martedì 8 aprile 2025

RAI: tra crisi di identità, calcio e magia

                                             

by Bloggorai ©

Chi siamo, cosa facciamo, dove andiamo?

(Gauguin, Pazzaglia, Guzzanti)

Domande semplici quanto fondamentali. Risposte complesse quanto relative. Anche ieri, come tante altre volte, ci siamo chiesti perché l'interesse verso la Rai e il Servizio Pubblico sembra in declino con un generale calo di attenzione mediatico. Se non fosse per qualche manciata di gossip, per qualche articolo su Tizio al posto di Caio o per l’annosa questione della presidenza che non ci sarà e/o della riforma fantasma si capisce bene perché non c’è nulla da sapere e da dibattere.

Allora, forse, ci potrebbero essere tanti ragionevoli motivi oltre le apparenze. Provate ad immaginare un campionato di calcio dove tutte le squadre in competizione sono pressoché equivalenti, dove succede che convivono due squadre della stessa città con un nome in comune, ad esempio Mil-Int o Rom-Laz. Questo stesso campionato non mette nulla in palio: non c’è il titolo da conquistare perché non c’è classifica. Si gioca e basta. Perché allora assistere o tifare per questo campionato e quali motivi potrebbero indurre a scegliere una squadra o l’altra?

La metafora ci appare perfetta per introdurre il tema Rai e Servizio Pubblico. Trasliamo le domande: cosa è la Rai e il Servizio Pubblico, cosa fa e dove va? Proviamo a proporre risposte. Anzitutto la sua “soggettività”, il suo carattere distintivo, la sua distinzione, la sua natura, la sua autorevolezza appaiono tutti elementi confusi e indistinti nel panorama mediatico nazionale. La Rai è ciò che fa e ciò che fa ed è, più o meno, ciò che fanno tutti gli altri soggetti che operano nello stesso contesto. Informare, educare e intrattenere divertendo è il compito, la missione generica svolta in forma più o meno accentuata da chiunque possiede un canale, una rete o una piattaforma streaming. In cosa la Rai si distingue dagli altri? Cosa altro offre di più, di meglio o di più vasto?

L’estensione di questo ragionamento ci porta al cuore della seconda parte della domanda e si riferisce al Servizio Pubblico. Rai e Servizio Pubblico dovrebbero essere un binomio inscindibile. Non è data la prima, l’Azienda, senza il secondo ovvero la sua missione esercitata in concessione da parte dello Stato (in scadenza ad aprile 2027). Il problema è che questa “missione” oggi appare logora e lontana rispetto a quando venne originariamente elaborata, quando il mondo audiovisivo nazionale e globale era ai suoi primordi. La prime tracce concettuali della Concessione risalgono ai tempi del monopolio, poi duopolio e infine alla multipolarità che però non è stata mai declinata completamente. Se mai si volesse introdurre una nuova riflessione riferita alla Rai si potrebbe tentare con la Digital Media Company che però, non a caso, nel nuovo Contratto di Servizio all’art. 3 non si specifica esattamente “DMC … di Servizio Pubblico” e non si coniuga questa nuova dimensione con le peculiarità della natura di Servizio Pubblico. Si aggiunga, inoltre, che per adempiere a questa “missione” i cittadini sono obbligati a pagare il canone e non è un tema subordinato ma complementare e si intende bene quando si legge/ascolta una frase del genere “perché devo pagare il canone per avere quello che gli altri mi danno gratis?”. Certo, non è assolutamente vero che gli “altri” siano “gratis” ma in questi termini viene spesso percepita la tassa sulla televisione.

Educare, informare e divertire (genericamente intesi) potrebbero essere alla risposta alla seconda domanda. La Rai educa, informa e diverte ma, appunto, fatte le debite proporzioni e distinzioni è lo stesso di quanto fanno gli altri broadcasters o meglio (e forse più) gli altri soggetti che operano nel vasto mondo dell’audiovisivo (ovviamente compresa la galassia “social”) dove proprio oggi leggiamo su Prima.it la  classifica dei programmi Tv più “social” dove si legge che i programmi Rai sono molto lontani dalla testa della classifica (https://www.primaonline.it/2025/04/07/437677/classifica-programmi-tv-piu-social-de-filippi-batte-toffanin-e-fazio-boom-di-gaia/ ). Vogliamo fare un altro esempio: lo sport nazionale, il calcio. La Rai è completamente assente e ricompare solo quando gioca la nazionale (e ora “ne vedremo delle belle” con il prossimo campionato con due forti aree di rischio: la posizione della squadra italiana e il fuso orario). Sull’informazione stendiamo un velo di semplice dignità e citiamo solo il caso, ormai da studio clinico, di RaiNews24 e i suoi ascolti medi pari a quelli di un medio quartiere di città di provincia. Vogliamo poi fare l’esempio dell’intrattenimento leggero? Lasciamo perdere: a volte non c’è partita (vedi il sabato sera con la notizia di oggi che, appunto, “Ne vedremo delle belle” di Carlo Conti dovrà chiudere anticipatamente per scarsità di telespettatori.

Chiudiamo con una notizia di oggi che appare a proposito. Leggiamo che l’AD Giampaolo Rossi ha dichiarato “Il servizio pubblico deve costruire un Piano Mattei per l’immaginario” … “La parola immaginario è densa e carica di significati per chi fa comunicazione è un elemento che tocca la coscienza individuale e collettiva. Viene da imago, che incarna un po’ l’idea della magia, cioè la trasfigurazione della realtà. Se un’azienda come la Rai, che fa comunicazione, informazione, divulgazione culturale, ha una funzione è proprio quella di aiutare a costruire un immaginario, più che semplicemente comunicare”. Ha toccato il nervo scoperto di questa Rai: “la trasfigurazione della realtà…” ovvero, intendiamo noi, esattamente quello che intende fare il Governo modellando il Servizio Pubblico a sua immagine e somiglianza.

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