Ieri abbiamo assistito alla serie di audizioni previste in Commissione VIII del Senato sulle proposte di riforma Rai. Ci risparmiamo commenti: imbarazzante. Lo scriviamo chiaro e tondo e lo diciamo forte e chiaro: per quanto noto, per quanto abbiamo visto e sappiamo la riforma Rai non ci sarà per quest’anno e nessuno può essere certo che ci potrà essere per il prossimo anno.
Non ci sarà applicazione dell’EMFA dal prossimo 8
agosto e non ci sarà certezza del quadro giuridico e, di conseguenza, non ci saranno
certezze sulle risorse economiche per il prossimo anno con tutto ciò che ne
consegue. E nessuno è in grado di sapere se, come e quando si potrà avere un
Presidente Rai nel pieno dei suoi poteri come dispone la Legge attuale. E nessuno
che si pone la briga di sollevare il dubbio di legittimità di questo Cda. Il gioco
dell’Oca ci porta sempre allo stesso punto: fermi, immobili se tutto va bene e
se va male si torna indietro al punto di partenza. Ovvero dal 26
settembre 2024.
Forse, più che un Gioco dell’Oca si dovrebbe utilizzare la
figura del Labirinto dove si sa da che parte si entra ma non si sa da che parte
si esce e non c’è nessun filo di Arianna a guidarci.
Lo abbiamo scritto in passato e lo ribadiamo oggi: non ci sono
le condizioni, i presupposti, il quadro e il contesto politico per avviare un
percorso di riforma che possa godere un consenso parlamentare superiore all’area
di Governo. Non ci sono oggi ma non c’erano anche nei mesi e negli anni scorsi.
Maggioranza e opposizione stanno dando visibili segnali di
confusione e incertezza, ad essere ottimisti e non volere essere invece “complottisti”.
In entrambi gli schieramenti convivono “anime” diverse e conflittuali tra loro,
ad esempio sul terreno più rilevante: le risorse, ovvero canone si o canone no.
Tra i partiti di maggioranza è noto che la Lega lo vorrebbe abolire (proposta
di Legge per la riduzione progressiva del 20% annuo) e Forza Italia che invece
non ci pensa proprio, anzi. Allo stesso modo, tra i partiti di opposizione c’è
chi vorrebbe abolirlo del tutto (proposta M5S Bevilacqua) e forse una parte del
PD che “nonsisabenecosavuole” con il suo Vicesegretario nazionale, Boccia, che ha
detto chiaro e tondo “Non penso sia più tollerabile un canone, al tempo della
società digitale, interamente assorbito dalla Rai”.
Non solo e non basta la confusione interna ai due schieramenti
ma c’è anche quella trasversale che li accomuna. Di che riforma si vuole parlare
e quali possono essere le “aree” di convergenza tra le compagini? Di una riforma che interessa la sola Rai e il suo
Cda oppure dell’intero sistema delle telecomunicazioni? E, se volessimo limitarci
alla sola Rai, da dove si dovrebbe iniziare a discutere? Dai meccanismi di nomine
dei suoi organi di gestione o anzitutto dalla diversa “missione di Servizio
Pubblico” che si dovrebbe porre, anche in vista della scadenza della Concessione
del 2027? Al momento, delle 9 proposte in discussione al Senato, non una ha una
visione strategica sul futuro della Rai ed anzi alcune, quelle di area opposizione
sono quasi carta straccia.
Come uscirne, come fare un passo avanti? Testa bassa,
ammissione di colpa (grave) e maniche rimboccate subito. I partiti di opposizione
si dovrebbero chiudere in una stanza e buttare la chiave per poterla riaprire
solo quando hanno raggiunto uno straccio di accordo per poi ritirare le loro
quattro proposte e presentane una nuova a firma congiunta e con quella aprire
la trattativa con la maggioranza. Sempre consapevoli che non potrà e non dovrà
mai essere una riforma a tempo determinato e sovranità limitata. Una proposta
di riforma di “bandiera” quale che essa sia non andrà da nessuna parte. Buon lavoro!!!
Come vi avevamo anticipato a suo tempo, dal primo luglio la Rai non ha più il CTO e il suo ruolo è stato assorbito ad interim dal DG Roberto Sergio. Brutto segnale, pessimo. C’erano tre possibilità: la prima era nominare un successore di Ciccotti (e c’erano nomi adeguati); cercare un nome esterno e, infine, abolire il ruolo del CTO e disseminare le sue competenze in tante altre direzioni. Tanto per fare una cosa nuova e tanto per ribadire lo stato confusionale in cui versa l’Azienda, è stato deciso di non decidere e questa decisione non riguarda un settore marginale, secondario, degli interessi Rai ma uno dei suoi pilastri fondamentali, di assoluto rilievo strategico. Quando si tratta di fare nomine compiacenti (vedi comunicazione e dintorni) sono rapidi come fulmini di guerra. Nel frattempo si viene a sapere che l’AD Rossi ha deciso (da solo o in compagnia del Cda?) che Rai Way non deve “solo” vendere una quota delle sue azioni, come previsto dal Piano Industriale, ma procedere con la fusione con Ei Towers, operazione tanto a cuore ai Fondi e molto gradita a Mediaset.
Giusta o sbagliata che sia, in quale contesto si colloca questa vicenda? L’AD di Rai Way, Stefano Cecatto, considerato in "quota" lega, il prossimo febbraio sarà fuori per raggiuti limiti di età e, per quanto sappiamo, non avrà ruolo in questa partita e dovrà abbandonare il suo lauto compenso di oltre 500 mila euro (il doppio di Rossi). Una poltrona molto appetibile.
Sappiamo solo che il tavolo Rai Way è “uscito da Via Asiago” e i
giocatori hanno altri interessi, diversi e distinti da quelli dalla Rai, con l’aggiunta
e aggravante di evidenti complicità interne a Via Asiago perché altrimenti non si
capisce perché nessuno mette in discussione il notevole “canone “ di oltre 210 mln che Rai paga
a Rai Way quando, è noto, che lo stesso servizio a valori di mercato costa
almeno 100mln meno.
Anche Bloggorai partecipa al gioco dell’Oca e torniamo al punto
di partenza: che ci stanno a fare i consiglieri “di opposizione” se non per
esercitare il diritto/dovere di indirizzo, sorveglianza e controllo? Abbiamo
una forte e solida impressione che non è più solo l’Usigrai, Giovanni Valentini su Il Fatto e Bloggorai a
chiedere le loro dimissioni subito, ma anche alcuni parlamentari “amici” si
stanno ponendo lo stesso dubbio.
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