mercoledì 23 gennaio 2019

Povera Rai

I lettori con i capelli bianchi, come il sottoscritto, hanno bene alla memoria i bei tempi andati, epici, leggendari, quando a Viale Mazzini,  si scontravano (e magari si incontravano) al settimo piano schieramenti avversi riconducibili alla più nobile tradizione democristiana (uno su tutti: Gianni Pasquarelli) e alla più avventuriera formazione socialista di stampo craxiano (uno su tutti: Enrico Manca). Il servizio Pubblico, pari pari con il resto del Paese, non si è fatto mai mancare nulla: a quanti sostenevano che la Rai stava morendo, si poteva rispondere che magari era solo svenuta e che, presto, si sarebbe ripresa.
Oggi? cosa si può dire, riducendo e semplificando all'osso? Leggiamo con ordine: al settimo piano oggi si scontrano truppe così capitanate: da un lato i leghisti della prima, seconda e terza ora (compresi quelli di "area") riconducibili grosso modo al presidente Foa e, tanto per intenderci (anche se l'interessata ha dichiarato di appartenere solo a se stessa) alla direttora di Rai Uno De Santis. Dal lato opposto del corridoio, albergano le truppe del "cambiamento" a 5 stelle capitanate dall'AD Salini, fiancheggiato stretto dal direttore aggratriss Carlo Freccero. Giusto per capire: populisti e sovranisti equamente divisi e accumunati dallo stesso destino (per ora). Intendiamoci: nulla di nuovo, appunto, più o meno come negli anni passati quando alle estremità del corridoio alloggiavano culture, storie, profili personali diversi e avversi. Alla fin fine, la Rai è sopravvissuta lo stesso, è riuscita a garantire un Servizio più o meno pubblico, ha dato da mangiare tanti pasti caldi e tutti vissero felici e contenti.
Quindi, ci sarebbe poco da stupire se siamo costretti a sapere che si vorrebbe proporre lo spazio dopo il Tg1 alle 20.30 (quello che era di Enzo Biagi, tanto per capire) ad una ex dipendente di cui si erano perse le tracce, salvo poi ritrovarle tra quelle lasciate dal nuovo che avanza. Allo stesso modo, ci sarebbe poco da stupire se qualcuno pensa bene di riproporre un comico (seppure in grazia di vendetta per l'ignobile trattamento ricevuto in epica berlusconoide) che potrebbe non sapere più che differenza c'è tra una telecamera e una macchinetta da caffè con le cialde. Allora, tranquilli, nulla di nuovo avanza all'orizzonte e, come dicono i "giovani" si può "tirare a Campari".

Il bello viene, invece, quando qualcuno pensa e magari riesce a mettere in piedi, qualcosa che vorrebbe essere "la rivoluzione copernicana dell'informazione televisiva" e propone una nuova trasmissione che si chiama "Povera Patria". Il nome ha una certa suggestione: già nel lontano 1991 Franco Battiato ha scritto: "Povera patria schiacciata dagli abusi del potere
                                                 Di gente infame che non sa cos'è il pudore
                                                 Si credono potenti e gli va bene quello che fanno
                                                 E tutto gli appartiene
                                                 Tra i governanti quanti perfetti e inutili buffoni
                                                 Questo paese è devastato dal dolore
                                                 Ma non vi danno un po' di dispiacere
                                                 Quei corpi in terra senza più calore?
Curioso osservare che era proprio quell'anno che in Rai governavano Pasquarelli e Manca. Da allora, cosa è cambiato? Ammettiamo di essere leggermente confusi e storditi da tanta genialità e che, forse, dovremmo ammettere che il Servizio Pubblico aveva proprio bisogno di una trasmissione di informazione che vuole "raccontare il mondo attraverso la coflittualità". E chi rappresenta meglio, in questo momento, l'espressione più genuina del conflitto in corso nel Paese ospite alla prima puntata?
Risposta troppo facile per essere scritta. Povera Rai ...
bloggora@gmail.com

ps: sembra che ieri siano state dibattute le linee guida del nuovo piano industriale ...

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