martedì 2 luglio 2019

Nati ieri

Ieri sono nate due creature, profumate e linde come due angioletti: Stefano Balassone e Primo Di Nicola. Provenienti da nobili famiglie e da antico lignaggio, con i oro primi e innocenti vagiti ci hanno subito illuminato la scena.

Correva l'anno di Grazia 1989 e nei pressi dell'Ansaldo a Milano venne raggiunto un accordo informale poi rimasto nella storia come il "patto del camper" tra Craxi,  Andreotti e Forlani. La leggenda racconta che facesse parte di quel patto anche la prima "spartizione" dell'etere dove l'amico e sodale di Craxi, Silvio Berlusconi, avrebbe ottenuto maggiori spazi per le sue emittenti. Tra i dettagli, sembra ci fosse anche la ripartizione delle fasce orarie e tipologie di ascolti tra Rai e Mediaset. A farla breve, alla seconda sarebbe andata in dote la fascia "tv dei ragazzi". La leggenda racconta ancora che  il Servizio Pubblico abdicasse alla storica fascia del pomeriggio dedicata ai bambini che, da allora, non si è più ripresa, salvo dover recuperare nei canali specializzati con ascolti da prefisso telefonico.
Tutto questo per dire che, da allora, 1989, sono passati tanti anni e durante gli anni si sono succeduti, in ordine, ministri, sottosegretari, capi di gabinetto, presidenti di Consiglio di amministrazione, consiglieri, direttori di reti e testate e via discorrendo tutti appartenenti alla antica e gloriosa tradizione della sinistra democratica italiana nelle sue più diverse e articolate sfaccettature. Molti di costoro, ancora in questi giorni, hanno la forza, la voglia e il coraggio di raccontare, spiegare, interpretare i fenomeni della televisione e più in generale dei sistemi radiotelevisivi. Mannaggia la miseria: mai una volta  è capitato di leggere o ascoltare qualcuno di loro che non dico un autocritica (troppa grazia) ma uno spunto di riflessione sul perchè e sul per come, dopo tutto quello che hanno fatto (o che non hanno fatto) ci ritroviamo con una Legge come quella attuale e con un diffuso sistema di valori, orientamenti culturali, linguaggi e comportamenti collettivi come quelli attualmente diffusi ad apprezzati. Tra questi, appunto, la prima delle due creature citate che appunto ieri ci ha illuminato dalle colonne di Repubblica su una trasmissione Mediaset.

La seconda creatura (M5S, vicepresidente della Vigilanza) ieri ha rilasciato una succosa intervista a la Notizia dove ci dice che: "La Rai non è solo lottizzazione, sprechi e nuovi palinsesti, ma è soprattutto servizio pubblico, essenziale per una sana democrazia. Tradire questo principio, peraltro senza mostrare la minima voglia di cambiare nonostante le decennali lamentele di utenti, associazioni e Parlamento, dà ragione a chi sostiene che la Rai è irriformabile. Se così stanno le cose è lecito chiedersi se vale la pena spendere tante risorse per un'azienda, giornalisti in testa, che sembra andare in un'altra direzione" e poi aggiunge ""Noi crediamo molto al Piano industriale dell'Ad Salini per una Rai rinnovata nell'organizzazione e nei programmi.". Le due frasi si elidono da sole: chi tradisce cosa? Chi avrebbe dovuto esse l'artefice e il promotore del cambiamento in Rai ??? La Legge non lascia dubbi: la responsabilità della gestione dell'Azienda è tutta dell'AD ed è appunto la stessa persona che rivendica a se anzitutto il Piano Industriale (altra perla di saggezza !!!) e poi, ha ribadito con vigore la legittimità della sua scelta per la nomina di Foa come presidente di Rai Com. Nella prima frase, inoltre, ricorre un antico pensiero che speso e volentieri farfuglia in molte menti: il canone Rai. Ci si chiede (Salvini lo ha minacciato più volte direttamente) perchè gli italiani debbano pagare il balzello in cambio di cosa? In questi giorni si parla (e rischia il Governo) di Concessioni di Stato per le grandi infrastrutture: anche la Rai è una di queste, la più grande "infrastruttura" culturale" del Paese. Non ci stupirebbe se qualcuno avesse voglia di rimetterla in discussione, come talvolta in passato è avvenuto.

Compito di questa dirigenza, di questo AD , di questo Consiglio dare riposte convincenti e condivise che, a quasi un anno dal loro insediamento, non sembra siano venute (oggi siamo buoni). 

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