giovedì 15 giugno 2023

Il "berlusconismo" in RAI e Mediaset sull'orlo di una crisi di nervi


Parafrasando un testo molto citato in questi giorni ci verrebbe da dire “Non preoccupa Mediaset in se ma Mediaset dentro di me” ovvero “dentro” la RAI. Proponiamo una rapida rassegna di “osservazioni in libertà” … condizionata.

Si chiude un capitolo con la scomparsa di una persona artefice e padrone della televisione commerciale ma non si chiude quello di ciò che ha significato, di quanto ha pesato e influito nella televisione pubblica e di quanto potrà pesare ancora. Anzi, per paradossale che possa sembrare, il confronto/scontro sarà più problematico ora che non nel recente e lontano passato. RAI e Mediaset, infatti, si trovano entrambe sull’orlo di una crisi di nervi dove gli ascolti, le risorse e le tecnologie sono gli elementi sensibili.

Per la RAI l’uscita di scena di Berlusconi cosa potrà significare? Forse ancora troppo labili e prematuri gli equilibri esterni (politici) e interni (nuovo CdA) che si andranno a configurare già dai prossimi giorni per avere un quadro attendibile. Però qualche segnale si può cogliere per azzardare qualche sommaria e provvisoria riflessione. Intanto cominciamo a dividere gli scenari che, seppure giocoforza, si intrecciano fortemente tra loro.

Scenario A: Mediaset oltre se stessa. Che ne sarà di Mediaset, in Italia e in Europa? Abbiamo posto l’interrogativo e scritto in epoca non sospetta: per la “famiglia Berlusconi” è più conveniente vendere, mantenere o rilanciare? Le possibili alchimie finanziarie e le reali intenzioni testamentarie sono ancora tutte da scoprire. Certo è che l’Azienda Mediaset, ovvero la televisione generalista commerciale in senso stretto direttamente concorrente alla RAI, nelle condizioni attuali, rappresenta più un peso che un’opportunità: la sola fonte di profitto è la pubblicità che naviga in un mare sempre più asfittico e fortemente conteso. La sfida con le nuove piattaforme è ormai declinata verso la rinuncia. Non ci sono risorse per investimenti rilevanti in produzioni vendibili in Italia e all’estero e il solo fronte che ancora regge è l’intrattenimento leggero alla Maria De Filippi &C. Troppo poco e poco strategico per reggere la baracca. Lo scontro, dentro e fuori la famiglia, sarà tutto di carattere “filosofico esistenziale” oltre che strettamente di mercato. Disfarsi di un peso e vendere al migliore acquirente (cordata italiana con Cairo o estera e si dovrà vedere se e come potrà essere possibile) come vorrebbe una parte della famiglia per poi pensare ad altro? Ipotesi probabile: complessa ma percorribile. Oppure mantenere la posizione in attesa di tempi più chiari, sia dal punto di vista finanziario che “politico” nonché editoriale? Poco complessa e facilmente sostenibile. Infine, rilanciare in cerca di nuova prospettive? Difficile, molto difficile. Mediaset non ha dato prova finora di grandi capacità di innovazione e per esplorare nuove frontiere occorrono soldi e tanti, nonché visioni strategie che non sembrano emergere.

Scenario B: Mediaset dentro Viale Mazzini. Il “berlusconismo televisivo” variamente inteso si è incuneato profondamente nel DNA del Servizio Pubblico, da anni. E’ avvenuto nei linguaggi, negli stili, nei modelli, in buona parte dell’offerta editoriale puntata allo stesso serbatoio di telespettatori ormai invia di estinzione. La rincorsa verso i “giovani” che, nel migliore dei casi, hanno un’età che oscilla intorno ai 40 anni e più, vede RAI e Mediaset accumunate da un destino comune di lento, inesorabile e progressivo declino a tutto vantaggio di altre piattaforme e altri modelli di consumo televisivo. Questo retaggio sarà difficile da recuperare, si può dare quasi per acquisito. Il tanto ripetuto e annunciato passaggio ad una “media company” è solo sulla carta e somiglia spesso più ad un annuario di buone intenzioni che ad un progetto strategico organico e strutturato: vedi mancanza di un Contratto di Servizio e confusione sul suo relativo e conseguente Piano Industriale (bozze approvate nei giorni scorsi prima ancora di sapere se e come verrà toccato il canone). La domanda che spesso si pone è: a Mediaset che tipo di concorrenza RAI è più conveniente? Finché il Servizio Pubblico si limita a “stare nel suo” recinto di quota pubblicitaria può andare anche bene ma se invece, come potrebbe essere necessario, dovesse smarginare per compensare i magri budget che si prospettano, allora meglio premere per un suo contenimento e quindi, mantenere o forse aumentare il canone (vedi la posizione del DG Rossi). Come scritto più volte: sarà questa la sola grande battaglia dei prossimi mesi.

Ecco allora che ci si avvicina ad un ambito di riflessione subordinato e relativo: i rapporti politici interni a Viale Mazzini. Da un lato il fronte “governativo” di stretta osservanza (meloniani DOC) e dall’altro i governativi di “lotta e di governo” (Lega). Le fazioni in campo, proprio a partire dal nuovo scenario politico che si potrà configurare in vista dell’assalto alla diligenza dove viaggia il bacino elettorale di Forza Italia verosimilmente allo sbando, non faranno prigionieri su chi e come si dovrà gestire l’Azienda nei prossimi mesi, in vista di uno scontro politico cruciale ovvero le elezioni europee del 2024 dietro l’angolo. Attenzione: sarà l’anno in cui coincide la scadenza di questo CdA. 

Da aggiungere una nota a margine (molto a margine): che partita potrà giocare il M5S? Finora poco o nulla se non invocare “stati generali” di futura realizzazione mentre in Cda si vota a geometria variabile, più o meno in alleanza con il PD che pure, sul tema RAI, merita un capitolo di enciclopedia tutto da scrivere su pagine bianche.

Poi c’è lo “scenario Mediaset oltre Viale Mazzini” con una incognita sempre di grande attualità: il famigerato “polo delle torri” con la probabile e possibile vendita di parte della quota residua di RAI Way. Per Mediaset rimane sempre un bocconcino appetibile quanto invece potrebbe non esserlo per RAI, nelle condizioni che si prefigurano (chi ne avrà il controllo societario?).. anche in questo caso, l’intreccio con altre partite esterne (vedi TIM) è talmente forte che ogni previsione in ordine ai tempi e al merito è fortemente azzardata. I soli a godere sono gli azionisti di entrambe le parti che ogni qual volta si parla di fusione realizzano profitti azionari di grande interesse.  

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