martedì 17 dicembre 2019

Potenza del Web

Altro che carta stampata e poi gli editori si lamentano che non vendono copie. Ieri sulla pagina di Repubblica.it è comparso un pezzo a firma Aldo Fontanarosa dal titolo importante: “Il Governo avverte la Rai: “vi diamo gli 80 milioni se ci dice come li spendete”. A parte il piccolo refuso grammaticale, cerchiamo di capire.

Anzitutto,di questa notizia nessuno ne parla e non trovate una riga manco a pagarla e già questo è un problemino. Si tratta di una notizia dai potenziali effetti dirompenti almeno per la “salute” economica del Piano industriale e, curiosamente, passa quasi inosservata. Per quanto ci riguarda, a noi no! Da tempo abbiamo scritto che la madre di tutte le battaglie sul futuro del Servizio Pubblico ha inizio sul fronte del canone e abbiamo scritto e riportato più volte le dichiarazioni di quanti nel Governo lo vogliono o abolire del tutto o, alla meno peggio,ridurlo. È un attacco multiforme, poliedrico, articolato nel tempo e nello spazio e, per pura coincidenza,  avviene in contemporanea con lo stesso problema della BBC dove il Governo in carica è partito a testa bassa sul canone.

Vediamo in particolare di cosa si tratta. Bisogna fare un passo indietro: lo scorso anno nella Legge finanziaria, alla Rai è stato riconosciuto un “contributo” di 80 milioni (40+40) per il sostegno agli adempimenti previsti dal Contratto di Servizio. Si tratta dei nuovi canali (inglese ed istituzionale, digitalizzazione teche,ricerca e sperimentazione etc). Ora, secondo quanto scritto da Fontanarosa “il Ministero dello Sviluppo Economico avverte la Rai che non verserà questi soldi in modo automatico, anzi. Il ministero scrive che pagherà "un importo pari ai costi sostenuti" e "nei limiti dei corrispettivi" previsti dalla legge di Bilancio. Tradotto: non vi daremo necessariamente tutti gli 80 milioni (40 più 40) e pagheremo soltanto quello che spenderete per davvero” e aggiunge “Il ministero dello Sviluppo Economico chiede che la televisione pubblica documenti in modo puntuale le spese che affronterà. La tv pubblica, dunque, dovrà comunicare al ministero dei "Piani operativi". Questi Piani conterranno:  - la descrizione delle spese e la loro distribuzione nel tempo; - il livello del personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi; - le tecnologie in campo; - la tempistica necessaria a centrare gli "obblighi" che derivano dal Contratto di Servizio”. Infine, riporta l’articolo, si prevede che prima di procedere all’eventuale erogazione del “contributo” debba avvenire una preventiva verifica contabile da parte del Governo e solo a seguito di tale verifica si potrà dare mandato al pagamento. Tradotto in soldoni, prima vedere cammello, poi pagare. Non c’è che dire, un bel missile e non solo sul Piano industriale.

Sul piano formale la Legge 145 (art.1,com.1) è chiarissima: “ Per l'adempimento degli obblighi del  contratto  di  servizio, ivi inclusi quelli per lo  sviluppo  della  programmazione  digitale, alla  RAI  -  Radiotelevisione  Italiana  Spa  e'   riconosciuto   un contributo di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020” e non lascia adito a sorprese. Quello che non era affatto chiaro, finora almeno a noi profani, è che questo dispositivo è stato successivamente legato ad un “accordo specifico” tra le parti, Rai e Mise, finalizzato a definire una “forma di controllo” sull’effettivo impiego del “contributo” per i fini previsti. Ora il problema, ci dicono esperti dell’argomento, è tutto nella comprensione del termine “contributo” che lascia spazio ad interpretazioni.  Già, perché la Legge non prevede altre forme di finanziamento alla Rai se non quelle derivanti dalla “tassa di scopo”, il canone, e questi 80 milioni altri non dovrebbero essere che una parte di quanto il Governo, arbitrariamente, ha sottratto alle Casse di Viale Mazzini come, dal 2014, ha iniziato a fare il Governo Renzi con lo “scippo” dei 150 milioni che hanno dato poi vita alla parziale privatizzazione di Rai Way. Ma vogliamo sottolineare un aspetto “politico” più che finanziario: ancora una volta la direzione che si intende intraprendere è sempre quella del “controllo” da parte del Governo sul Servizio Pubblico esattamente come la legge del 2015 (sempre Governo Renzi) ha voluto. Da questo punto di vista, nulla di nuovo. Come pure non appaiono nuovi i rilievi e le conseguenze di queste iniziative che non solo minano il Piano industriale, già traballante di suo, ma anche l’AD che se ne è intestata la paternità. Da tempo lo abbiamo scritto, nulla di  nuovo.

E veniamo alla cronaca: oggi si legge che dal Nazareno fanno sapere di essere “irritati” con Salini per le prossime nomine (sic !!! te le raccomando !!!)  che vorrebbe fare il prossimo giovedì.  Nel frattempo, una fitta coltre fumogena avvolge Viale Mazzini: Maggioni intervista Assad, supposti conflitti di interesse, presunti scandali a Sanremo, mail truffa a Foa, un direttore “licenziato” e quisquillie varie. Nel mentre e nel quando arriva il nuovo Auditel Standard Digitale con le tanto attese app incluse, che lasciavano sperare in un qualche risconto positivo del lancio di Rai Play. Questa la schermata dove si vede chiaramente lo stacco delle reti Rai rispetto alla concorrenza.

   Amen.
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