giovedì 7 febbraio 2019

Voltaire

A pensare male si commette gran peccato ma si corre il rischio di indovinare il vero peccatore.
Oggi eravamo indotti ad una sana pausa di silenzio e dedicarci a portare a spasso il gatto e invece, sempre colpa di questi dannatissimi fermacarte di telefoni, siano stati indotti a scrivere qualcosa, così, tanto per tenerci allenati e non far incrostare polvere sulla tastiera.

Lasciamo perdere Sanremo, per carità di Patria, e torniamo sul tema Rai Way che in queste ore sembra tanto a cuore a molte persone. Quanto abbiamo letto lunedi scorso, a firma Aldo Fontanarosa (che se ne intende di piani industriali) è molto interessante. Per evitare errori, citiamo per intero: "Decisioni non ce ne sono. Ma le "province dell'Impero" più ricche sono due: la società delle antenne RaiWay (quotata in Borsa dal 2014) e il patrimonio immobiliare di Milano, a partire dalla storica sede di Corso Sempione. 

La televisione di Stato è socio di maggioranza di RaiWay, di cui controlla il 64,97 per cento. Il decreto del governo Renzi - che fissò i paletti della quotazione in Borsa, nel 2014 - prevede che la Rai conservi almeno il 51 per cento, così da mantenere in mano pubblica la società delle antenne e dei ripetitori.

Ora, anche uno studente del primo anno di Economia sarebbe in grado di ingaggiare una banca di affari come consulente (advisor) con l'obiettivo di mettere sul mercato un'altra quota di RaiWay. Una quota del 13,97 per cento che lascerebbe a Viale Mazzini il 51 per cento di RaiWay.

Questa operazione - che non è decisa e non è ipotizzata al momento in alcun documento della Rai - in teoria porterebbe a un incasso di 168 milioni 606 mila euro. Un discreto tesoretto.

Che l'ad Salini percorra questa strada non è scontato. Prima di spostare anche solo una sedia a RaiWay, il vertice della tv di Stato dovrà ragionare con i ministri dell'Economia, Tria, e dello Sviluppo Economico, Di Maio"
.

Ora, posto che chi ha suggerito questa ardita operazione sia una mente geniale, le domandine semplici semplici potrebbero essere le seguenti. Anzitutto a chi gioverebbe vendere oggi quel 13%? L'azionista di maggioranza (che detiene le azioni potenzialmente in vendita) certamente potrebbe portare in cassa un po di denari (come è stato calcolato tanto millimetricamente quell'importo dalla possibile vendita?) ma, di fatto, perderebbe ulteriore il peso e il valore attuale dell'asset. Si potrà obiettare: meglio vendere oggi che fra un paio di anni quando le antenne potranno essere solo ferro vecchio. Certo che si, ma proprio quest'anno che si profila come quello buono per la costituzione del famigerato "polo delle torri" conviene o no presentarsi al tavolo della trattativa con un valore ridotto?  
Sappiamo che tra i lettori di questo blog ci sono molti autorevoli esperti sull'argomento. Speriamo di poter capire qualcosa di più.
bloggorai@gmail.com

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