lunedì 5 novembre 2018

SERVIZIO PUBBLICO

Ci siamo permessi qualche giorno di riposo, tanto c'era poco da scrivere.

Segnaliamo un articolo, firmato Mauro Masi, ex DG Rai,  comparso su Italia Oggi sabato scorso,  di notevole interesse che pone interrogativi importanti e riguardano esattamente un tema sul quale alcuni stanno riflettendo (nei prossimi giorni è previsto un nuovo incontro): la legittimità del Servizio Pubblico Radiotelevisivo e il relativo costo a carico dei cittadini attraverso il pagamento del canone.

Sono domande forti alle quali è difficile dare risposte compiute. Sul primo tema: la legittimità ad esistere di un SP nell'era delle connessioni, dello streaming, di altre emittenti che forniscono un servizio analogo (talvolta migliore)  di quello fornito da Rai. Non c'è dubbio, infatti, che almeno sui tre grandi pilastri normativi che sorreggono il SP, l'informazione, l'educazione e il divertimento, sono in modo diverso gli stessi pilastri che sorreggono buona parte dell'offerta delle emittenti private e, per altro verso, identificabili nell'offerta web. Lo abbiamo scritto da tempo: anche la BBC è allarmata su questo fronte e sta cercando di porre rimedio (vedi ultimo Piano industriale approvato a marzo scorso).
Si pongono allora due ordini di interrogativi: che ruolo deve ancora ricoprire lo Stato per il presente ma sopratutto per il futuro, per quando le tecnologie di diffusione dei segnali (vedi 700 mhz) potrebbero modificare non poco il panorama di riferimento? Uno Stato con funzione di operatore, di soggetto con un privilegio di Primus inter pares, oppure un semplice Stato regolatore, in grado di definire ruoli, competenze e responsabilità tra tutti i soggetti interessati. Al momento non ci sono risposte convincenti sulle due risposte possibili o su altre mediate. Ma, è necessario ribadirlo con forza, occorre lavorare in questa direzione, non è possibile lasciare alla deriva la Rai senza indicare la rotta sulla quale proseguire.

Il secondo ordine di interrogativi riguarda le risorse con quali sostenere questa rotta. Attualmente il sistema misto, canone e pubblicità, consente alla Rai di vivere ma non di crescere. Non è cosa da poco. Vedi questione canone 2019: rimarrà invariato a fronte di costi industriali crescenti, il che, tradotto banalmente, significa introiti inferiori. Tutto questo, inoltre, a fronte di maggiori impegni di spesa previsti dal nuovo Contratto di servizio (nuovi canali) e di adeguamento impianti sul multiplex. Sembra quasi che una manina, una manona, da tempo, stia progettando un futuro per il SP italiano incerto, traballante.

Infine, segnaliamo un interessante articolo su Wired, pubblicato il 30 ottobre, sul 5G. Appare sempre più chiaro che i mondi delle telco e quello dei broadcasters si dovranno contendere lo stesso terreno. Il campo di battaglia sono le frequenze e la stessa Rai è scesa in campo insieme alle altre emittenti con un ricorso al TAR (senza urgenza ... tanto è in corso il confronto con il MISE) per mettere le mani avanti.

bloggorai@gmail.com

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