mercoledì 20 ottobre 2021

Lo Stato di Confusione

Foto di Jan Helebrant da Pixabay

Forse è necessario ricordare che questo Blog propone un racconto quotidiano, una “narrazione” che segue fili costanti sul futuro della Rai. Per comprendere un singolo Post, come quello di oggi, è necessario ricordare quelli precedenti e, in particolare, vi proponiamo di rileggere quello di ieri (che ha avuto un grande successo di lettori) e ancora di più la lettera aperta pubblicata domenica scorsa.

Mannaggia la miseria malvagia, ladra e mascalzona! È mai possibile che per capire cosa succede oggi e cosa potrà succedere alla Rai di domani è sempre necessario dover fare dieci passi indietro per poterne fare uno avanti? È mai possibile essere sempre costretti a dover rivedere e centellinare le parole di quanto detto non negli anni passati ma solo nei pochi giorni appena trascorsi? È mai possibile che si debba sottostare sempre a questa sgradevole sensazione di presa per i fondelli (eufemismo gentile)?

Mannaggia la miseria! È mai possibile che quando si entra nei meandri delle vicende Rai ci si debba sempre imbattere in omissioni, misteri, confusioni di ogni genere? La risposta è semplicemente SI! Non c’è scampo, non c’è tregua! Allora, questa mattina si parla solo di quanto avvenuto stanotte con il passaggio di 9 canali Rai nella nuova codifica del segnale in MPEG-4 e dopo parleremo di questo. Non c’è traccia invece di quanto potrà avvenire nei prossimi giorni all’interno di Viale Mazzini che certamente non sarà di poco conto. Ci riferiamo a due passaggi evidenziati durante la scorsa audizione di Fuortes in Vigilanza. Il primo riguarda il Piano industriale (“…è all’ordine del giorno e il Consiglio ne discuterà nelle prossime settimane ..mesi ..”) e il secondo punto, ad esso collegato è quello delle nomine editoriali. Su questo punto Fuortes è stato molto preciso ed ha ripetuto due volte (su specifica richiesta del Senatore Di Nicola) che “.. prima ci sarà in piano editoriale poi le nomine …”. Bene. Questo dovrebbe far sgombrare ogni dubbio su some si potrebbe andare avanti.

Una cosa alla volta: l’attuale piano industriale è ancora valido per il corrente anno e, sebbene disatteso in molte parti (ricordiamo ancora una volta il canale inglese e quello istituzionale, vedi art. 11 e 12 CdS) a stretto giro di forma, può avere ancora qualche residuo di fattibilità. Dopo di che si innesta un altro genere di ragionamento che invece si sta sottacendo: il Piano industriale è un derivato obbligato del Contratto di Servizio e non viceversa: vedi art. 25 (Obblighi specifici) lettera u: “… la Rai è tenuta a presentare al Ministero, per le determinazioni di competenza, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta Ufficiale, un piano industriale di durata triennale…”.

Rimesso in ordine questo passaggio, veniamo al successivo e a quanto si è letto in questi giorni a proposito dei nomine nelle testate giornalistiche (anche in relazione ai mutati equilibri politici ai quali si vorrebbe fare riferimento in vista dei prossimi importanti appuntamenti istituzionali, capo dello Stato e politiche del 2023).  Le notizie fatte trapelare sulla stampa (non a caso) sono fondate: abbiamo potuto verificare che ci sarebbe una precisa volontà di procedere in questa direzione: cambiare i direttori di Tg1 e Tg2. Ovviamente, è stato lanciato il sasso ma la manina è ben nascosta e nessuno se ne vuole assumere la paternità. Non fosse altro perché avverrebbe una clamorosa sconfessione di quanto dichiarato da Fuortes in Vigilanza: prima il piano e poi le nomine. Gli vogliamo credere perché altrimenti ci si potrebbe trovare di fonte ad una situazione istituzionale molto, molto difficile da gestire: andare in Vigilanza di fronte ai parlamentari e fare un’osservazione impegnativa e poi disattenderla completamente. Morale della favola: con un po’ di buon senso il prossimo 27 non ci dovrebbero essere nomine in questa direzione. Ma, aggiungiamo, a fil di logica non ci dovrebbero nemmeno essere “aggiustamenti” sul precedente Piano industriale, dove, sempre a fil di logica e buon senso, ci si riferisce ad un Piano che è datato oltre 4 anni (presentato a giugno 2018, dopo una gestazione lunga un anno precedente) e che comunque, fra poche settimane, sarà scaduto come lo yoghurt. Non solo, ma essendo questo, per quanto abbiamo scritto prima, una derivazione vincolante del Contratto di Servizio, che senso avrebbe anticiparne la visione, la cornice entro il quale si dovrà necessariamente collocare? 

A questo proposito, ora veniamo ai giorni scorsi: il 14 ottobre è stata inviata alla Strutture aziendali Rai una lettera dove si comunica che “… viene istituito un apposito Gruppo di lavoro incaricato di coordinare le attività finalizzate alla definizione del testo del Contratto di servizio per il quinquennio 2023-2027”. Di questo gruppo ne fanno parte diverse direzioni: legale, CTO, CFO, risorse umane e distribuzione. Si aggiunge che “Il predetto Gruppo si avvarrà inoltre del contributo di competenza delle Direzioni Marketing e Ufficio studi e potrà essere integrato, in funzione dei temi trattati e delle dinamiche negoziali e istituzionali connesse all'iter procedurale normativamente previsto, dai rappresentanti/contributi di tutte le Direzioni interessate”. Qualcosa non torna: chi manca? La sola parte che interessa tutta l’architettura del Contratto di Servizio: la parte editoriale! Incredibile ma vero! Tutto il Contratto di servizio si regge sugli obblighi di programmazione editoriale e, formalmente, non c’è nessuno che fa parte del Gruppo di lavoro. È così.

Siamo andati a rivedere puntigliosamente l’audizione di Fuortes in Vigilanza dello scorso 12 ottobre che resterà un punto di non ritorno sul racconto di questa Rai (vedi pure i “misteri gloriosi” che periodicamente avvengono a Viale Mazzini: caso Fedez tutto ancora da decifrare e caso Sinisi, tutto ancora da giudicare). Ci sono rimaste in memoria alcune osservazioni: Di Nicola “… siamo disposti a sostenere le richieste che sono state caldeggiate ma non prima si sapere che tipo di Servizio Pubblico vuole assicurare al Paese” e poi la Fedeli “..abbiamo ascoltati i dati ma non la prospettiva”. Ecco, questo il senso del “mannaggia la miseria” dell’apertura di questo Post: dover assistere ad un ennesimo palleggio di responsabilità senza fine: la politica che chiede alla Rai come vede il suo futuro e la Rai che chiede alla politica datemi i soldi pur non sapendo bene come impiegarli. Mannaggia la miseria …siamo messi male, molto male!

Chiudiamo con una osservazione sull’intervista di Ciccotti questa mattina su Italia Oggi a proposito del passaggio al DVB-T2. Alla domanda su quella parte della popolazione che non è pronta sulla dotazione degli apparti Tv idonei a ricevere i nuovi segnali, il CTO Rai  risponde che “…Noi ragioniamo in termini di dotazione delle famiglie. Quindi abbiamo lo sguardo rivolto al primo televisore delle case …”. Ci permettiamo di osservare che, è ormai noto, che la televisione anche nelle famiglie non si fruisce più sul solo “unico televisore” il vecchio “focolare elettronico” dei bei tempi passati ma su più device prevalentemente connessi alla rete. Quali vantaggi ha il Servizio Pubblico a rimanere ancorati a questa visione? Non ci è affatto chiaro. Rimane che da oggi chi vuol vedere i 9 canali Rai (Mediaset ne ha spenti solo 3, tanto per capirci) che sono stati dismessi dalla precedente codifica in MPEG 2 si dovrà dotare o di un nuovo televisore o acquistare un decoder.  

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