giovedì 4 aprile 2019

paura

Chi vi scrive, da ragazzo, ha servito Messa e conosce alquanto bene liturgie e devozione. Da grandicello, ha masticato pane e politica a partire dal liceo. Da allora, ogni mattina recita la preghiera laica con la lettura dei giornali (prima ancora dei Giornali radio). Talvolta invece, come oggi, si rivela un triste rosario pomeridiano. Una sconsolata litania di cose dette e ripetute, note e diffuse, senza speranza e senza prospettiva, con la sola fede dell'apparizione dello Spirito Santo che tutto vede e provvede ma che, purtroppo, tarda ad arrivare.
Intanto oggi, il supplemento del Corriere dedica la copertina alla televisione del futuro dove cogliamo una battuta di Freccero suggestiva: "per rimettere al centro la tv pubblica come bene comune ci vorrebbe un nuovo labourismo". Sottoscriviamo pienamente: lo abbiamo sostenuto nei giorni scorsi, rimettere la Chiesa al centro del villaggio e questo è il Parlamento. La nota dolente è che questo nuovo labourismo, idealmente rappresentato dalle forze politiche in campo, sono lontane anni luce da un nuovo progetto di Servizio pubblico che non sia solo Azienda, numeri, dati e tabelle, ma anche persone, società e cultura. E' possibile coniugare i buoni conti con una buona missione. Ma questa presuppone una visione e, tanto per tornare con i piedi sulla terra, la visione che propone questo Piano industriale è percepita come mera contabilità finanziaria, alchimia di produzione, ingegneria di organizzazione. Fredda, asettica e glaciale come una lama di coltello. Più si legge, più si scava, in questo baratro del Piano, più emergono contraddizioni, incoerenze, buchi e inefficienze che lo rendono, appunto, una macchina con le gomme bucate. E si capisce perchè tanta reticenza a parlarne, a renderlo pubblico, ad aprire il dibattito.

Questo il clima che sembra essersi diffuso a Viale Mazzini. Tra l'altro, incupito da una strana quanto minacciosa ombra: solitamente incontriamo e abbiamo corrispondenza telefonica e telematica con molte persone. Da un pò di tempo a questa parte sentiamo ripetere frasi ambigue, a mezza bocca, tutte ispirate ad una sola parola: timore. Di cosa? di essere scoperti, di essere controllati, di essere spiati. All'inizio, sembravano battute, modi di dire, semplificazioni. Poi, quando cominciavano a ripetersi e tra persone molto diverse tra loro, ha cominciato a farsi forte il pensiero che forse, qualcosa di vero ci doveva pur essere. E abbiamo scoperto che il primo livello di paura sorge quando incombe la minaccia: ti controllo, conosco cosa scrivi e con chi parli, e sono pronto a punirti. Non sarà vero, ma il solo pensiero che possa essere così incute timore. Si chiama semplicemente deterrenza. Ma, abbiamo scoperto, non è del tutto infondata e a quanto sembra, pare, dicono, qualcuno ha cercato di attivare meccanismi sofisticati di "rilevazione di potenziali minacce". Prendiamo il tutto come il solito giochetto vetero complottista e facciamo finta di nulla ... però ...però

Con questo clima, anche noi oggi facciamo un piccolo passo di lato, non indietro per cercare di capire chi c'è, chi non c'è, chi fa finta di esserci, chi fa finta di non esserci, chi vorrebbe ma non può, chi può ma non vuole, che la sa lunga ma non la sa raccontare, chi non sa proprio nulla, chi sa tutto ma interpreta poco, chi le cose le vorrebbe sapere da non sa dove trovarle e così via.

Con la nomina del DG la dirigenza Rai ha ricevuto uno schiaffo notevole. Il messaggio è stato forte e chiaro: non mi fido di nessuno di voi, a partire dai vertici. Se a questo si aggiunge il perfido malumore di sapere che tra la dirigenza apicale ci sono alcuni che guadagnano come l'AD pur avendo invece le responsabilità di un criceto in letargo, il dubbio che qualcosa non torna è sempre più forte.

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