Ieri, dopo il post e i numeri che abbiamo fornito sugli ascolti tv, ci è venuta una assonanza: anche la RAI soffre di “astensionismo” dei telespettatori, di costante erosione della sua platea. Precisiamo: tutta la televisione generalista soffre un calo di ascolti ma la RAI soffre di più dei diretti concorrenti. Tutte le reti generaliste rincorrono fasce di ascolto quanto più diversificate per età e la RAI rincorre di meno mentre consolida un suo pubblico di riferimento sempre più Villa Arzilla. Lo abbiamo scritto e ne siamo convinti: “Ogni italiano che lascia questo Paese era un telespettatore RAI e ogni italiano che nasce la RAI non la vedrà mai”. Leggiamo una dichiarazione dello scorso anno su La Stampa: “Il totale degli ascolti tv - dice il professor Francesco Siliato, media analist - cala del 15% rispetto all'anno passato. Le tv generaliste perdono inesorabilmente terreno e questo si evince anche dalla fascia d'età di chi le segue, 57 anni, mentre la media di chi guarda altro si attesta intorno ai 41 anni”. Tutti sono avvertiti di questo problema ma nessuno se ne occupa.
C’è in ballo il futuro della RAI, la sua credibilità, la sua autorevolezza, la sua universalità, la sua stessa “percezione” di servizio pubblico per il quale si paga il canone che, infatti, è sempre più minacciato di tagli o di annullamento. Come si fronteggia? Nessuno ha la bacchetta magica ma tutti hanno chiaro cosa si potrebbe e si dovrebbe fare: farla gestire a chi è capace di renderla autonoma, a chi è in grado di contenere spese ed eliminare sprechi e inefficienze, a chi è in grado di fare scelte coraggiose.
Un attento lettore ci ha segnalato un piccolo episodio che la dice lunga: ieri sera l’Italia di calcio under 17 (il cosiddetto pubblico giovane!!!) ha vinto la finale d’Europa contro il Portogallo 3 a 0. Per un popolo che vive di calcio e pallone, è un bel momento vedere i giovani calciatori esultare con la coppa in mano. E RAI Due invece cosa ti fa? Semplice: taglia la cerimonia per mandare in onda un generico film. Geniale! E poi si interrogano sul perché i “giovani” non guardano più la RAI. Parliamo ancora di sport e di pubblico “giovane” e leggiamo dati sul recente Giro d’Italia: secondo quanto pubblicato in un lungo articolo di Italia Oggi “… Il Giro 2024 è passato sugli schermi di Rai 2 quasi nell’indifferenza generale … Tanto per dare qualche numero, l’edizione 2024 ha avuto due tappe con una età media dei telespettatori superiore ai 71 anni, altre due tappe con età media oltre i 70 anni, e altre quattro con pubblico over 69. Nel 2023 nessuna tappa aveva avuto medie over 70, e rispetto alla edizione 2018, come da tabella in pagina, c’è un invecchiamento del target di tre anni, dai 65 anni del 2018 ai 68,2 anni medi del 2024”. Andiamo avanti così.
Oggi alcuni giornali titolano sulla “guerra di numeri” tra Mediaset e Rai. La prima, per voce di Piersilvio Berlusconi, sostiene che “Nelle 24 ore tutto compreso, siamo davanti alla RAI nel trend dello share con risultati che ci rendono il primo editore italiano”. Viale Mazzini risponde: “RAI si conferma leader degli ascolti … ha 5 punti di vantaggio su Mediaset nell’intera giornata”. Bella lotta. Ma la frase più significativa la leggiamo sul Messaggero, sempre per bocca di P. Berlusconi “RAI non è TeleMeloni ma al suo management e alla politica consiglierei di fare più possibile servizio pubblico, anziché usare format importati e giochini che non richiedono grande abilità nelle risposte”. Fenomenale, detto da lui!!! Una parte di verità c’è: format importati e giochini sono la cifra prevalente del Servizio Pubblico.
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