lunedì 24 febbraio 2020

L'emergenza e la Rai


In questi giorni, in queste ore, milioni di italiani attendono qualche edizione di un telegiornale per essere aggiornati sull’emergenza sanitaria. “Se lo dice la tv … vuol dire che è vero …” è la frase che spesso si sente ripetere tra la gente. I titoli dei servizi,  la quantità, la qualità e la ripetizione delle parole usate, il volto cupo, la gestualità, il tempo totale dedicato all’argomento sono i fattori che determinano la percezione dei telespettatore su quanto viene raccontato.

Il Servizio Pubblico, la Rai, fornisce informazioni in modo corretto, adeguato, sufficiente e tempestivo utili a rendere ai cittadini le dimensioni reali di quanto avviene oppure contribuisce, in modo diretto o indiretto, ad alimentare percezioni distorte e comportamenti collettivi negativi? Il dubbio non solo è lecito ma anche doveroso. La Legge impone alla Rai obblighi specifici e superiori a quelli del resto  del sistema della comunicazione: le sue informazioni,  per certi aspetti, “valgono il doppio” rispetto a quelle delle altre emittenti, giornali o web. Potrebbe non essere sufficiente essere concentrati sulla dimensione quantitativa della copertura giornalistica. Potrebbe essere necessario anche essere concentrati per “come” viene trattato l’argomento, avendo sempre a mente quali effetti le modalità del racconto giornalistico sono in grado di generare. Le conseguenze incontrollabili sono dietro l'angolo e la sottile linea che separa i fatti dalle opinioni è spesso invisibile. A questo proposito: a che punto è la "cabina di regia" prevista dal Piano per l’informazione e il coordinamento editoriale? E' stata attivata? In questo caso, più che mai, sarebbe stata obbligatoria, doverosa.

Veniamo ora alla specificità del Servizio Pubblico. Ieri ci siamo dedicati con particolare attenzione, alla lettura del dispositivo di AgCom con il quale si giustifica l’erogazione della multa di 1,5 mln alla Rai. Prima però riportiamo alcuni passaggi del comunicato di Viale Mazzini: “l’Autorità, trascurando di considerare le migliaia di ore di informazione plurale, accurata e approfondita che viene garantita annualmente e da sempre dalla Concessionaria a livello nazionale e locale, si sofferma su singoli episodi non confrontabili tra loro.  Alcuni risalgono nel tempo e non sono mai stati contestati prima, eppure vengono accostati in modo arbitrario e confuso in termini sia di contenuto sia cronologici”. L’Autorità scrive: “il 23 luglio 2019 è stata avviata e notificata a Rai un’istruttoria finalizzata agli accertamenti degli obblighi di SP… votata all’unanimità    e ricondotto al suddetto procedimento anche le contestazioni precedentemente avanzate ne i confronti della Concessionaria …”. 
Non entriamo nei dettagli (che pure meritano grande attenzione, seppure “non confrontabili tra loro”) e ci limitiamo ad osservare che questa multa certamente viene usata come “clava” politica dove però non è affatto chiaro chi la mena: sono i buoni o i cattivi? Certo,  fa impressione leggere in difesa della Rai qualcuno che sostiene che AgCom e Vigilanza “dovrebbero astenersi da giudizi“ oppure Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano che sostiene “… il troppo indipendente Fabrizio Salini …” proprio dopo alcuni giorni di “presunta” contrattazione con la politica (vedi incontri con Gualtieri e Crimi).  
Due posizioni opposte: da un lato si contestano i singoli episodi scollegati tra loro mai contestati prima, dall’altro si ribadisce la correttezza dell’operato alla luce del monitoraggio e verifica effettuata nei mesi precedenti. Saranno ora i legali, in punta di diritto, a dirimere  il contenzioso che, ribadiamo, non è solo economico ma attiene alla natura e al futuro del Servizio Pubblico, sul quale in modo incontrovertibile l’Autorità richiama la Rai alle dovute adempienze che, è sempre bene ripeterlo e sottolineare, è sottoposta ad un vincolo di Legge superiore agli altri operatori proprio in virtù del rapporto di Concessione che lo Stato gli affida e per il quale lo stesso Stato impone la riscossione del canone.

Infine: nei giorni scorsi è stato presentato il 16° Rapporto Censis sulla comunicazione: il consumo di  televisione digitale terrestre negli ultimi 10 anni è diminuito di oltre il 5% mentre è aumentato quello in mobilità (+27%) e via Web (+24%). Si tratta di un trend ormai consolidato e siamo solo all’inizio dello switch off del DVB-T2. Ma questo è un altro discorso.
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