mercoledì 30 gennaio 2019

In attesa di poter leggere il documento completo, possiamo solo argomentare per quanto si legge nel comunicato stampa di Viale Mazzini. Inoltre, possiamo argomentare sul contesto entro il quale il piano industriale sta per prendere forma.

Questo documento è derivato in seguito a due passaggi importanti avvenuti negli scorsi anni: il primo è l'approvazione della Legge del 2015, voluta fortemente dal Governo Renzi in carica a quel tempo; il secondo è l'approvazione della nuova concessione e il successivo contratto di servizio. Si tratta dei due passaggi che spazzano via ogni legame, ogni connessione con tutto il quadro normativo precedente e determinano per molti aspetti i passaggi successivi, in particolare il piano industriale e quello editoriale. Da ricordare sempre che si tratta di due piani correlati tra loro, inscindibili.
Durante questi ultimi quattro anni, molte cose sono cambiate e non sono di poco conto: si è consolidata la tendenza di rendere il Servizio Pubblico sotto controllo del Governo, si è innescato il meccanismo di revisione sulla collocazione delle frequenze intorno ai 700 Mhz, si stanno radicalizzando i fenomeni di mutamento genetico del pubblico, dei consumi televisivi, dei linguaggi.
Quando si parla di piano industriale, nelle aziende "normali" ci si riferisce a piani di sviluppo, di aggiustamento o di proiezione verso nuovi prodotti o mercati e la misura della sua validità è data dal raggiungimento degli obiettivi prefissati. Esiste anche un parametro Lo scorso anno è scaduto quello precedente, predisposto da Gubitosi e approvato da Campo Dall'Orto. Come ha ricordato Piero De Chiara in un suo recente contributo, esiste un parametro, KPI (Key Performance Indicator) con il quale misurare dettagliatamente gli obiettivi che si propongono. Allora, buon senso vorrebbe che una analisi corretta dovrebbe tener conto dell'incrocio di queste due valutazioni: cosa è stato fatto nel triennio precedente e come si intende procedere per quello a venire. Di tutto questo non si avverte notizia.

 Alcuni ritengono che questa bozza di piano industriale presentato la scorsa settimana possa essere apprezzato almeno perchè punta  sulla riorganizzazione aziendale e pertanto meritevole di essere valutato positivamente a priori, salvo vigilare sulla sua corretta applicazione.

Si tratta di un approccio generale che potrebbe sembrare ormai superato, insufficiente e inadeguato. E' superato da quanto è avvenuto e sta ancora avvenendo in tutto il mondo del broadcast, pubblico e privato, sul fronte delle tecnologie, delle piattaforme e dei contenuti. E' insufficiente perchè gli manca tutto il corredo economico, le risorse, necessarie per supportare qualsiasi cambiamento. Inadeguato perchè privo totalmente di una visione, di un progetto, di un'idea qualsiasi di nuovo servizio pubblico nell'era del Cambiamento (C maiuscola), non inteso come programma delle forze politiche di Governo, ma come sintesi delle nuove sfide cui la Rai deve far fronte.
In altre parole, dire ristrutturazione, fa venire in mente un appartamento con le carte da parati un pò ingiallite, i rubinetti un pò incrostati, e qualche operaio chiamato a ristrutturare magari nemmeno tanto capace. Oppure, una macchina che perde colpi perchè il carburatore è ingolfato, oppure la guarnizione della testata un pò bruciacciata e sfiata. No, non è così. Non sembra che "riorganizzare", mettere qualche pezza oppure fare qualche aggiustamento sui generi, sulla verticalità o orizzontalità dell'organizzazione possa indicare il  percorso da seguire per definire ciò che il Servizio pubblico dovrà essere nei prossimi anni.
Difficile vedere nel proposito della "riorganizzazione" il coraggio e la sensibilità manifesta dall'AD Salini. Quale sarebbe il coraggio? proporre le reti come "interpreti dei bisogni dei consumatori" ? Oppure creare un Direzione Documentari, solo perchè prima non esisteva? e la sensibilità in cosa consiste? Essere attenti a quanto avviene nel Paese? Oppure sensibili al cambiamento (c minuscola) voluto dalle forze politiche che hanno imposto questo vertice che, a sua volta, hanno imposto nuovi direttori e creato altri senza alcun criterio, alcuna selezione, alcuna valutazione preventiva?
Abbiamo ascoltato, anche tra i nostri lettori, voci che dicevano più o meno: lasciamoli lavorare e poi giudicheremo. Hanno lavorato, e nemmeno poco in sei mesi, e qualcosa su cui giudicare è già disponibile. Difficile trovare qualcosa di cui si possa dire: geniali! Innovatori!! progettisti!!! Oppure, è verosimile, siamo accecati da furia iconoclasta e siamo indotti a pensare e vedere sempre tutto il male possibile e non osservare quel che di buono è stato fatto. Forse.
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