Forse è necessario ricordare che questo
Blog propone un racconto quotidiano, una “narrazione” che segue fili costanti sul futuro della Rai. Per comprendere
un singolo Post, come quello di oggi, è necessario ricordare quelli precedenti
e, in particolare, vi proponiamo di rileggere quello di ieri (che ha avuto un
grande successo di lettori) e ancora di più la lettera aperta pubblicata domenica
scorsa.
Mannaggia la miseria malvagia, ladra e mascalzona! È mai possibile
che per capire cosa succede oggi e cosa potrà succedere alla Rai di domani è sempre
necessario dover fare dieci passi indietro per poterne fare uno avanti? È mai
possibile essere sempre costretti a dover rivedere e centellinare le parole di
quanto detto non negli anni passati ma solo nei pochi giorni appena trascorsi? È mai possibile
che si debba sottostare sempre a questa sgradevole sensazione di presa per i
fondelli (eufemismo gentile)?
Mannaggia la miseria! È mai possibile che quando si entra
nei meandri delle vicende Rai ci si debba sempre imbattere in omissioni,
misteri, confusioni di ogni genere? La risposta è semplicemente SI! Non c’è
scampo, non c’è tregua! Allora, questa mattina si parla solo di quanto avvenuto
stanotte con il passaggio di 9 canali Rai nella nuova codifica del segnale in
MPEG-4 e dopo parleremo di questo. Non c’è traccia invece di quanto potrà
avvenire nei prossimi giorni all’interno di Viale Mazzini che certamente non
sarà di poco conto. Ci riferiamo a due passaggi evidenziati durante la scorsa
audizione di Fuortes in Vigilanza. Il primo riguarda il Piano industriale (“…è
all’ordine del giorno e il Consiglio ne discuterà nelle prossime settimane
..mesi ..”) e il secondo punto, ad esso collegato è quello delle nomine
editoriali. Su questo punto Fuortes è stato molto preciso ed ha ripetuto due
volte (su specifica richiesta del Senatore Di Nicola) che “.. prima ci sarà in
piano editoriale poi le nomine …”. Bene. Questo dovrebbe far sgombrare ogni dubbio
su some si potrebbe andare avanti.
Una cosa alla volta: l’attuale piano industriale è ancora valido
per il corrente anno e, sebbene disatteso in molte parti (ricordiamo ancora una
volta il canale inglese e quello istituzionale, vedi art. 11 e 12 CdS) a stretto
giro di forma, può avere ancora qualche residuo di fattibilità. Dopo di che si
innesta un altro genere di ragionamento che invece si sta sottacendo: il Piano
industriale è un derivato obbligato del Contratto di Servizio e non viceversa: vedi
art. 25 (Obblighi specifici) lettera u: “… la Rai è tenuta a presentare al
Ministero, per le determinazioni di competenza, entro sei mesi dalla data di
pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta Ufficiale, un piano
industriale di durata triennale…”.
Rimesso in ordine questo passaggio, veniamo al successivo e
a quanto si è letto in questi giorni a proposito dei nomine nelle testate
giornalistiche (anche in relazione ai mutati equilibri politici ai quali si
vorrebbe fare riferimento in vista dei prossimi importanti appuntamenti istituzionali,
capo dello Stato e politiche del 2023). Le
notizie fatte trapelare sulla stampa (non a caso) sono fondate: abbiamo potuto verificare che
ci sarebbe una precisa volontà di procedere in questa direzione: cambiare i
direttori di Tg1 e Tg2. Ovviamente, è stato lanciato il sasso ma la manina è
ben nascosta e nessuno se ne vuole assumere la paternità. Non fosse altro perché
avverrebbe una clamorosa sconfessione di quanto dichiarato da Fuortes in Vigilanza:
prima il piano e poi le nomine. Gli vogliamo credere perché altrimenti ci si
potrebbe trovare di fonte ad una situazione istituzionale molto, molto
difficile da gestire: andare in Vigilanza di fronte ai parlamentari e fare un’osservazione
impegnativa e poi disattenderla completamente. Morale della favola: con un po’ di
buon senso il prossimo 27 non ci dovrebbero essere nomine in questa direzione. Ma,
aggiungiamo, a fil di logica non ci dovrebbero nemmeno essere “aggiustamenti”
sul precedente Piano industriale, dove, sempre a fil di logica e buon senso, ci
si riferisce ad un Piano che è datato oltre 4 anni (presentato a giugno 2018,
dopo una gestazione lunga un anno precedente) e che comunque, fra poche
settimane, sarà scaduto come lo yoghurt. Non solo, ma essendo questo, per
quanto abbiamo scritto prima, una derivazione vincolante del Contratto di
Servizio, che senso avrebbe anticiparne la visione, la cornice entro il quale si
dovrà necessariamente collocare?
A questo proposito, ora veniamo ai giorni
scorsi: il 14 ottobre è stata inviata alla Strutture aziendali Rai una lettera
dove si comunica che “… viene istituito un apposito Gruppo di lavoro incaricato
di coordinare le attività finalizzate alla definizione del testo del Contratto
di servizio per il quinquennio 2023-2027”. Di questo gruppo ne fanno parte diverse
direzioni: legale, CTO, CFO, risorse umane e distribuzione. Si aggiunge che “Il
predetto Gruppo si avvarrà inoltre del contributo di competenza delle Direzioni
Marketing e Ufficio studi e potrà essere integrato, in funzione dei temi
trattati e delle dinamiche negoziali e istituzionali connesse all'iter
procedurale normativamente previsto, dai rappresentanti/contributi di tutte le
Direzioni interessate”. Qualcosa non torna: chi manca? La sola parte che interessa
tutta l’architettura del Contratto di Servizio: la parte editoriale! Incredibile
ma vero! Tutto il Contratto di servizio si regge sugli obblighi di programmazione
editoriale e, formalmente, non c’è nessuno che fa parte del Gruppo di lavoro. È
così.
Siamo andati a rivedere puntigliosamente l’audizione di
Fuortes in Vigilanza dello scorso 12 ottobre che resterà un punto di non ritorno
sul racconto di questa Rai (vedi pure i “misteri gloriosi” che periodicamente
avvengono a Viale Mazzini: caso Fedez tutto ancora da decifrare e caso Sinisi, tutto
ancora da giudicare). Ci sono rimaste in memoria alcune osservazioni: Di Nicola
“… siamo disposti a sostenere le richieste che sono state caldeggiate ma non
prima si sapere che tipo di Servizio Pubblico vuole assicurare al Paese” e poi
la Fedeli “..abbiamo ascoltati i dati ma non la prospettiva”. Ecco, questo il
senso del “mannaggia la miseria” dell’apertura di questo Post: dover assistere
ad un ennesimo palleggio di responsabilità senza fine: la politica che chiede alla Rai
come vede il suo futuro e la Rai che chiede alla politica datemi i soldi pur
non sapendo bene come impiegarli. Mannaggia la miseria …siamo messi male, molto
male!
Chiudiamo con una osservazione sull’intervista di Ciccotti
questa mattina su Italia Oggi a proposito del passaggio al DVB-T2. Alla domanda
su quella parte della popolazione che non è pronta sulla dotazione degli
apparti Tv idonei a ricevere i nuovi segnali, il CTO Rai risponde che “…Noi ragioniamo in termini di
dotazione delle famiglie. Quindi abbiamo lo sguardo rivolto al primo televisore
delle case …”. Ci permettiamo di osservare che, è ormai noto, che la televisione
anche nelle famiglie non si fruisce più sul solo “unico televisore” il vecchio “focolare
elettronico” dei bei tempi passati ma su più device prevalentemente connessi alla
rete. Quali vantaggi ha il Servizio Pubblico a rimanere ancorati a questa
visione? Non ci è affatto chiaro. Rimane che da oggi chi vuol vedere i 9 canali
Rai (Mediaset ne ha spenti solo 3, tanto per capirci) che sono stati dismessi
dalla precedente codifica in MPEG 2 si dovrà dotare o di un nuovo televisore o
acquistare un decoder.
bloggorai@gmail.com