mercoledì 15 gennaio 2020

Vietnam - 2


Nei giorni scorsi abbiamo fatto un titolo con “Vietnam”. Ci siamo sbagliati: in quel caso si trattava di un esercito di contadini scalzi agguerriti e determinati  guidati da un valoroso generale, Võ Nguyên Giáp, contro il più formidabile esercito del mondo. In questo caso, a Viale Mazzini, si assiste ad una guerra che non è nemmeno per bande ma per “aggregati occasionali”. Quanto successo ieri in Cda non meriterebbe attenzione più di tanto: cose simili se ne sono già viste. Con una differenza sostanziale: l’AD ha pieni poteri conferiti dalla Legge e non da ieri. Il tema è che non li ha saputi, potuti o voluti esercitare.

Ieri abbiamo citato il Giulio Cesare: ci aggiorniamo e provate voi a sistemare i vari personaggi sulla scena per capire chi è Bruto e chi Cassio. Foa, astenendosi su tutta la linea, riferito a Salini ha motivato il voto «per i modi, i contenuti, i percorsi di scelta, la mancanza di trasparenza, l'assenza totale di interlocuzione con l'amministratore delegato, la fumosità nelle procedure, i pasticci incomprensibili». La Borioni si è astenuta “per non fare figli e figliastri”. Laganà avrebbe chiesto lo “spacchettamento” delle singole votazioni, ottenendola e determinando così le maggioranze variabili. Della Coletti sorvoliamo. Per il resto, ogni personaggio ha recitato la sua parte. Ci soffermiamo solo su due aspetti. Il primo riguarda la Borioni (PD) che aveva minacciato di votare contro e da tempo è in rotta di collisione con l’AD. Leggiamo in proposito da La Stampa “convinta nella notte dalla linea più morbida di Franceschini, ha sostenuto che la sua astensione non è un atto d'indulgenza verso Salini che non «sa gestire l'Azienda»”. Ma, ci chiediamo, se questo è il suo pensiero, che senso ha astenersi? Il senso c’è e lo vedremo più avanti.
Altro discorso riguarda il consigliere espresso dai dipendenti Rai. Anzitutto non si capisce affatto il senso della battaglia per lo spacchettamento del voto. Si trattava e si tratta di una iniziativa globale e complessiva, nel solco di quello che dovrebbe essere l’avvio del piano industriale (verso il quale a suo tempo ha votato contro). E come tale andrebbe giudicata e votata. Per quanto sappiamo, è come dire “si … però Tizio va bene invece Cacio no  ..comunque  … vedremo ... chissà ...”. Su Repubblica, Giovanna Vitale scrive : ”vero ago della contesa, ha fatto un po' e un po' “. È apprezzabile e stimabile il suo lavoro ma si fatica spesso a comprendere l’indirizzo di alcune sue scelte. 

Come altro si può leggere quanto avvenuto ieri? Anzitutto da non dimenticare
A) che si tratta di nomine attese e rinviate da mesi
B) che avrebbero dovuto comprendere anche le testate
C) che avrebbero dovuto comprendere anche la formalizzazione di obblighi da Contratto di servizio come, ad esempio, il canale in inglese e quello istituzionale (che avendo giornalisti al suo interno ed essendo già stata affidata la direzione a Ferragni dovrebbe rientrare nel pacchetto testate).
Aggiungiamo un D) per dovere di cronaca e riprendere quanto detto prima a proposito del PD: siamo alla vigilia del voto del 26 gennaio dove tutti sono in attesa di terremoti politici. Ci dice un nostro autorevole interlocutore “siamo a Bisanzio e, paradossalmente, Salini ha fatto bene a rinviare le nomine dei Tg, il giorno dopo le elezioni tutto potrebbe cambiare, comprese le sorti della sua direzione”.  Ok ...ora tutto è chiaro.

Cerchiamo di mettere in fila alcune considerazioni. La prima si riferisce a Foa: la guerra è dichiarata formalmente. Dopo lo scontro sulla questione della mail truffa (della quale attendiamo gli esiti giudiziari), la convivenza tra i due sullo stesso piano del palazzo è assai ardua. In che termini si può immaginare il governo dell’Azienda in queste condizioni? Il Piano industriale: si vorrebbe fare credere che queste nomine sono il primo passo.  Sono stati nominati soli 4 direttori delle macrodirezioni lasciando l’interim delle testate: un pasticcio che basta la metà. Queste sarebbero le condizioni con le quali si avvia il Piano? Per non dire poi dell’uscita del suo direttore operativo, Piero Gaffuri, che avrebbe dovuto rappresentare la cinghia di trasmissione di tutta l’innovazione prevista nel Piano. Perché non si è provveduto subito alla sua sostituzione?
La tecnicalità regolamentare del Consiglio non mette l’AD al riparo delle riflessioni sul suo ruolo e sul suo operato, pure sotto l’aspetto”politico”. Sostenere che nessun nome è stato bocciato con un consiglio sparpagliato è un eufemismo che cela  una debolezza strutturale assai rilevante. Negarlo è dir poco miope. Se a questo si aggiunge che la “maggioranza variabile” che ha ottenuto (in alleanza con FdI) non risponde affatto alla maggioranza di Governo che lo dovrebbe sostenere, il pasticcio è ancora più grave. Per uno che (notizia mai smentita) si è recato da Zingaretti per aver l’ok alla bollinatura del PD, non c’è che dire: una novità assoluta. Infine: Sanremo. Ieri si è svolta la conferenza stampa di presentazione del Festival, senza la direttora di RaiUno, Teresa De Santis, responsabile di buona parte del progetto di Sanremo, compresa la direzione di Amadeus. Nota: ieri in Cda si doveva affrontare la nota di indirizzo della Vigilanza sul conflitto di interessi degli agenti. Rinviata !!!

Interessante leggere una nota dell’ADN: “Al di là dei singoli voti espressi oggi dal Cda, le nomine di testate e reti proposte dall'ad Rai Fabrizio Salini sono una realtà. E l'amministratore delegato, a quanto si apprende dal suo entourage, è molto soddisfatto perché le nomine di oggi rappresentano il primo passo per la realizzazione del piano industriale. Nessun nome è stato bocciato, fanno notare dall'entourage di Salini. E comunque si è trattato di un parere non vincolante. L'ad ha esercitato i suoi poteri.” Il neretto non è nostro. L’interesse è nel leggere che A) le nomine sono una realtà B) l’AD ha esercitato i suoi poteri.

Last minute: il PD ora è sul piede di guerra per “monitare” ogni minuto politico dei telegiornali. È bene che sia così, però ci dovrebbe spiegare pure perché, con loro al Governo, non provvedono immediatamente alla nomina del nuovo consiglio AgCom e del sottosegretario alle Tlc. Sono loro, in particolare AgCom, i veri arbitri del problema. Anche in questo caso, i conti non contano, contano le “quote” alle quali, tutti, sottolineo tutti, sembrano molto interessati.
bloggorai@gmail.com

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