Bloggorai non è la Frankfurter Allgemeine Zeitung, non è El
Pais, non è Le Monde Diplomatique e tantomeno l’Economist. Le nostre lettrici e
i nostri lettori lo sanno bene e si accontentano di sapere quello che si può e,
a quanto sembra, con costante e reciproca soddisfazione.
Bene. La notizia di oggi è piccola piccola ma di grande significato e la pubblica un giornale di “provincia” lontana: La Sicilia. Il titolo si riferisce allo scorso Sanremo ed è “I dati del televoto dovranno essere forniti al Codacons” perché, si legge “All'indomani dell'ultima puntata del Festival, caratterizzata da alcuni disservizi e problemi tecnici che avevano interessato il sistema del televoto, il Codacons assieme adAssourt aveva presentato formale istanza d'accesso alla Rai -ricorda l'Associazione dei consumatori- chiedendo tutti i dati sui voti espressi dai singoli componenti delle giurie della sala stampa e delle radio; i voti validi raccolti attraverso il televoto; quelli invalidati e la relativa motivazione; i dati circa eventuali voti espressi dal pubblico da casa e non raccolti dal sistema a causa dei disservizi tecnici”. Al che, “La Rai, tuttavia, in prima istanza aveva rifiutato di fornire le informazioni richieste considerando i dati non di interesse pubblico”. NON è di interesse pubblico? Tutto il Festival, tutta Sanremo nella sua quintessenza, tutto il concorso canoro basato sul voto, si regge essenzialmente sull’interesse pubblico per quanto è universalmente riconosciuta come la più importante manifestazione televisiva del Servizio Pubblico (dal quale trae la boccata di ossigeno economico più rilevante di tutto l’anno) e si vuole sostenere che “non” è di interesse pubblico? Strabiliante. Fenomenale.
Veniamo al punto: si usa dire in ambienti giuridici che “Ci sarà pure un giudice a Berlino”. La sua origine è controversa però è passato in giurisprudenza (vedi la sua storia in https://www.giustiziainsieme.it/it/cultura-e-societa/996-la-giustizia-tra-verita-inventate-e-storie-parziali ) come principio universale invocato ogni qual volta che si palesa la possibilità di non poter avere giustizia di qualche nefandezza avvenuta. Se c’è un fattore emotivo, politico, sociale e culturale in grado di scatenare fastidio, irritazione e disaffezione alla cosa pubblica è quel diffuso senso in impunità, di impunibilità, di arroganza e supponenza che si intravvede in modo palese ogni qual volta che si commettono o si affermano clamorose violazioni del diritto, della legge, delle norme e pure della logica nonchè del buon senso comune.
Spesso, specie in politica, ci si permette di sparare astronomiche
balle alle quali spesso pochi hanno voglia, forza e coraggio di fronteggiare e
ostacolare. Vedi le recenti dichiarazioni dell’AD Sergio che ha cantato e
suonato tutto da solo sulle prossime nomine di AD e DG senza che nessuno si
prendesse la briga di osservare che, forse, è stato fatto qualcosa fuori dal
vasino da notte. E così via. A Viale Mazzini,
si diceva nostri tempi, che questa è un’Azienda che non premia e non punisce. In
particolare non punisce: spesso e volentieri si possono dire e fare le scempiaggini
più totali che poi passano pressoché inosservate o impunite. Così era e forse
così è ancora.
Ma, forse, qualcosa potrebbe cambiare. Forse, le ragioni che
costituiscono i fondamenti del ricorso contro i criteri di nomina del Cda Rai secondo
la Legge Renzi del 2015 potrebbero trovare il loro “giudice a Berlino”. Forse. È
stato sollevato un tema di principi costituzionali, ordinamentali ed europei
solido e robusto nelle argomentazioni che lo sostengono. Vedremo cosa potrà
succedere. La politica, l’Azienda ne è avvisata ed informata che qualcosa
potrebbe accadere. Comunque vadano le cose, rimane alla storia che per la prima
volta succede che si prova a proporre una “riforma” materiale, immediata e
concreta del Servizio Pubblico che mira ai criteri di nomina ma punta alla missione dello stesso
Servizio Pubblico autonomo dal governo e dalla politica.
Giova ripeterlo: è solo oggi, nei prossimi giorni, settimane
e mesi che si giocherà la grande partita della sopravvivenza del Servizio Pubblico
in Italia. Il rinnovo della Concessione (marzo 2027) è alle porte e non c’è
molto tempo da perdere. Un nuovo Cda che potrebbe essere eletto senza rispettare
la Costituzione, la legge e il diritto comunitario (MFA) di fatto, rende la RAI
strutturalmente debole ed esposta ad ogni arbitrio delle ingerenze governative.
Ci sarà, prima o poi, “un giudice a Berlino” anche per il Servizio Pubblico.
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