“Eppur si muove” o “non si muove”
??? Avrà pensato e dubitato sulla Rai il Filosofo di Colle Oppio quando ha rilasciato l’intervista
al Corriere nei giorni scorsi mentre rideva alla domanda sulla ludopatia. Ci stiamo
ancora chiedendo perché rideva e perché ha “dovuto” farsi intervistare. A chi è
convenuto? Solo a lui?
La situazione Rai sembra essere
tra farsa e tragedia, e forse un tantinello pure tragica se non proprio drammatica.
Ieri ci sono giunte notizie riservate da Sanremo dove sembra che la trattativa
con il Comune sia in stallo. Il Sole di oggi scrive “…al momento le
posizioni risultano ferme e distanti con un dialogo che si sarebbe
sostanzialmente interrotto”. Il Secolo XIX scrive “Dalla Rai, invece,
finora è trapelato nervosismo. Conseguenze di un bando imposto dal Tar e
Consiglio di Stato, che ha cambiato tutto e che ha permesso al Comune di alzare
la posta in gioco, ottenendo la conferma della titolarità del marchio, anche se
è quasi certo che Rai non intenda cedere sulla questione del format”. Già, questo
forse il nodo principale: cedere su questo punto significa ancorare al Comune
la titolarità del format nella Convenzione per i prossimi 5 anni (tre più due),
ovvero precludere ogni altra futura opzione che si potesse palesare a vantaggio
Rai. In soldoni: se sbracano su questo punto, sbracano su tutto. Nel Poker
moderno si chiama “all in” e in quello “antico” si chiama “piatto”. Prendere o
lasciare. Su tutto questo poi grava una spada di Damocle non irrilevante: se a
seguito della trattativa in corso cambiano profondamente le “regole di ingaggio”
previste nella gara è verosimile supporre che chiunque può ricorrere al TAR e
chiedere l’immediata sospensione della procedura.
Possiamo aggiungere qualcosa in
più: ci sarebbero almeno due “soggetti” interni (per non dire di quelli
esterni) che remano fortemente contro l’ipotesi che si possa chiudere un accordo
entro fine luglio (o anche dopo) e realizzare Sanremo 2026. Si tratterebbe della
Direzione Produzione e di Rai Pubblicità. Sono due soggetti che pesano molto
nell’influenzare la decisione da prendere. La prima per un verso è storicamente
avversa all’Ariston per i mille problemi logistici e organizzativi noti da
sempre e, per altro verso complementare, vede benissimo l’espandersi della sua “area
di intervento” in una sede più adeguata e logisticamente più sostenibile. Un dettaglio
che vi abbiamo già riferito: la scenografia deve chiudere subito i contratti ed
è necessario ordinare i materiali, provvedere alla logistica, ai tempi di
allestimento etc. Il secondo soggetto Rai Pubblicità, ragiona per quella che è la
sua area di competenza: portare in cassa più contratti (soldi) possibili e
Sanremo più di tanto ormai non può più dare. Viceversa, spostandosi in una sede
diversa non solo non è più costretta ad elargire l’1% di gabella al Comune
(vista come il fumo agli occhi). Una grande città, ad esempio Torino, aprirebbe
nuovi spazi, nuovi clienti e maggiore interesse. Per non trascurare un
dettaglio che giusto ieri ci è stato riferito: il teatro Ariston “vende” circa
800 biglietti mentre il PalaOlimpico di Torino (dove si è svolto Eurovision 2022)
ne contiene 15.657 (avete letto bene).
L’altro grande tema sul quale lo
stesso Filosofo di Colle Oppio ha poco da stare allegro è Milano dove, come
abbiamo scritto, le prospettive, bene che vada, si allungano e non poco: l’operazione
vendita Sempione e avvio lavori al Portello non è semplice e non è veloce. Come
pure l’altro grande tema strategico: la vendita/cessione di Rai Way di dicono
essere ferma al palo. Il 30 settembre, quando scadrà il MoU (Memorandum of Understanding)
è dietro l’angolo e i nodi importanti, in particolare sulla governance non sono
sciolti, anzi. Infine, un piccolo dettaglio della serie “non l’abbiamo visto arrivare”:
in autunno dovrebbe iniziare l’esodo verso la nuova sede Rai all’Eur che non sarà
proprio una passeggiata. Era proprio necessario? Si potevano fare altre scelte
forse più razionali e convenienti? Forse si ma sembra che nessuno se ne sia
occupato per tempo. Forse un giorno sapremo qualcosa di più. Ad esempio: perché non
è stata scelta la vecchia sede Sky sulla Salaria, edifici già strutturati e tecnologicamente
attrezzati e contigui agli altri insediamenti Rai a Saxa Rubra? Forse un giorno
sapremo.
Chiudiamo questo capito e apriamo
quello sul fronte “opposizione” dove pure c’è poco da ridere, anzi. Per il prossimo
giovedì era prevista la seconda puntata del “tavolo di lavoro”. Al momento, ad
oggi, nessuno sa nulla su nulla: chi vi dovrebbe partecipare per fare cosa e
come, ovvero da che parte iniziare. Sul tavolo ci sono tutt’ora due nodi ciclopici
da sciogliere: il canone e la Fondazione. Questi due nodi sono anzitutto interni
ai partiti, PD e M5S, e di conseguenza tra loro nella coalizione. Il tema canone
è mastodontico: il M5S ha scritto chiaro e tondo nella sua proposta
(Bevilacqua) che va abolito e sostituito con la fiscalità generale. Come è
possibile andare avanti se non ci si accorda su questo punto tanto fondamentale
quanto non negoziabile? Perdere tempo ora con dettagli rilevanti quanto ora
subordinati (numero e durata dei consiglieri etc) appare solo come inutile scorciatoia perché, comunque, lascia scoperto l’altro nervo sul quale ancora non c’è
una parola chiara e netta: la Fondazione NON è un modello da proporre nella
nuova governance Rai.
C’è da mettere mano ad un nuovo “articolato”,
del tutto diverso dai precedenti, da che parte si inizia e chi ci mette mano? Gli
“uffici legislativi” dei partiti, la cosiddetta “società civile”??? Quando?
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