martedì 29 luglio 2025

RAI e la solita vecchia storia: verdura o bulloni, pubblico o privato, Stato o mercato???

by Bloggorai ©

“E’ il mercato bellezza!!! E se lo dice pure la Corte Costituzionale siamo a cavallo!!!”. Ieri la Consulta ha dichiarato illegittimo il tetto dei 240 mila euro l’anno imposto dal Governo Renzi ai dirigenti della PA. Scrive stamattina La Stampa “… eliminare definitivamente quella soglia, in modo da poter reclutare i migliori professionisti, avere una classe dirigente altamente qualificata e ridurre il gap che si è creato tra pubblico e privato

Già, questa storia la conosciamo da tempo. Certo che esiste, è assolutamente vero e verificabile, esiste un grande gap tra pubblico e privato: la sanità privata funziona e quella pubblica arranca, l’università privata funziona e si moltiplica mentre quella pubblica soffre la mancanza di aule e insegnanti, l’edilizia milanese sui grattacieli delle archistar tira come un treno mentre quella residenziale per i pendolari la fanno nei campeggi di periferia. 

In soldoni: privato è bello e ricco e pubblico è brutto e sporco e un po’ cattivo, ovvero roba da poveri. E il "privato" si sa, è noto, bisogna pagarlo bene, magari pure senza fattura, in soldoni contanti.

Dentro la Rai, questa vicenda ha fatto storia del taglio dei compensi ai dirigenti forse più che nella Pubblica Amministrazione. All’indomani del provvedimento è iniziata una “fuga dei cervelli” manco fosse un esodo biblico. Sono fuggiti i “migliori” Fazio, Berlinguer, Giletti (poi tornato sotto mentite spoglie) e Floris e quei “poveri” che sono restati si sono riciclati con i “contratti artistici” con in testa il primo della classe: Bruno Vespa. Non sono poi mancati pure altri trucchetti da Mago Magò, come Riccardo Iacona uscito e entrato dalla Rai come nulla fosse (“Il suo ritorno come consulente, sostiene l’Usigrai, “viola le regole del contratto di lavoro, sulle modalità di impiego in azienda del personale cessato dal servizio” si legge a febbraio 2023).

A farla breve, ora l’Azienda potrà attingere sul “mercato” il fior da fiore di manager necessari per sostenere la transizione a “Digital Media Company” ed ora torna tutto per capire perché, a suo tempo, alla DMC mancava una parolina essenziale, fondamentale ovvero “Public … Digital media Company”. Non c’è stato verso, durante il dibattito sul rinnovo del Contratto di Servizio il tema è stato sollevato ma non è riuscito a passare mentre ha avuto grande successo e apprezzamento l’introduzione degli altrettanto famigerati “KPI” manco la Rai fosse, appunto, una fabbrica di bulloni. In soldoni, giova sempre ricordarlo, quel Contratto e il suo famigerato “allegato 1” sono la prova provata, la pistola fumante, dell’anticamera concettuale della Rai come “Servizio Privato” sottratta sempre più dai vincoli, lacci e lacciuoli, dal controllo e vigilanza Parlamentare e affidata in ostaggio al Governo di turno.

Alla fin fine, è sempre quel “public” che va in sofferenza, è sempre quella sottile, vibrante e sottintesa voglia di privato e di mercato che sembra animare certe volte più la sinistra che la destra. La destra non ne fa mistero ed è la sua ragion d’essere mentre la sinistra, una certa sinistra, da decenni accarezza quel discreto e sublime fascino di privato, in particolare verso la Rai. Se non c’è il coraggio, la forza e la capacità di farlo in modo “pubblico” e palese, la Rai si privatizza sottotraccia, un pezzetto alla volta come, ad esempio, cedendo sovranità nella produzione editoriale: quanti programmi in prima serata di Rai Uno (e non solo) sono affidati completamente o parzialmente in appalto esterno? Perché c’è tanta voglia di chiudere il dossier Rai Way verso il lato più favorevole ai privati (i Fondi azionari anzitutto e poi al concorrente Mediaset) invece che rinegoziare il contratto tra la stessa Rai e Rai Way per riportarlo, appunto, a valori di mercato? Di tutto questo nessuno batte ciglio.

Oggi, questa mattina, in Senato continuerà l’esame delle 11 proposte di legge di riforma della Rai e tutte, riga più o riga meno, girano sempre intorno alla stessa foglia di rosmarino: il futuro dell’Azienza dovrà di carattere pubblico o privato? Nessuno lo ammette apertamente ma la questione centrale è questa. I temi di scontro sono gli stessi da decenni: anzitutto la madre di tutte le battaglie cioè la certezza delle risorse, ovvero canone si o canone no, poi il “modello di governance” dove si continua a favoleggiare la “fondazione” come modello virtuoso senza mai ammettere che si presuppone la cessione di proprietà da parte dello Stato verso un nuovo soggetto nominalmente variegato ma sostanzialmente carente di criteri di nomina trasparenti. Infine, non sono pochi coloro che ritengono di volere abolire la Vigilanza Rai, ovvero sottrarre o indebolire il ruolo del Parlamento come massima espressione della rappresentanza plurale e democratica del Paese.

Ieri, saputa la notizia, qualcuno ha tirato fuori una bottiglia di prosecco: “Sono pronto, se volete chiamatemi” … “Ok ... per ora stai buono, non dire nulla e goditi le vacanze, a settembre ne riparliamo” qualora si liberasse un posto da DG o si aprisse una nuova posizione nella futura governance della NewCo RaiWay/EiTowers.

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