scomparsa, si apre la questione su chi dovrà succedergli: un altro «tecnico» o un giornalista? ...Dopo i dubbi della presidente Soldi sull'esclusione di Saviano, sarà importante per il centrodestra che governa oggi in Rai (con due consiglieri, a parte l'ad) come per l'opposizione (che ha due consiglieri), assicurarsi che il successore di Laganà stia dalla propria parte”.

Ecco emergere con prepotenza il tema delle prossime settimane: il governo della Rai e la Rai del Governo con un consigliere in meno. Non sarà un tema di poco conto perché il Cda sarà chiamato nelle prossime settimane a compiere scelte strategiche per il futuro dell’Azienda, in primo luogo il prossimo Contratto di Servizio.

Come stanno le cose? La Legge Renzi del 2015, art. 2, comma 6, dice 6 -ter . Per l’elezione del componente espresso dall’assemblea dei dipendenti della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, di cui al comma 6, lettera c) , la procedura di voto deve essere organizzata dal consiglio di amministrazione uscente della medesima azienda, con avviso pubblicato nel sito internet istituzionale della stessa almeno sessanta giorni prima della nomina …”. quindi il Cda “deve” organizzare il rinnovo della carica vacante ma non dice in che termini temporale questo “dovere” si dovrà compiere. Ovvero non c’è un riferimento al momento in cui dovrebbe iniziare il procedimento di avvio della nuova consultazione. I 60 giorni si riferiscono ad un tempo subordinato alle procedure elettorali. Questo porta a significare che il Cda non ha un obbligo di avviare il meccanismo entro un termine temporale specifico e che quindi potrebbe farlo a sua discrezione.

Per quanto abbiamo potuto apprendere, ora gli scenari possibili sono due. Il primo prevede che il Cda possa avviare già dalla prima prossima convocazione il percorso elettorale che, nel migliore dei casi, si potrebbe concludere entro dicembre, cioè a pochi mesi dalla scadenza naturale di questa consiliatura, prevista giugno 2024. Il secondo scenario prevede che non si prendano iniziative e che tutto rimane com’è e che quindi il Cda avrà un componente in meno.

Valutazioni. Nel primo caso si aprirebbe subito un forte conflitto interno alla Rai. Le precedenti elezioni hanno visto schierarsi avverse tra loro le componenti sindacali divise in aree di riferimento tra amministrativi e giornalisti. Grosso modo, l’Usigrai ha avuto un forte peso nell’esito dei due risultati precedenti dove il suo candidato era contro quello dei sindacati “storici”. Ora cosa potrebbe essere cambiato con il nuovo Governo Meloni e i riflessi su Viale Mazzini? Occorre ricordare la storia del recente sciopero del 26 maggio previsto in epoca Fuortes e caduto sotto la sedia di Sergio/Rossi e poi annullato poco prima del suo svolgimento? Cosa hanno ottenuto i sindacati per rinunciare? Promesse e vaghi impegni. Dunque, gli equilibri “politici” interni all’Azienda potrebbero essere cambiati in modo significativo e potrebbe succedere che la maggioranza necessaria ad eleggere un nuovo rappresentante dei dipendenti potrebbe non essere la stessa delle precedenti. Tutto da verificare se le parti interessate hanno voglia e interesse ad andare alla conta. Posto pure che si tratta di individuare un candidato forte che, in ogni caso, durerebbe in carica soli 6 mesi per poi essere nuovamente rieletto.

Nella seconda ipotesi, cioè che non si procede a nuove elezioni, il Cda rimarrebbe “monco” di una figura non solo rilevante per quello che rappresenta ma per il peso che può esprimere nelle prossime scelte. L’opposizione rimarrebbe ai soli consiglieri Bria e Di Majo priva di un elemento determinante. A chi potrebbe giovare questa ipotesi? Per quanto poco abbiamo potuto sapere e capire, al momento, non sembra emergere una gran voglia di procedere a nuove elezioni. Quanto scritto dal Corriere sembra poco credibile: il Governo ha già una forte maggioranza consolidata in Cda con almeno tre componenti (Agnes, De Blasio e Sergio) teoricamente autosufficiente. La Soldi è una variabile indeterminata che, all’occorrenza, rinforza la maggioranza. Un “nuovo” consigliere corre il rischio di configurarsi più come elemento di disturbo che di opportunità vantaggiosa. Dunque, la previsione attendibile è che si vorrà prendere tempo fin quando il calendario del prossimo anno sarà determinante per capire se vale la pena o meno avviare le consultazioni elettorali.

L’autunno, come al solito, sarà caldo.

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