martedì 25 febbraio 2020

La Paura e la Rai



Il sonno della ragione genera mostri. Il primo farmaco ansiogeno ed eccitante allo stesso tempo diffuso in larga misura in queste ore sono i notiziari televisivi. Lo abbiamo scritto ieri: la quantità e la qualità delle informazioni fornite attraverso i telegiornali sembrano essere fuori controllo. Stiamo assistendo ad un dilagare bulimico di immagini, commenti, interviste che rischiano seriamente di produrre più danni di quanti già non ne produce il Coronavirus. Paura, panico, allarme sono tra le parole più utilizzate i queste ore e assalti ai supermercati, posti di blocco con i lampeggianti delle forze dell’ordine insieme a personale medico in tute protettive, simili a marziani inondano gli schermi. Il timbro narrativo è standard: in testa ai servizi il bollettino di guerra con morti e feriti, a seguire  il parere di qualche esperto virologo (solitamente poco rassicurante), poi un collegamento con le “istituzioni” e, infine, qualche buona notizia. Di contesto, di storia delle recenti epidemie e di come sono state gestite o di rilievo ad altre posizioni (vedi quanti pure autorevoli esperti hanno minore spazio sullo schermo) se ne parla poco. Vedi, ad esempio, quanto dichiarato da Vincenzo D'Anna,  Presidente dell'Ordine nazionale dei Biologi: "Bisognerebbe parlare alla gente in maniera meno catastrofica e più pacatamente. Il panico è peggiore della malattia...E' tutto fermo, tutto paralizzato, per un virus che è poco più di un virus influenzale. Un virus che ha una mortalità che se vogliamo è ancora più bassa di un virus influenzale". Il risultato è che stiamo velocemente precipitando verso una parallela crisi di comunicazione, di percezione, di contestualizzazione di quanto avviene.

La Rai ha dispiegato tutti i suoi mezzi e in tutte le reti tv e radio c’è costante attenzione e aggiornamenti sugli eventi. Da un punto di vista quantitativo la copertura giornalistica è completa. Quello che appare meno evidente è l’attenzione alle modalità, al “tono” generale cioè esattamente al complesso sistema di “codici e sottocodici che intervengono a definire un messaggio televisivo” (U.Eco). In particolare ci si riferisce ai tre codici fondamentali: quello iconico (le immagini) quello linguistico e quello sonoro. E’ proprio in tale contesto che si innesta la deriva incontrollata della “generazione dei mostri” come appunto i comportamenti collettivi irrazionali, la false notizie e il conseguente panico diffuso. Esattamente in questo senso il Servizio Pubblico radiotelevisivo deve trovare uno scarto in più, una differenza qualitativa marcata rispetto al resto del sistema mediatico.

Proponiamo con particolare attenzione di rivedere il servizio di Report di Milena Gabanelli del 7 maggio 2006 (questo il link https://www.raiplay.it/video/2009/01/In-principio-fu-loca-f5baf7a0-9764-408b-897f-14147c8b787e.html ). E’ sorprendente ritrovare molte connessioni con quanto sta avvenendo in questi giorni e altrettanto sorprendente dover constatare che quella esperienza non ha insegnato pressoché nulla sul fronte del sistema mediatico.  Se poi, sempre in ambito Rai, volete distendere la tensione, vi proponiamo di rivedere una puntata di Che tempo che fa del 2008 con il mitico Ministro della Paura proposto da Antonio Albanese. Sono trascorsi 12 anni ma è ancora di grande attualità. Questo il link: https://www.youtube.com/watch?v=9k-s3SAlSMM&t=40s .

Evidente come, in questo momento, parlare di Azienda Rai, di budget, di ascolti, di Piano Industriale, di nomine sembra fuori luogo. Eppure, anche questo potrebbe essere uno stimolo a rimanere ”normali” e non farsi prendere da nervosismi ingiustificati come, ad esempio, quello che ieri si è diffuso a Viale Mazzini quando è stata richiesta a chi entrava nel palazzo una “dichiarazione di provenienza” cioè non essere stati nei luoghi di contagio nei giorni precedenti.

Infine, una nota sulla questione AgCom. Oggi leggiamo un’intervista di Roberto Zaccaria,  autorevolissimo esperto e docente, sul Fatto Quotidiano: “ …l’Autorità … ha il compito di vigilare sull'applicazione del contratto di servizio da parte della tv pubblica, ma deve guardare al quadro generale, al sistema nel suo complesso, restando il più possibile su dati oggettivi. … Ma non è suo compito sindacare con giudizi discrezionali e non oggettivi nel contenuto editoriale delle trasmissioni … ha colpito che si è voluto  sindacare sulla rappresentanza femminile a Sanremo. Ma stiamo scherzando?”. Sorprendente che si sollevi esattamente quanto sembra aver fatto AgCom, cioè guardare al quadro generale che, evidentemente è composto da tanti particolari, forse non la loro somma ma certamente la loro composizione. Scherzare sul tema Sanremo? No, c’è poco da scherzare: se la trasmissione, tra quelle di maggiore impatto mediatico sul pubblico nazionale, nel suo complesso rispetta o meno gli obblighi da Contratto di servizio l’AgCom, ha l’obbligo di vigilare e intervenire. Non è una facoltà o una discrezionalità. Almeno, fino a prova contraria. Che poi questo avvenga nell’attuale contingenza politica e istituzionale è altro discorso e perché poi indirizzata particolarmente a “danno “ verso la Rai è ancora più altro discorso.

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