mercoledì 29 aprile 2020

La questione Settentrionale, Repubblica e la Rai

Si sta ponendo una nuova “questione settentrionale”. Per decenni abbiamo pensato e dibattuto che il fondamentale  problema sociale ed economico del Paese, della sua “arretratezza” e della sua difficoltà a mettersi al passo con il resto d’Europa fosse lo storico ritardo delle regioni del Sud. Ora, nel breve giro di poche settimane, siamo indotti a pensare che, forse, per molti aspetti, è vero esattamente il contrario. Vedi l’inefficienza, un tema che, anche simbolicamente, ritorna come una catarsi e ribalta e mescola continuamente la sua collocazione geografica (e diciamo inefficienza per non dire altro di peggio).

Semplifichiamo. In queste ore si discute animatamente sulla Fase2 del Covid e, sostanzialmente, si sono formati due schieramenti: da un lato i sostenitori del “libera tutti subito” cioè l’economia deve ripartire,  non si può tenere il Paese fermo, l’Europa ce lo chiede (???) e così via. Dal fronte opposto, si teme che una ripartenza improvvida e malaccorta possa ricondurci alla fine di febbraio e, anzi, con scenari e previsioni più terrificanti e a apocalittici e dunque ancora “tutti a casa, distanza sociale, mascherine e guanti”. C’è poi il terzo partito che non sembra godere di grande successo: aspettiamo, vediamo, valutiamo, con calma, un passo alla volta etc etc. (sostanzialmente il Governo e nello specifico nelle figure di Boccia e Speranza).

Messa in questi termini, si possono ricondurre alcuni elementi di riflessione che abbiamo posto nei giorni scorsi a proposito del cambio di direzione di Repubblica e perché sia avvenuto proprio in questo momento. Spunti interessanti li troviamo questa mattina sul Fatto Quotidiano, a firma Lorenzo Giarelli: ”Leggendo la nuova Repubblica a trazione John Elkann (e quindi Fca) e a firma Maurizio Molinari (appena arrivato da La Stampa) l'Italia sembra un luna park pronto all'inaugurazione, in un clima per nulla scalfito dal virus. La priorità del nuovo corso editoriale sembra infatti coincidere - manco a dirlo - con gli interessi degli editori stessi: aprire il più possibile, far lavorare le persone, farle produrre e - più che altro - farle consumare” per arrivare poi a bomba: “Il progetto nel cuore della nuova Gedi è che Giuseppe Conte si sbrighi ad accontentare gli industriali e poi lasci il posto a qualcun altro. Ieri lo ha scritto Stefano Folli: "O il Pd riesce a tenere sotto controllo il premier e il suo protagonismo o il tessuto del governo potrebbe lacerarsi. In quel caso, occorre aver predisposto un piano B, un sentiero tendenziale verso qualche forma di unità nazionale". E per chi si stesse preoccupando, ecco la rassicurazione: "Se l'avvocato crolla, Forza Italia è già pronta per il dopo". Il pranzo è servito, o meglio si sta apparecchiando su una tavola che si potrebbe anche prospettare ricca e appetitosa quando i “consumi” riprenderanno, ergo, quando le persone torneranno libere di uscire, andare dove credono, a scuola come in Chiesa, da soli o in compagnia senza guanti e diaboliche mascherine o timore di essere fermati e identificati pur senza alcuna colpa e peccato.

Ecco allora che i tasselli, piano piano vanno a comporre il puzzle della fase 3, quella del quadro politico, economico e sociale che si verrà a determinare quando tutto questo potrebbe essere finito. Come scriviamo spesso e volentieri, ci preoccupiamo (forse da soli) del futuro del Servizio Pubblico e allora ci stiamo interrogando cosa ne sarà della Rai non tanto in un futuro immaginario (il 2030 come ha fatto la BBC) quanto più nei prossimi mesi. 
Stamattina leggiamo un  indizio interessante: Andrea Montanari, su MF, titola “Televisioni unite contro il dumping della Rai sugli spot pubblicitari Mediaset, Discovery e Sky in prima linea: contestano i maxi-sconti concessi dalla tv di Stato agli inserzionisti” e si legge “La strategia portata avanti dalla concessionaria del gruppo di viale Mazzini, guidata da Gian Paolo Tagliavia, secondo più fonti interpellate da MF-Milano Finanza, prosegue ininterrottamente e che, anzi, è stata accentuata in questo difficile momento, legato all'esplosione del Covid-19, quando in prima serata ci sono 30,1 milioni di italiani davanti al piccolo schermo. Un danno per la stessa Mediaset e per Discovery, Sky e La7. Perché la Rai del presidente Marcello Foa e dell'ad Fabrizio Salini può contare sull'entrata certa e fissa del canone, pagato in bolletta: un introito di oltre 1,2 miliardi. Lo sconto, che arriva fino al 94-95% dei prezzi di listino, prosegue anche perché in questi giorni il Tar del Lazio ha sospeso in via cautelare il provvedimento preso dall'Agcom lo scorso febbraio in merito alla politica commerciale della tv di Stato. L'Authority aveva intimato alla Rai di rispettare il contratto di servizio in essere fino al 2022, «di assicurare il rispetto dei principi di non discriminazione e di trasparenza nei contratti di diffusione pubblicitaria». Il messaggio è forte e chiaro: scontro frontale e senza prigionieri. Ritorna con forza, e ne avrà sempre più nelle prossime settimane, il tema delle risorse che non reggono il peso dello sforzo di “rientro alla normalità” che pure il Servizio Pubblico dovrà sopportare quando saranno finite le repliche di Montalbano. Do you remeber someone speaking about “riduzione o abolizione del canone” ??? dice nulla un certo Signor Boccia ???

Ci sarebbe un interrogativo da porre a margine da non sottovalutare: il “partito” Rai da che parte si colloca? La sua comunicazione, il ”messaggio” che veicola nei Tg e Gr, come pure nelle diverse trasmissioni di infotainment da che parte tirano la volata rispetto agli schieramenti e all’operato del Governo? Giriamo le domande ai nostri acuti e attenti lettori.


bloggorai@gmail.com

ps: silenzio totale sull'iniziativa Mediaset di ridurre il compenso ai manager e dare un premio al personale di produzionee, a Viale Mazzini già tacciono su tutto figuriamoci su questo argomento  

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