mercoledì 19 giugno 2019

Le chiavi di lettura

Stamattina si è svolta la votazione in Vigilanza sul doppio incarico di Foa in AgCom : 21 a favore e 1 astenuto (maggioranza M5S, PD e LEU). Sembra che Foa non ne voglia tenere conto e andare avanti con il doppio incarico. 

Molti autorevoli colleghi, analisti e studiosi, consumano fiumi di parole nell'interpretazione dei fatti (la dietrologia), noi invece ci vorremmo cimentare nella lettura opposta: la davantologia.

Come si può interpretare il voto di questa mattina e quali potrebbero essere le conseguenze? La prima interpretazione, la più facile e comoda fornita già da ieri, si riferisce ad una specie di vendetta del M5S per il caso di Radio radicale. No, non regge: il problema Foa è più complesso e la politica, per quanto in alcuni momenti decade in basso, ha l'obbligo di guardare avanti e poco interesse a rivolgersi all'indietro. La frittata di Radio Radicale ormai è fatta e non si torna indietro. La vendetta è arte sublime e solitamente non si consuma in modo banale e volgare. 

La seconda chiave di lettura può rintracciarsi nel complesso rapporto tra AD e presidente Rai. Il primo ha sempre sostenuto, forte di pareri richiesti al MISE  e al consulente giuridico dello stesso Foa, Cotone, che la nomina di Foa si poteva fare  e Foa, dal canto suo, ha sostenuto in Vigilanza che lui ha accettato l'incarico per "spirito di servizio" in quanto lo ha chiesto l'AD. Un sottile e perverso gioco di ruoli, competenze e responsabilità che si dipana tutto intorno a capire chi decide cosa a Viale Mazzini. E' noto che, da tempo, in vari ambienti politici, molti sembrano convinti che l'AD ed alcuni delle persone di cui si circonda siano "unfit" (vedi post dello scorso 7 giugno) e quindi il colpo di stamattina sia indirizzato, indirettamente, anche a lui. Ora, il capo azienda, ha due possibilità: o ammette che i pareri siano vincolanti, procede nella sua strada e si schiera avverso al parere (non vincolante) della Vigilanza, oppure prende atto che si tratta di opportunità e necessità politica "inderogabile" (si tratta pur sempre di un organo bicamerale parlamentare) e cerca la strada per tornare indietro e sanare il vulnus. Strada non facile: questa storia di Rai Com e del suo presidente, cela, è bene ricordarlo, un vulnus ancora più grave. Si tratta del dubbio che il canale in lingua inglese, imposto dal Contratto di servizio, possa essere gestito dalla stessa Rai Com. Altro che danno erariale!!! Questo ragionamento poi porta dritto dritto ad un altro ancora più complesso: che fine farà il Piano industriale? Fra pochi giorni verrà reso noto il bilancio 2018 dove si evidenzieranno tutti i problemi delle risorse economiche sul quale farlo poggiare e nessuno al mondo potrà garantire che ci saranno risorse sufficienti per tenerlo in piedi (vedi canone e pubblicità). Sul fondo di questa vicenda, da non dimenticare, si può giocare una partita di fortissimo valore strategico: la poltrona del Tg1 alla quale la Lega potrebbe essere fortemente interessata per chiudere definitivamente l'occupazione manu militari di tutto il primo canale Tv: rete e testata. Filotto! i nomi, un nome in particolare, non mancano. 
Come potrà uscirne Salini? Dovrà fare le barricate per sostenere che la nomina è legittima e, al tempo stesso, evitare di farsi impallinare ogni minuto di ogni santo giorno dai parlamentari che gli hanno vivamente "consigliato" di agire. Oppure, prendere atto che il parere "non vincolante" è più vincolante per lui che non per Foa e quindi agire di conseguenza. Gli strumenti li ha. Saprà farlo? Chiederà all'Azionista (il Mise) di sciogliere l'enigma? Saprà comunicare in modo efficace cosa intende fare? Auguri!

Infine, una chiave di lettura più elevata, suggerita lo scorso lunedì da Concita Di Gregorio sulle pagine di Repubblica. La posta in gioco forte, quella che al tavolo di Poker decide la partita, è quella sulla nomina del Presidente della Repubblica, prevista a gennaio 2022. Lontano? Non troppo. Quale sarà il Parlamento che lo eleggerà? quello attuale dove i rapporti di forza  determinati dalle ultime elezioni politiche o quello che potrebbe essere eletto, qualora si andasse a votare in autunno, con i rapporti di forza prevedibili dopo del voto dello scorso 26 maggio? Il ragionamento diventa sofisticato ma, ridotto ai minimi termini, porterebbe a ipotizzare una exit strategy per il M5S interessante. Mantenere in vita il Parlamento consapevoli che, comunque, i numeri per dare vita ad un Governo diverso da quello attuale potrebbero esserci, magari con il PD. Non è facile ma è possibile. Ecco allora l'ultima chiave di lettura di quanto avvenuto stamattina in Vigilanza: prove tecniche di trasmissione di una maggioranza senza la Lega.
Attenzione: alle porte c'è la battaglia per il rinnovo di AGCom. In quella sede si decideranno le future regole del gioco.

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