lunedì 15 ottobre 2018

frequenze 2, la vendetta

In dialetto milanese si usa dire: "Offelle, fa el so mestee". Ognuno cerchi di occuparsi di quello di cui è capace. Chi vi scrive non è ingegnere e si trova in un certo disagio quando si tratta di algoritmi, di tecnicalità, di differenza elementare tra Vhf e Uhf. Forse, è in buona compagnia di tanti altri colleghi che, sull'argomento, sulle pagine dei giornali, si astengono dallo scrivere. Eppure, in questi giorni, il tema è di particolare interesse e riguarda tutti, compresi quelle decine di milioni di telespettatori che vorrebbero proseguire a guardare i canali Rai senza doversi esporre a pagare altri soldi.

Abbiamo scritto che la scorsa settimana la Rai ha presentato un ricordo al Tar per richiedere l'annullamento del Piano Nazionale delle frequenze 2018 in quanto danneggia il Servizio Pubblico. Abbiamo pure scritto, di avere un documento riservato Rai dove in nove pagine datato giugno 2018 tutto questo è dettagliatamente previsto, nei tempi, nei modi e nei costi.
Abbiamo, infine, scritto che si possono fare due letture. Una tecnica, ingegneristica, e una politica.

Proviamo a seguire questa seconda pista. I fondamentali storici della questione sono abbastanza recenti e vale la pena ricordarli. A valle delle disposizioni comunitarie sull'uso razionale delle frequenze in vista dello sviluppo del 5G, il governo di centrosinistra degli anni precedenti conclude il suo "mandato" con la legge finanziaria dove, all'art. 89, si prevede dettagliatamente il cronoprogramma della transizione. Sul finire dello scorso anno si delinea un "combinato disposto" tra la necessità di sottoscrivere una nuova Convenzione tra Stato e Rai, un nuovo Contratto di servizio (che richiede attuazioni molto gravose senza alcuno straccio di copertura economica) e l'applicazione della nuova Legge finanziaria. Inoltre, per quanto riguarda Rai, è bene ricordare la "vacatio" del ruolo di CTO dopo le "dimissioni" di Valerio Zingarelli. Infine, con i primi mesi del 2018, va a concludersi il mandato del CdA di Viale Mazzini con la vecchia legge e l'avvio della nuova del 2015 con quanto di nuovo viene inserito nella governance Rai.

Come direbbe Guccini: "ma s'io un giorno avessi previsto tutto questo, dati, causa e pretesto ...".

Dove si indirizza la riflessione? porta dritto verso il cuore del problema: da che parte si intende "spingere" il Servizio Pubblico radiotelevisivo? come lo si intende sostenere? con quali prospettive, con quali risorse economiche? che la nuova direzione imposta dalla direttive comunitarie minacciasse  il panorama della Rai era noto, e non da poco. Che l'art. 89 non fosse proprio un regalo di Natale per l'Azienda era pure cosa nota da tempo, prima ancora che venisse scritto. Che sul tema innovazione tecnologica sul fronte gestione frequenze ci fossero gravi deficit a riguardo degli investimenti pure è cosa nota. In parole semplici: chi e perchè spinge la Rai verso il mondo delle difficoltà invece che quello delle opportunità? Un nostro autorevole interlocutore ci propone la storiella della cicala e della formica: invece di ottimizzare le risorse e investire in innovazione, si è puntato tutto sulla redistribuzione degli utili agli azionisti.
Oggi tavolo "tecnico " al Ministero. Un lettore ci ha posto un interrogativo: ma se era noto che il nuovo Contratto di servizio poneva, e pone, grandi problemi all'Azienda, che fretta c'era di firmarlo?

Angelo Zaccone Teodosi, sulle pagine di Key4Biz, ha definite questo tema un "epifenomeno":
https://www.key4biz.it/ilprincipenudo-stallo-rai-vicenda-siae-gara-per-la-banda-700-sistema-culturale-italiano-senza-un-filo-conduttore/231834/

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