lunedì 22 dicembre 2025

RAI: la scuola del crimine in TV

By Bloggorai ©

Riassunto delle puntate precedenti. Il “caso” di Garlasco è divenuto un fenomeno mediatico senza precedenti: secondo una recente indagine, le ore di trasmissione in Tv da quando è avvenuto il delitto di Chiara Poggi nel 2007 sono oltre 9.000, pari a oltre un anno di immagini ininterrotte,  ponendo questo delitto tra i più “raccontati” in televisione suscitando grande dibattito e ponendo riflessioni importanti. Vedi le recenti dichiarazioni di Barbara Floridia, presidente della Vigilanza Tv “TeleMeloni diventa TeleGarlasco”.

Questa vicenda riassume un tema antico: il racconto e la rappresentazione del male, del crimine, del dolore e del dolore, risale nella nostra storia, ha radici profonde, è “il frutto malato di un albero avvelenato”. Nella cosiddetta “narrazione” di questo genere, la Rai, il Servizio Pubblico radiotelevisivo ha avuto da sempre un ruolo fondamentale nel sostenere, diffondere, alimentare e radicare l’orientamento e l’appagamento del pubblico in questo ambito. Non ci sbagliamo di molto se proviamo ad ipotizzare che è avvenuta una sorta di “mala educazione” televisiva.

Infine, il “racconto” del male, del crimine più o meno violento o organizzato, è uno “strumento” politico in grado di riscuotere un vasto consenso elettorale. Abbiamo ricordato il Rapporto Censis del 2008 con “La fabbrica della paura” e il tema della “sicurezza” come argomento di grande sensibilità sociale e quindi politica: la paura della guerra, dei migranti, dei diversi. Nasce il “paurismo” come dimensione e paradigma di racconto sociale, politico e culturale e la cronaca nera è il grimaldello televisivo con il quale si sostiene.

Bene, ci siamo occupati sommariamente dei “teleromanzi” poi diventati “fiction” e ora ci rivolgiamo al genere “infotainment” ovvero quando la cronaca nera diventa “giornalismo d’inchiesta” e assume la forma di spettacolo da prima serata.

La data di inizio ufficiale della Tv del dolore e dell'orrore sugli schermi Rai l'abbiamo ricordata: 10 giugno 1981 con Alfredino Rampi a Vermicino e oltre 15 milioni di telespettatori ad assistere al dramma in diretta. 

Poco tempo dopo, metabolizzato il fatto, il "genere cronaca" più o meno nera ha avuto inizio nel 1985 con quella che, tutt’oggi, è tra le trasmissioni più longeve della storia Rai: “Un giorno in Pretura” condotto da Roberta Petrelluzzi. Il programma, a sua volta, era ispirato ad uno precedente “In Pretura” e si occupava di “cronaca minore” ovvero piccoli reati, liti, maltrattamenti familiari. Poi, visto il crescente successo, venne allargato il perimetro di attenzione verso i “grandi crimini” come ad esempio il delitto del Circeo o i grandi processi di mafia e di Tangentopoli.

Successivamente, era il 29 settembre 1987, andava in onda “Telefono Giallo” condotto da Corrado Augias che, poco tempo dopo, dichiarò: “Rappresentò l'ingresso ufficiale della cronaca nera nella televisione italiana era la prima volta che un programma settimanale rifletteva sulla cronaca nera aprendo un capitolo che poi si sarebbe dimostrato fecondissimo”. Una visione profetica: la trasmissione si è occupata non solo di grandi fatti cronaca nera, omicidi irrisolti (Orlandi, Via Poma etc) ma anche le stragi di mafia e Ustica.

Mentre Telefono Giallo si appresta a declinare, inizia nel 1989 “Chi l’ha visto” condotto da Donatella Raffai e Paolo Guzzanti. La trasmissione trova spunto da una felice rubrica di Portobello condotto da Enzo Tortora e si occupa inizialmente di persone scomparse per poi indagare su grandi casi di cronaca nera, come in questa stagione Federica Sciareli con Garlasco.

In quegli anni il “genere” crime si era affermato e nel 1994 inizia la fortunata stagione di “Storie maledette” condotto da Franca Leosini. La trasmissione, attraverso una sorta di interrogatorio (condotto in carcere) con il/la protagonista della storia, indagava sul versante intimo e profondo della mente criminale (grande successo l’incontro con Pino Pelosi e Gigliola Guerinoni). La trasmissione è andata in onda per 17 edizioni (fino al 2020) e 6 edizioni speciali oltre a numerose repliche. In epoca recente, un approccio simile è stato ripreso da “Nella mente di Narciso” condotto dalla nota criminologa Roberta Bruzzone.

Nel 2010 inizia la serie di “Blu notte” condotta da Carlo Lucarelli che si occupa di “casi irrisolti” non solo di cronaca nera: dalla P2 alla banda della Magliana, dalle vicende di Cosa nostra ai fatti di Genova al G8.

Arriviamo al palinsesto Rai contemporaneo dove la cronaca nera e il racconto del crimine trova grande spazio: si spazia da “Linea di confine” condotto da Antonino Monteleone al “Belve crime” condotto da Francesca Fagiani; da “Cronache criminali”, condotta da Giancarlo De Cataldo a “Ore 14 -Sera” condotto da Milo Infante e “Storie Italiane” condotta da Eleonora Daniele per finire con “Far West” condotto da Salvo Sottile e “lo stato delle cose” condotto da Massimo Giletti.

Il “tema” è presidiato in tutte le fasce orarie: dalle prime ore del mattino fino a tarda sera e si estende oltre il broadcast su Rai Play con una sezione “crime” appositamente dedicata. È difficile tirare una somma complessiva delle ore di trasmissione di fiction, di informazione dei Tg e di programmi di intrattenimento e approfondimento di questo genere che la Rai manda in onda. Sappiamo però che, secondo quanto riportato da recenti studi dell’Osservatorio di Pavia e dal Rapporto Demos-Unipolis, l’Italia è il Paese europeo con il più elevato numero di ore di trasmissione dedicate alla cronaca nera.   

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ps. Ci sarebbe qualche notazione da fare su vicende Rai, come il taglio di 10 milioni previsto dalla Legge di Bilancio. Ne parleremo … forse. 

venerdì 19 dicembre 2025

La RAI familiare del prossimo anno

By Bloggorai ©

Care compagne, cari compagni … care amiche e cari amici … cari parenti vicini e lontani … state sereni e passate Buone feste. Non vi fate pensiero sulla Rai e sul Servizio Pubblico, rassegnatevi e pensate ad altro. Non c’è fretta, abbiate pazienza, almeno fino a gennaio, forse. Poi, con calma, si vedrà. Ma, mi raccomando, non seguite le “voci”, i “sentito dire” o, peggio ancora, le buone intenzioni di chi vorrebbe, spera, in un gesto “forte” dell’opposizione su questo tema.

Non vi fate pensiero sul canone, sulla riforma, sull’EMFA, sul Presidente pro tempore, su RaiWay, sugli ascolti, sull’offerta editoriale, sul Piano industriale o su qualche altro Piano … non ne vale la pena.

Vi avevamo anticipato che ieri ci sarebbe dovuto essere un incontro tra i capigruppo dei partiti di opposizione in Vigilanza Rai per valutare una iniziativa parlamentare addirittura “clamorosa”. Tranquilli, sereni, sobri e pacati: se tutto va bene, forse, se ne parlerà a gennaio, con calma. E poi Bloggorai se la prende con questo Cda, se la prende con i consiglieri di “opposizione” di Majo e Natale? E cosa gli vuoi dire se poi i loro partiti di riferimento, M5S e AVS, spariscono dai radar? Il PD fa quello che può, quasi nulla e tanto basta.

Ciò detto andiamo avanti, ovvero indietro. Abbiamo letto di tanto clamore per la vicenda che vede coinvolto il presidente pro tempore Marano. Tanto rumore per nulla. La cosiddetta “parentopoli” in Rai ha radici lontane ed illustri, anzi illustrissime: a leggere il lungo elenco si trovano nomi antichi e autorevoli: da Leone a Augias, da Bernabei a Agnes, da Milano a Valmarana, da Angela a … vedi questo vecchio post del 2008 https://camarille.blogspot.com/2016/02/parentopoli-della-rai.html .

Per oggi sulla Rai e dintorni basta e avanza.

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giovedì 18 dicembre 2025

RAI: le piccole storie ignobili (o inattendibili)

By Bloggorai ©

Vale la pena raccontare “piccole storie ignobili”? forse che si ... forse che no. Andiamo avanti con il forse che si: è la somma delle piccole storie con la quale si compongono e leggono le grandi vicende. 

Allora, ieri Repubblica fa uno scoooppino … ino ... ino e pubblica un pezzo, a firma della solita bene informata Giovanna Vitale, con il titolo “Assunto a Rai Pubblicità il “genero” di Marano”. Per chi non lo sapesse, Antonio Marano è l’attuale presidente Rai pro tempore o anziano che dir si voglia, ovvero ricopre quell’incarico perché la Vigilanza non riesce a riunirsi per ratificare la nomina che la maggioranza vorrebbe in capo a Simona Agnes. Tutto molto torbido, ai confini della legittimità: lui, seppure pro tempore, è stato nominato presidente di Confindustria RadioTv e lei, seppure consigliera semplice, è stata nominata nel Board dell’EBU. Tutti hanno taciuto. La vicenda della presidenza va avanti da oltre un anno e il problema non sembra scuotere più di tanto.

Fatto sta che in questo articolo si legge che “ … Quello che però non si sapeva almeno affinché l'indiscrezione non ha cominciato a circolare mandando in fibrillazioni piani alti di Viale Mazzini è che il prode ex direttore di Rai 2 non si è limitato a esaudire le richieste della sua vorace famiglia politica ma ha pensato molto, e anche bene, alla sua famiglia naturale attento in particolare alle sorti del fidanzato della figlia assunto in una delle società controllate dall'emittente di Stato” … “Subito informato l’AD della capogruppo Giampaolo Rossi è andato su tutte le furie per motori per motivi di opportunità innanzitutto Marano e il presidente facente funzione non funzionare qualsiasi”. Se non che, ieri mattina, a margine del Cda, è stata diffusa una nota dove si legge che “quanto riportato dall'articolo in oggetto, è da ritenere non attendibile nella ricostruzione e quantomeno diffamatorio nella titolistica del pezzo giornalistico. Per questo sono a richiedere un audit extra piano volto a verificare e asseverare il rispetto delle procedure aziendali e la correttezza delle relative condotte”. Fenomenale!!! Pagheremmo volentieri il caffè a chi ha scritto questo testo. È stata inventata una categoria di articoli che ci era ignota: l’attendibilità. In genere un articolo o contiene una notizia o non la contiene. Può succedere che la notizia sia falsa oppure inventata di sana pianta ma difficile definirla “non attendibile”. Il diretto interessato invece se ne guarda bene da scrivere chiaro e tondo che la notizia è falsa o inventata e magari minaccia una querela. Salvo poi aggiungere, con un raro avvitamento linguistico, che ci sia un problema di “titolistica” che lo stesso correttore automatico del Pc fatica a riconoscere come termine. La perla di saggezza finale si raggiunge quando Marano invoca un audit, ovvero una indagine interna: guarda caso che la Direzione Internal Audit è affidata proprio alla sua responsabilità cioè come dire che Marano indaga su Marano quando invece il Codice Etico Rai prevede che queste “segnalazioni” siano di competenza del Collegio Sindacale.  Ci possiamo consolare: tra poco di questa storiella nessuno saprà più nulla: “faranno sapere”.

Andiamo avanti e chiudiamo la giornata di ieri del Cda con un gioiello di famiglia ripescato dal vecchio como’: è stato approvato “People 25, un progetto strategico che mette insieme formazione, innovazione e sperimentazione editoriale per valorizzare le risorse interne e a tutela dei format autoprodotti". Accipicchia, che felicità: un clamoroso ritorno al passato di “Serra creativa” dell’ormai lontano 1999 grazie a quel genio paladino del Servizio Pubblico di Celli, il padrino della “esternalizzazioni”. Dopo di che ci sono stati altri esperimenti “creativi” compresa una magnificente apposita “Direzione Nuovi Format” insediata nel 2020. Se qualcuno ha notizie di cosa ha prodotto può scrivere alla nostra mail. Ne terremo conto.

Morale della favola, che gli vuoi dire a questo Cda? Che gli vuoi dire a questi consiglieri?

Forse, forse, qualcosa lo potranno dire i partiti di opposizione che, come vi abbiamo anticipato ieri, oggi si incontreranno per mettere in piedi una “forte” iniziativa parlamentare. Ci riusciranno? Bloggorai è pessimista a priori. Da quello che abbiamo intuito, c’è malumore in giro interno ed esterno. Interno tra i partiti ed esterno verso i consiglieri di Majo e Natale. I fantasmi del passato, a volte, ritornano. “Vedremo… vedremo …” disse il cieco mentre osservava l’orizzonte.

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mercoledì 17 dicembre 2025

FLASH RAI

Domani possibile incontro capigruppo partiti di opposizione in Vigilanza Rai.

L'obiettivo potrebbe essere prendere una iniziativa parlamentare "forte" nei primi giorni del prossimo gennaio.

Tanti i dossier aperti: crisi istituzionale per la mancata nomina del Presidente; incertezza sulle risorse; riforma e EMFA; stato di attuazione dei piani industriale, editoriale e immobiliare: ascolti; informazione con Report, Petrolio e Il fattore Umano.  

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La "Mala Education": lo spettacolo del crimine in Tv (paga e bene)

By Bloggorai ©

L’overdose mediatica di “Garlasco” è solo il frutto avvelenato di un albero malato da molto tempo. Le sue radici, profonde e antiche, sono impregnate di tossine. Lo stupore e il fragore che si avverte appaiono del tutto ingiustificati. Sono decenni che la “narrazione” sociale si alimenta e si sostiene con il racconto del crimine, della paura e del “male” in ogni sua forma e, nella civiltà delle immagini, prende sostanza e forza nella televisione. 

La Rai, come abbiamo accennato, sin dal suo inizio negli anni '50 è stata levatrice ed educatrice di questo genere di racconto infinito. Prima ancora, sono millenni che il “dolore e l’orrore” vengono rappresentati e spettacolarizzati: ci sono solo poche decine di generazioni (circa 80) che ci separano dal Colosseo dove gli abitanti di Roma antica pagavano o venivano pagati per assistere allo spettacolo della morte in diretta. A questo proposito, abbiamo già ricordato il “record” primo e assoluto della diretta tv avvenuto con la tragedia di Vermicino dove sono stati raggiunte punte di telespettatori mai più eguagliati: circa 25 milioni.

11 marzo 1984: va in onda su Rai Uno la prima puntata de “La Piovra”. La trama racconta di omicidi solo apparentemente di mafia mentre sullo sfondo si intravvede il torbido intreccio tra banchieri, logge massoniche e trafficanti di droga.

Negli anni e nelle stagioni successive, fino al 1991 con un enorme successo di pubblico (è tra i prodotti Rai più esportati nel mondo), i racconti televisivi de "La Piovra" saranno sempre concentrati sullo stesso filone “narrativo”: legami profondi e solidamente connessi tra politica, finanza, massoneria, corruzione e criminalità organizzata. Le vicende narrate seppure liberamente ispirate dalla fantasia, prendono spunto da quanto succedeva realmente in quel periodo in Sicilia e non solo. Erano proprio gli anni della P2, erano gli anni dei servizi deviati, erano gli anni delle “coperture” politiche ai grandi affari della criminalità organizzata.  Merita rileggere quanto scritto sul sito di Art. 21 con il titolo “Berlusconi, la Piovra e la P2” (vedi https://archivio.articolo21.org/986/notizia/berlusconi-la-piovra-e-la-p2.html ). Sarà lo stesso Berlusconi a dichiarare prima nel 2009 “Se trovo chi ha fatto le serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia facendoci fare brutta figura nel mondo, giuro che lo strozzo” per ribadire successivamente il concetto l’anno successivo “La mafia, la camorra e le altre organizzazioni criminali sono una patologia terribile per il nostro Paese. Ne paghiamo l’esistenza anche per l’immagine all’estero dell’Italia. Abbiamo avuto la brutta abitudine di produrre fiction sulla mafia che hanno portato questa negativa immagine dell’Italia in giro per il mondo. Spero che questa moda sia ormai finita”.

Nel decennio successivo alla Piovra si vedono arrivare sullo schermo i grandi classici che segneranno profondamente la storia del “moderno” crimine televisivo. L’inizio di questa nuova stagione è “moderato” con l’approccio familiare e tranquillizzante del “Maresciallo Rocca” in onda dal 1996 al 2005 (a Rai Uno, direzione Delai, venne creato un gruppo di lavoro apposito per definire le caratteristiche “sociali” del personaggio). A Gigi Proietti nei panni del carabiniere detective si sovrappone un’altra serie di grande successo (che proprio recentemente ha avuto un aggiornamento): "Don Matteo", una sorte di remake del noto “Padre Brown” all’italiana. Dal 7 gennaio del 2000 al 24 dicembre 2024 sono andate in onda 14 stagioni con circa 265 episodi. In ogni puntata il tema era un omicidio avvenuto tra le cittadine umbre di Gubbio e Spoleto: un tasso così elevato di crimini efferati in due piccole comunità di provincia non si riscontra nemmeno nei peggiori quartieri delle grandi metropoli più malfamate.

Il racconto del male in chiave “regionale” televisiva rende bene, forse benissimo: nel 1999 inizia la serie de “Il Commissario Montalbano” che pure dopo oltre 15 anni viene ancora riproposto in replica sempre con grande successo di telespettatori (le ultime puntate propri nelle scorse settimane). Vanno in onda 14 stagioni per un totale di 37 episodi: in alcuni i “morti ammazzati” sono più di uno (La Gita a Tindari) e raccontano circa 70 omicidi.

Arriviamo presto alle stagioni del crimine organizzato raccontato in tv. Tutto inizia con la Banda della Magliana e le sue gesta svelate in “Romanzo Criminale”, in onda dal 2008 al 2010. Seguirà “Squadra antimafia” nel 2009 (una specie de La Piovra aggiornato) e poi la tanto discussa serie di “Gomorra” a cui farà seguito il “genere” crime che si afferma definitivamente e sbarca sulle piattaforme: nel 2017 inizia su Netflix la serie “Suburra”. Da non dimenticare che, nel frattempo, vanno in onda sempre con un certo successo televisivo, le serie di “Rocco Schiavone” (dal 2016), “I bastardi di Pizzofalcone” dal 2017 e “Il Commissario Ricciardi” dal 2021.

A proposito di Gomorra, proprio nei giorni scorsi il suo autore Roberto Saviano ha scritto una pagina interessante sul Corriere, riportando il “racconto del male” alla stretta attualità politica con il titolo “La Legge Omertà sulle serie Tv”. Si tratta di una iniziativa politica della deputata Varchi di Fratelli d’Italia che vorrebbe introdurre il reato di “apologia e istigazione” del comportamento mafioso. Si tratta, come scrive Saviano, di una proposta di legge che punta a colpire lo svelamento della macchina criminale in ogni sua forma, compresa ovviamente quella parte di stretta collusione con i vari servizi deviati, logge più o meno occulte e poteri forti di vario genere.

Eccoci tornati al punto di partenza di queste sommarie riflessioni con l’interrogativo che abbiamo già posto: il racconto del male, del crimine in Tv, è un “fatto” ovvero uno “strumento” politico?

Andiamo avanti ed entriamo nell’intrattenimento, nello spettacolo “live” della narrazione criminale in televisione.

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ATTENZIONE: è in arrivo una notizia FLASH

lunedì 15 dicembre 2025

Ogni giorno ... nella nostra Savana ...

By Bloggorai ©

Ogni giorno nella nostra Savana qualcuno si sveglia e si pone problemi. Ogni giorno nella nostra Savana qualcuno si sveglia e si chiede quale potrebbe essere il “ruolo” ovvero il futuro della Rai o del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Magari non trovando facile ed immediata risposta, si pone il dubbio se chiedere conforto e progetto all’IA, visto che l’Intelligenza Naturale non è in grado di rispondere: vedi riforma Rai prossima ventura, vedi la figura del “presidente” protempore, vedi la mancata applicazione dell’EMFA e così via trotterellando.

Viceversa, ogni giorno nella nostra Savana qualcuno si sveglia e non si pone problemi sul “ruolo” (un consigliere a caso) della Rai e del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. 

Qualcuno si sveglia e non si pone problemi sull’informazione: che fine ha fatto l’indignazione sull’attentato a Ranucci? Cosa sappiamo sulle quattro puntate di Report soppresse e il ripristino al lunedì della trasmissione? Perché “Petrolio” non va più in onda? È vero o non è vero che “Il fattore Umano” corre il rischio di non andare più in onda perché la Rai non ha la “copertura finanziaria” (35 mila euro a puntata? È vero o non è vero che “Far West” in onda su Rai Tre fa ascolti da prefisso telefonico al costo modico di 400 mila Euro? È vero o non è vero che una certa Monica Setta va in onda contemporaneamente su Rai Uno e Rai Due? Per non dire del suo prezioso contributo su Radio Rai? E così via trotterellando nella nostra Savana. Nota a margine: Mediaset sta pensando all’informazione regionale.

Ancora, ogni giorno nella nostra Savana qualcuno si sveglia e non si pone problemi sul “ruolo” (un consigliere a caso) della Rai e del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. 

Qualcuno si sveglia e non si pone problemi sul futuro economico dell’Azienda. Ci sarà o meno il minacciato taglio di 30 milioni (10 per anno) dalle risorse previste dal canone? Come si prospetta il bilancio di fine anno e in che termini, con quali certezze di risorse si può progettare il futuro? Quali sono le “ottimizzazioni” e le razionalizzazioni della spesa che da anni richiede la Corte dei Conti? A che punto è il Piano Immobiliare? E, in particolare, a che punto è la “faccenda” della vendita scellerata di Corso Sempione per passare a Mecenate e poi da Mecenate a Portello? Vendere per andare in affitto in altra sede? Già che parliamo di immobili: ci sono le risorse (120 milioni) per avviare la ristrutturazione di Viale Mazzini? E, già che ci siamo sui “piani”: il famigerato Piano Industriale, i fantascientifici “KPI”, la stratosferica Digital Media Company (mi raccomando: non di Servizio Pubblico, non si sa mai che qualcuno poi ci crede) che fine hanno fatto? Nota margine: la vendita/cessione di quote Rai Way sono svanite nella nebbia e il MoU è stato rinvito a tempi migliori. Sono quasi 10 anni che se ne parla.

Ancora, ogni giorno nella nostra Savana qualcuno si sveglia e non si pone problemi sul “ruolo” (un consigliere a caso) della Rai e del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. 

Qualcuno si sveglia e non si pone problemi sul futuro editoriale dell’Azienda. Ogni giorno, nella nostra Savana, intorno alle 10.15 Auditel ci conferma che gli ascolti Rai vanno maluccio. Ogni tre mesi il Report AgCom ci conferma che la Rai perde telespettatori come se non ci fosse un domani. Il “domani” editoriale” della Rai è sempre rivolto al passato remoto o lontano: fa festa con Sandokan, brinda con Montalbano e si esalta con Ballando con le Stelle e quando pure cercano di guardare avanti con "Sarà Sanremo" inonda ieri sera su Rai Uno sono costretti a piombare nel baratro di ascolti da dimenticare (12,3% di share e 1,7 mln). 

Ad un certo punto, nella nostra Savana, si fa buio. Qualcuno dorme.

bloggorai@gmail.com  

ps. segue "il racconto del male".

Il crimine in Tv è un "fatto" politico???

 

giovedì 11 dicembre 2025

piano piano... un mattoncino alla volta ... prima o poi crolla

By Bloggorai ©

54 blocchetti di legno impilati, a strati di tre, per costruire una torre. Il gioco consiste nel togliere un mattoncino alla volta a turno per ogni giocatore. Vince quello che ha sottratto il pezzo prima che la torre crolli. È un gioco che non richiede particolari abilità: è sufficiente fare attenzione e delicatezza con le mani.

Sembra la metafora perfetta per descrivere lo stato comatoso e traballante del Servizio Pubblico in questi tempi. Non ne va più bene una. Ripropongono Sandokan dopo 50 anni, strombazzano un grande successo e nel giro di una settimana si perdono oltre un milione di telespettatori. Ripropongono, come da molti anni, la prima della Scala e se ne vanno mezzo milione rispetto all’anno precedente e un milione rispetto a dieci anni addietro.  Ripropongono Benigni ieri sera su RaiUno con Pietro e si perde altro mezzo milione rispetto alla trasmissione precedente, il Sogno, e ben 5 milioni rispetto ai 10 Comandamenti del 2014 o al Canto dei Cantici del 2020. 

Ripropongono ... ripropongono. Che faranno quando non sapranno più cosa riproporre o quando il pubblico ormai esaurito almeno dal punto di vista generazionale andrà da altre parti, come già avviene?   

Per abbassare il tono, il volume, l’impegno e il ruolo del Servizio Pubblico non è necessario un colpo di mano, un Telemeloni di turno che dir si voglia. È sufficiente un colpetto alla volta, un mattoncino dietro l’altro.

Non è più la Rai di una volta … e ci si crede bene che hanno tolto la Rassegna Stampa ai dipendenti e nessuno batte ciglio.

bloggorai@gmail.com 

mercoledì 10 dicembre 2025

La Tv e il suo doppio ... tra il bene e il male

By Bloggorai ©

Così addio speranza, e con la speranza, 

paura addio,

Addio rimorso: ogni bene a me è perduto:

Male, sii tu il mio bene

John Milton, Il Paradiso perduto, Libro IV

Proseguiamo sul racconto del male in Tv. “La cronaca nera imperversa, nei podcast e nelle trasmissioni pomeridiane della tv. Perché? «Il crime funziona sempre, perché è una sorta di matrice narrativa, implicita nella meccanica stessa degli eventi. Ogni caso giudiziario, e ogni sua narrazione, si apre con un omicidio: e che cos’è l’omicidio se non quella “rottura dell’equilibrio” che per lo strutturalismo e la critica formalista dà il via all’azione, costituendo la prima di una serie di tappe obbligate che rendono il racconto efficace?»”. Questo testo lo abbiamo ripreso da una lunga intervista a Carlo Freccero comparsa su Vanity Fair e ripresa integralmente ieri da Dagospia e, ovviamente, non pubblicata nella ristretta e rassegnata Rassegna Stampa Rai relegata ai pochi ma buoni 250 lettori.

Vedi il testo integrale:  https://www.dagospia.com/media-tv/carlo-freccero-in-cattedra-telemeloni-esiste-come-esistite-telerenzi-456718 suggeriamo di leggerlo integralmente.

Si può condividere o meno ma certamente Freccero è tra i pochi “sopravvissuti” ad un’epoca Rai, un’epoca del Servizio Pubblico, ormai passato alla storia e in via di estinzione. Quasi più nessuno oggi è in grado di intervenire, di proporre riflessioni rilevanti e significative e meritevoli di attenzione. Bene che vada, succede che si svolge qualche incontro tra quattro gatti e due “esperti” che durano lo spazio di un breve mattino. Dopo di che, il deserto cosparso di sale grosso.

A proposito di insegnamenti,  può essere utile un piccolo ma rilevante passo indietro, al 1996, quando Karl Popper scrive “Cattiva maestra televisione” dove leggiamo “... la televisione, potenzialmente certo, così come è una tremenda forza per il male potrebbe essere una tremenda forza per il bene. Potrebbe, ma è assai improbabile che questo accada. La ragione è che il compito di diventare una forza culturale per il bene è terribilmente difficile”.

La riflessione sul racconto del male in Tv e, segnatamente dal ruolo svolto dalla Rai, riprende dagli anni ’80 caratterizzati fortemente dall’avvento e successivo consolidamento della serialità di genere “crime”. Prima però proponiamo di utilizzare una chiave di interpretazione con un testo di Mario Morcellini del 2013: “Le storie tese. Una critica al racconto dei media dell’Italia di oggi”. Nell’introduzione al tema della narrazione del crimine mediatico leggiamo: “L’insostenibile leggerezza della modernità. Di fronte alla crisi, e concretamente all’apparire dei singoli e continui strappi percettivi all’ordine normale della vita, che mascherano altrettanto profondi strappi della realtà, può sembrare che il sociologo abbia sempre la stessa spiegazione: l’anomia. Altre volte, e in particolare quando il discorso non si pone al livello degli studi e dell’opinione pubblica colta, l’adagio ricorrente diventa: è colpa della crisi dei valori”... “La comunicazione contemporanea lucra sulla crisi, che funziona quasi come un eccitante, un doping per i generi e i linguaggi della comunicazione al potere. Lo è ancor più perché, come vedremo, tutta la comunicazione sembra intessersi e quasi drogarsi della parola e dei sinonimi della crisi, al punto che possiamo serenamente dire che il cantico della crisi è il tessuto moderno dei media”… e più avanti “Nella rappresentazione mediale è diventato plausibile – e a volte persino utile – trovare giustificazioni al male, soprattutto se queste ultime chiamano in causa spiegazioni individuali e di tipo psicologico, quasi a dire che è comunque possibile individuare le più svariate motivazioni soggettive come cause “quasi ammissibili” di un crimine. La follia, l’invidia, l’ira, l’interesse economico o familistico vengono talvolta evocati dai media se non in termini di una piena assoluzione morale quantomeno come motivi “umanamente” comprensibili dell’azione criminale”… “La cronaca nera trionfa nei momenti di crisi sociale: su questo l’abbondanza di prove storiche non lascia margini al dubbio. Non è un prodotto dello sviluppo ma è un indicatore del sottosviluppo culturale, forse anche della crisi delle relazioni interpersonali. Spesso, la ferocia dei media è più terrificante nelle aree di deprivazione culturale” per concludere, infine con “Questo progressivo spostamento del registro comunicativo sulla spettacolarizzazione e sulla personalizzazione del crimine mette in luce un problema che è mediale ma soprattutto sociale. Perché una narrazione del cambiamento che avvenga soltanto attraverso la cornice della cronaca nera e dell’alterità come rischio ci espone alla possibilità di contribuire al declino della società ed all’incattivimento delle persone.  Definire i media come una “fabbrica della paura” può apparire come un approccio troppo positivistico, perché in una società complessa come la nostra è difficile credere che possa esserci un solo soggetto responsabile di una rappresentazione.  Ma è una formula che nel suo schematismo ha una sua plausibilità: nella percezione dell’opinione pubblica appare infatti chiaro come i media sembrino particolarmente responsabili di un innalzamento dei decibel sul crimine”.

Rientriamo nella storia. Lasciato alle spalle quello considerato forse il mito fondativo della fine degli anni ‘70, Il tenente Colombo, andato in onda prima su Rai Due e successivamente su Mediaset, inizia nel 1979 l’era dell’Ispettore Derrick, una produzione tedesca di enorme successo. Contestualmente, nel 1984 inizia la serie iconica del genere italiano: La Piovra che raccoglie subito un vastissimo consenso di pubblico con punte di oltre dieci milioni di telespettatori a puntata. La serie si interrompe nel 2003 quando Silvio Berlusconi dichiarò che “Se trovo chi ha fatto le serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia facendoci fare brutta figura nel mondo, giuro che lo strozzo". La “politica” prende forma e si intromette nella “narrazione” televisiva e il tema “crimine” assume le sembianze che, come abbiamo accennato, diventa la “Fabbrica della paura” come venne definita dal Censis nel 2008.

Segue …

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martedì 9 dicembre 2025

Muti !!! la Rai non fa più notizia

By Bloggorai ©

Se mai qualcuno aveva in mente di silenziare, di anestetizzare, di chiudere il traffico e la circolazione di informazioni e notizie sulla Rai e sul Servizio Pubblico con l’abolizione della Rassegna stampa ai dipendenti, sembra che l’obiettivo sia stato colto in pieno. 

Nessuno, o quasi, sa più nulla se non attraverso qualche piccola chat oppure i lanci di Dagospia che non a caso riporta spesso e volentieri solo le note e i messaggi promozionali di Belve e di Giletti. E, inoltre, ci riferiscono che da quando la rassegna stampa è limitata ai soli 250 utenti (+ 20 dell’Ufficio Stampa, al modico prezzo di poco più di 450 mila euro l’anno) di notizie rilevanti interessanti e meritevoli di nota sulla Rai e il Servizio Pubblico non ce ne sono più. Abbiamo chiesto in giro e la risposta è pressoché unanime: “Non c’è più nulla da scrivere, non ci sono notizie se non di cronachette spicciole, di piccole cose, di affarucci correnti”.

Se mai qualcuno aveva in mente di mettere la Rai in sordina, nel dimenticatoio, in subordine e confinata nella categoria “irrilevante”, si può dire che la missione è compiuta per molti punti di vista. E, dobbiamo aggiungere, con la complicità di quinte colonne, di collusi e complici di vario tipo, con il silenzio e il “Si … va beh … però …” 

Andiamo avanti, giriamo pagina e mettiamoci l’anima in pace.

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lunedì 8 dicembre 2025

RAI, e non solo: dacci oggi il nostro Male quotidiano

By Bloggorai ©

Riprendiamo il filo del post dello scorso 8 dicembre https://bloggorai.blogspot.com/2025/12/politica-e-tv-dacci-oggi-il-nostro-male_2.html .

 

C’è una Garlasco antica profonda dentro e intorno a noi. C’è una Garlasco insaziabile, irrisolta e in eterno movimento nella nostra “morale” oggi alimentata e sostenuta nella "società delle immagini" con il dilagare inarrestabile del genere "crime" su tutti gli schermi, piccoli o grandi che siano. 

Il "racconto del male" universale attraverso le immagini propone una  “morale” esterna ed apparentemente estranea alla nostra sfera cognitiva e relazionale, spesso riferita "al di fuori di noi" spettacolare e "narrata"  come uno “sguardo degli altri” nei termini che ci ha proposto con altre parole il fondamentale testo di Susan Sontag “Davanti al dolore degli altri” scritto nel 2003 per affrontare il tema del male che diventa spettacolo. La Sontag si interroga: le immagini influenzano la nostra percezione della realtà? In che termini, quanto, influenzano il nostro giudizio “morale” che poi si traduce in voto politico? Quanto le immagini di guerra ovvero il suo racconto televisivo, ormai costante nei nostri teleschermi, inducono ad appoggiare o contrastare la natura “guerresca” che sembra diffondersi nel mondo? È utile riprendere la parte del 42° rapporto Censis del 2008 laddove si poneva il tema dei media come “fabbrica della paura”, ne parleremo più avanti per la sua deriva politica. Per estensione: quanto e come il racconto criminale mediatico e specificamente televisivo alimenta, nutre, consola o esorcizza la natura primordiale dell’istinto omicida?

C’è poi una “Garlasco” iconica del prima e del dopo. C’è un momento specifico che pone l’avvio dell’avvento dell’era televisiva, ora mediatica: il primo grande evento di dolore raccontato dalle immagini in diretta sulla morte di Alfredino Rampi nel 1981 che ha visto incollati di fronte allo schermo oltre 20 milioni di persone. E poi c’è un dopo con il susseguirsi di tanti di fatti di cronaca di vario genere, da quelli assoluti e totali della guerra o del terrorismo, a quelli di “ordinaria” tragedia individuale.

Da allora i grandi racconti di crimine, dolore e orrore, sono stati e sono tutt’ora il pane e il companatico dei palinsesti televisivi.

Poi c’è un come e un dove il racconto del male si è svolto e si svolge nell’era moderna e contemporanea. Il come è mutato nei secoli in stretta relazione al mutare la natura dei media: senza scomodare i classici dell’antichità (Omero con l’Iliade) e riprendere il tema preferito da Shakespeare, il delitto o più in generale la rappresentazione “letteraria” del crimine è stato da sempre raccontato prima con la scrittura, poi con la parola (la radio) ed ora con le immagini televisive. Il dove sembra invece essere una specificità del mezzo moderno: sempre più spesso i grandi fatti di cronaca si devono giocoforza identificare con il luogo dove si sono svolti e per come le immagini televisive ce li hanno proposti. Per il dramma di Alfredino si ricorda bene il pozzo di Vermicino e poi, negli anni successivi, i tanti altri casi importanti: il mostro di Firenze, la villetta di Cogne, il delitto di Novi Ligure, il giallo di Via Poma o la strage di Erba.

Necessario pure ricordare altri grandi eventi di cronaca di dimensioni globali che pure hanno interessato, coinvolto e raccontato e raccontano tutt’ora il dolore e il male che ci pervade: dalle immagini dell’assassinio Kennedy al Vietnam, dai grandi funerali di personaggi iconici (Lady Diana) all’11 settembre di New York, dal grande Tsunami del 2004 per arrivare all’orrore contemporaneo di Gaza.

Semplificando e sintetizzando: la cosiddetta “narrazione” del male, del dolore, del terrore, dell’orrore e della paura non è un fenomeno recente. Riprendiamo alcuni tra i tanti titoli del nostro archivio: “Tv, cronaca nera e quel senso diffuso di allarme sociale”, il “successo mostruoso” del Mostro diffuso da Netflix  visto da decine di milioni di telespettatori nel mondo(a cui seguirà  il caso Yara Gambirasio), “Le nuove serie televisive vedono nero”, “Cronaca nera e processi in Tv, l’ennesima Authority inutile” su AgCom e spettacolarizzazione del male in tv, “Il fascino inafferrabile della cronaca nera”, “Lo spin off di Belve e quella  passione del pubblico per il crime” dove si legge una relativa caratterizzazione del suo pubblico giovane e femminile, “La gratuità del male”, “De Cataldo: Maso e gli altri, la normalità del crimine”, “Passione nera: un terribile amore per il delitto diventato show”, “Tra cronaca e fiction, il Mostro in prima serata”, “Cronaca, così diventa un caso Tv. La ricetta: avvocati, parenti e amici a cui piace stare in video” e, infine “Il caso Garlasco capitalizza l’attenzione dell’opinione pubblica”.

Ecco la centralità di Garlasco, il suo senso e il suo significato mediatico. Nell’epoca contemporanea, è stato osservato che da solo questo caso ha occupato gli spazi del teleschermo, dal 2007 ad oggi, di oltre 9.000 ore di trasmissioni Tv, pari a circa un anno ininterrotto di flusso video (ricerca Omnicom Media Group). Nella graduatoria degli eventi televisivi più seguiti seguono il caso Cogne (con il famigerato modello della villetta mostrato da Bruno Vespa), poi la strage di Erba, poi l’omicidio di Perugia e il delitto di Avetrana.

Ma il delitto di Chiara Poggi con la sua immediata attualità, appunto, è solo un punto intermedio dell’abitudine al racconto televisivo del male.

Tutto ha origini lontane e in questa storia il Servizio Pubblico radiotelevisivo nazionale, la Rai, ha avuto un ruolo “pedagogico” centrale che troppo spesso viene dimenticato o sottaciuto. Ha iniziato a formare, educare, “vedere” ed introiettare il male come parte essenziale delle relazioni umane sin dai suoi esordi. 

Tutto inizia con “Giallo Club” nel 1959 dove in ogni puntata si presentava un caso di omicidio e in studio gli “esperti” dovevano indovinare il colpevole. La trasmissione ebbe un grande successo con milioni di telespettatori. In quegli stessi anni inizia la fortunata serie (a quel tempo si definiva “sceneggiato” e oggi “fiction”) del Tenente Sheridan con Ubaldo Lay. Il personaggio era “americano” ma le riprese erano tutte fatte negli studi Rai di Roma e Torino. Negli anni successivi si afferma il “genere” fiction crimine e compare la serie “Donne … di Fiori, di Quadri, Cuori e Picche” insieme alla Inchieste del Commissario Maigret (1969) con Gino Cervi nel 1964 e Nero Wolfe con Tino Buazzelli del 1969. Negli anni ’70 si comincia a formare, a delineare meglio la fisionomia del racconto criminale (anche detto “polizziottesco”) e compaiono titoli come “I racconti di Padre Brown” (1970-1971) con Renato Rascel nel ruolo di il prete investigatore (poi vedremo come verrà ripreso con Don Matteo), poi “Il segno del comando” (1971) ritenuto uno degli sceneggiati più apprezzati della televisione italiana, “Il sospetto” (1972), poi ancora “Giallo di sera” (1971), “Il giudice e il suo boia (1972), “Qui squadra mobile” (1973-1974) dove inizia la serie sulle indagini di una squadra di poliziotti con Giancarlo Sbragia.

Segue…

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giovedì 4 dicembre 2025

Altri mondi possibili

By Bloggorai ©

Alcuni lettori e alcune lettrici ci scrivono. Ci scrivono tra il costernato e il rassegnato. Alcuni capiscono la situazione ovvero l’aria che tira (brutta) e lasciano perdere, altri meno ed avrebbero pure voglia di mantenere l’attenzione sulla Rai e sul Servizio Pubblico.

Ma di cosa ci dovremmo occupare? Della mancanza di notizie? Oppure di notizie del genere “successo di Sandokan” ovverosia il fumo negli occhi della Rai che deve guardare al passato (vedi Post di ieri https://bloggorai.blogspot.com/2025/12/rai-un-grande-e-glorioso-futuro-dietro.html ) cioè ravanare in cantina per sperare nel futuro? Oppure del compenso della Maggioni (ad agosto tutti erano in vacanza) perchè, non sia mai detto, magari la concorrenza se la porta via dalla Rai? Oppure delTg3 che manda in onda uno spot (gratis?) di Netflix ? Oppure del Piano Immobiliare Rai che, ci dicono, essere come un colabrodo (vedi Milano e comunicato CGIL)? Oppure del Piano Industriale che non sa dove andare perché non ha risorse con le quali essere sostenuto? Oppure, ancora una volta, di un piano sull’informazione che non esiste e nessuno vuole che esista? Oppure, ancora di più e peggio, di qualche gossippetto interno o delle beghe Rossi/Sergio/Marano e dei loro fidati e sodali collaboratori ovvero i vari Coletta, Di Gregorio (si proprio lui) o Corsini e compagnia trotterellando?

No… francamente no… non è più aria.

Ci sono tanti altri mondi possibili e interessanti da scoprire oltre la Rai, oltre questo Servizio Pubblico, proprio come ieri sera su La7 ci ha ricordato Giordano Bruno (ottima trasmissione). Sono mondi che girano intorno alla civiltà delle immagini, all’era del racconto audiovisivo, nell'epoca di nuovi linguaggi e comportamenti individuali e collettivi che meritano grande attenzione. La Rai invece guarda se stessa in uno specchio deformato e alle sue spalle e non sa più come guardare avanti (anche perché non gli è concesso, vedi canone incerto).

No. Condividiamo l’aria che tira: della Rai e del Servizio Pubblico si avverte sempre meno interesse.

Piuttosto, stiamo studiando, raccogliendo documenti e informazioni su un tema che ci sembra meritevole di attenzione: perché il “genere” crimine, il racconto del “male” in tutte le sue forme, dalla guerra alla cronaca nera, viene costantemente proposto e riscuote crescente attenzione gradimento da parte del pubblico?

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mercoledì 3 dicembre 2025

RAI: un grande e glorioso futuro dietro le spalle

By Bloggorai ©

C’è una prateria tutta da esplorare per garantire il futuro televisivo della Rai e del Servizio Pubblico. È sufficiente andare negli archivi polverosi e ripescare grandi titoli del passato glorioso (per questa idea rivendichiamo il Copy o una specie di diritto d’autore, come hanno fatto quei “geni” della Lux/Bernabei che hanno ripescato Sandokan con grande successo di pubblico e scarso di critica).

In ordine, proponiamo una decina di titoli:

1. La Cittadella (1964)

2. I Miserabili (1964)

3. Davide Copperfield (1965)

4. I promessi sposi (1967)

5. La freccia nera (1968)

6. L’Odissea (1968)

7. Nero Wolfe (1969)

8. Pinocchio (1972)

9. Il segno del comando (1971)

A A come Andromeda (1972)

A Anna Karenina (1974)

Dopo di che si appresta a terminare l’era degli “sceneggiati” mentre inizia l’era della “fiction” di cui “La Piovra” del 1984 sarà capostipite. Se pure la Rai ripescasse un titolo ogni sei mesi, ovviamente rivisto, corretto e anzitutto “riprodotto” nel senso di una nuova produzione buona pure per i “giovani” e con il valido supporto economico di una “Regione Film Commission) come avvenuto per la novella Tigre di Mompracen potrebbe garantirsi un roseo futuro basato sulle sue solide spalle.

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Attenzione: prosegue nei prossimi post il tema del “male” quotidiano in TV

martedì 2 dicembre 2025

Politica e TV: dacci oggi il nostro "male" quotidiano

 

By Bloggorai ©

Due fenomeni, concomitanti, relativamente “moderni”  e apparentemente distinti tra loro, meritano attenzione. Il “moderno” è relativo ad una datazione che ha preso forma tangibile e misurabile negli ultimi decenni, seppure il secondo del quale scriveremo è assai antico e risale ai millenni trascorsi e che tuttavia ha assunto una sua specificità nell’era moderna attraverso il suo passaggio nell’era mediatica e segnatamente televisiva.

Entrambi questi fenomeni partecipano e caratterizzano il “racconto” del Paese, definiscono alcuni paramenti per la sua “narrazione”. Entrambi segnano lo “stato di salute” di un popolo che per un verso fugge dal dovere civico e per altro verso si spinge e si rifugia verso l’osservazione rassegnata del malessere. I fenomeni sui quali proponiamo una sommaria riflessione si riferiscono al crescente astensionismo politico elettorale e della dilagante attenzione mediatica per il crimine, individuale o organizzato che dir si voglia.

Il primo fenomeno racconta un Paese politicamente stanco, deluso e distaccato. In Spagna, tempo addietro, il disinteresse verso la sfera partecipativa veniva definito con un termine suggestivo: “desencanto”. Sembra venuta meno la fiducia, la voglia di essere e prendere parte. Sembra indebolito lo spirito di interesse collettivo, di pubblico, a favore della sfera privata, intima, personalizzata a misura di teleschermo piccolo o grande che sia.  In Italia, come pure in molti altri paesi europei, si vota meno e le maggioranze che si formano hanno spesso un tratto moderato conservatore, se non proprio di “destra”. Si tratta di un fenomeno diffuso che colpisce tutte le democrazie occidentali: alle recenti consultazioni europee in Italia ha votato il 49,6% degli aventi diritto (per una interessante analisi del voto vedi https://www.censis.it/governo-pubblico/elezioni-un-cittadino-europeo-su-tre-minacciato-dal-declassamento-sociale come pure l’analisi di Nando Pagnoncelli sul Corriere https://www.corriere.it/sette/25_gennaio_20/astensionismi-l-europa-si-e-stancata-della-democrazia-9cfbd22c-0bb5-4d5f-86e5-80f039865xlk.shtml?refresh_ce). Alle recentissime consultazioni regionali, nelle tre regioni interessate Campania, Puglia e Veneto gli astenuti sono stati ben oltre il 50%. Sulle cause e le motivazioni non se ne discute abbastanza: per la politica significa per un verso dover ammettere un suo intrinseco fallimento e per altro verso dover paventare un grave rischio e una minaccia incombente per la natura stessa del sistema democratico: fino a che punto è “sopportabile” il progressivo allontanamento dei cittadini dalle urne? Quale potrà essere la soglia al di sotto della quale il sistema potrebbe collassare, ovvero dover ammettere un “governo” della maggioranza della minoranza?

Ha scritto Massimo Franco sul Corriere “Quando va a votare meno di un elettore su due, c’è qualcosa che si è rotto nel rapporto tra i partiti e l’opinione pubblica” e poi Sabino Cassese: “La fuga dalle urne, il non voto, una volta fenomeno marginale, è divenuto strutturale. Per circa trenta anni della storia repubblicana ha votato il 93 per cento degli aventi diritto al voto. Poi, per un quindicennio, l’87; più tardi il 73; alle elezioni politiche del 2022 quasi il 64; ora, nelle elezioni regionali dei giorni scorsi, una minoranza, tra il 42 e il 45 per cento. Questo vuol dire che 5-7 milioni circa di elettori sono rimasti a casa, senza adempiere quello che la Costituzione definisce dovere civico. Si apre così un fossato tra società e politica, molto preoccupante perché democrazia indica una società che si autogoverna, attraverso il suffragio universale, una conquista che è costata tanto tempo e tanta energia. Il continuo calo, che dura da circa un quarantennio, costituisce un fenomeno grave per lo stato di salute della democrazia”.

Vedi pure indagine Istat su “Le relazioni sociali” https://www.istat.it/it/files/2023/04/5.pdf

Le domande che si pongono, a questo punto, sono due correlate tra loro: come e perché si è formato e consolidato questo fenomeno (e quali le radici o le cause dello stesso) e come porvi rimedio, come fronteggiarlo? Si tratta di un tema rilevante che la “politica” fatica a scrivere e trovare risposte. 

In questa sede ci interessa provare a mettere in relazione il fenomeno dell’astensionismo politico con quello della crescente attenzione alla rappresentazione mediatica (prevalentemente televisiva) del “male” in ogni sua forma, da quello assoluto rappresentato dalla guerra a quello relativo raccontato dal “genere crimine”. I due fenomeni possono essere correlati in qualche modo tra loro? Forse si.

Segue: dalla nascita dello “sceneggiato” poliziesco a Garlasco.

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lunedì 1 dicembre 2025

La luce oltre la RAI

 

By Bloggorai ©

Ci sono tanti buoni motivi per non occuparci più di Rai e di Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Dopo tanti e lunghi anni, sette, Bloggorai “si è fatto persuaso” che potrebbe non valerne più la pena e, infatti, da alcuni giorni pubblichiamo sempre meno. Seguire i fatti e ancor più i misfatti dell’ex Viale Mazzini sa di stantio e malmostoso, faticoso e comunque immutabile, irrilevante e irrisolvibile. 

La stessa “politica” sembra averla riposto il tema Servizio Pubblico in fondo alle sue attenzioni: la riforma (becera) che pure doveva essere la pietra miliare della nuova Azienda in osservanza dell’EMFA è accantonata in attesa di un futuro incerto e improbabile. Lo abbiamo pure constatato plasticamente ad un recente incontro di 34 gatti (la metà giovani studenti silenziosi). La stessa “stampa” sembra aver dimenticato i grandi temi che interessano la Rai e, infatti, ci dicono che nella “nuova Rassegna Stampa” la sezione “azienda” è quasi sempre vuota. “Tanto la Rassegna non la legge più nessuno” ci ha detto un autorevole lettore. Verrebbe da crederci: tanto non c’è nulla da leggere. Verrebbe da crederci: tanto se pure qualcuno la volesse leggere, questa Rai ha pensato bene di sottrarla, di non far sapere più ai suoi dipendenti cosa succede intorno a loro. Verrebbe da crederci: tanto che pure chi avrebbe potuto e dovuto sollevare obiezioni (i consiglieri) si sono arresi (come quasi sempre) di fronte all’argomentazione dei costi, come se la Rai non sapesse da che parte razionalizzare e risparmiare  

La stessa Rai “moderna” ovvero questa Rai, di questo Cda, di questa “destra” ne è forse consapevole e, tant’è che manda in onda uno spot autopromozionale a sostegno di se stessa e si chiede “chi siamo noi?. La risposta già la sappiamo ed è sempre salutare ricordarla: “La risposta è dentro di te ... ed è sbagliata!” da rivedere sempre il mitico Guzzanti https://www.youtube.com/watch?v=lpYSFPO7pqw . Questa stessa Rai intanto, nel frattempo, taglia e cuce, riduce e conduce inesorabilmente verso il suo triste declino.

Ci eravamo interessati e avevamo seguito con attenzione la vicenda dell’attentato a Ranucci: sembrava che avesse suscitato un frivolo di attenzione che portasse a ricollocare Report nel suo giusto posizionamento in palinsesto con il reintegro delle quattro puntate mal-tolte e il ritorno al lunedì come pure del ritorno in video di Petrolio, ultime frontiere del giornalismo d'inchiesta che non si occupa di Garlasco. Nulla, nada, polvere sotto il tappeto. Il M5S aveva addirittura chiesto le dimissioni dei consiglieri di opposizione qualora non fosse successo nulla. Nel frattempo leggiamo su Domani, a firma Lisa di Giuseppe, che “Rai, un altro approfondimento “sovranista” all’orizzonte, ma manca il conduttore. Viale Mazzini spera nello sport”. Chi di speranza vive, disperato muore: diceva povera Nonna Maria.  

Chiudiamo con due perle: la prima l’abbiamo vista nei giorni scorsi sul Tg3 delle 19 quando è andato in onda un corposo servizio promozionale a favore di una nuova trasmissione di Neflix. Ci auguriamo che Rai Pubblicità ne abbia tratto il giusto compenso perché altrimenti si configura quasi un illecito.

La seconda perla è più sconfortante. Ieri sera Report ha trattato il tema della malasanità e, in particolare i fondi PNRR destinati alle Case di Comunità, in particolare in Campania e Puglia laddove la situazione è sconfortante: nella prima regione previste 169 e realizzate 0, e della seconda leggiamo su Repubblica “Sanità, in Puglia il flop case di comunità: attiva solo una su 123. A rischio 177 milioni del PNRR. A poco più di tre mesi dalla scadenza del termine fissato a fine 2025, risulta attiva solo una struttura. Attiva ma non funzionante perché mancano medici e infermieri”. 

Per saperne di più vedi pure https://www.ilsole24ore.com/art/attive-660-case-comunita-solo-46-tutti-servizi-AHFgi9mC .

E poi dobbiamo constatare che gli elettori non vanno più a votare: in Campania l’astensione è al 45% e in Puglia al 48%. Ci crediamo.

Ad ogni buon conto … proprio a partire da questa considerazione “La luce oltre la Rai” prosegue. Proveremo ad andare su altri temi e, in particolare ci vogliamo soffermare sul sottile filo nero che lega i grandi fenomeni elettorali e il “consenso televisivo” realizzato anche attraverso una decisa linea editoriale che ormai sta dilagando inarrestabile: il racconto del “male” ovvero della cronaca nera. Non c’è nulla di nuovo: è tutto già scritto da decenni.

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