mercoledì 26 marzo 2025

RAI: intelligenza naturale o artificiale? versione 2.0

by Bloggorai ©

“Quann’è tordi e quann’è grilli” dicono in Bassa Val Tiberina. Oggi c’è molto da dire sulla Rai e dintorni. Prima però manteniamo l’impegno a viaggiare dentro l’intelligenza artificiale (e naturale) dell’Azienda per cercare di capire come e verso quale progetto si indirizza (vedi il Post di ieri).

Prima ancora però vi riportiamo un semplice gioco che abbiamo fatto con ChatGPT e con Gemini. Provate anche voi. Abbiamo formulato una richiesta: proponi un modello di spettacolo televisivo di intrattenimento leggero, in prima serata, destinato ad un pubblico sia giovane che adulto. Risultato sorprendente: c’è tutto, titolo, durata, scaletta, caratteristiche delle diverse parti. Il format proposto è talmente completo e persuasivo che sarebbe sufficiente portarlo prima alla SIAE e poi a “non si sa bene dove si trova ora la Rai” per venderglielo. E magari potrebbe anche andare bene e fare un ascolto decente. Ma ciò che sorprende è la parte del format rivolto ai “giovani”: idee semplici e forse efficaci. Ma a Rai Uno si accontentano degli over 60.  

Altro gioco: abbiamo chiesto come utilizzare l’Ai per confezionare un telegiornale. La risposta si divide in tre capitoli. Il primo si riferisce alla raccolta e verifica delle notizie, il secondo alla loro elaborazione e il terzo alla loro presentazione. Per ognuno dei tre capitoli viene specificata dettagliatamente come utilizzare l’AI. Ci sembra quasi una risposa banale: applicando la sola Intelligenza Naturale è il minimo sindacale per un qualsivoglia Tg. Sarebbe interessante sapere se anche nei Tg Rai si applicano strumenti di Ai con queste caratteristiche. Nota a margine: a maggio dello scorso anno si è svolto a Torino un seminario promosso dall’Usigrai incentrato sull’impiego dell’intelligenza artificiale generativa nel quotidiano lavoro in redazione.

Bene. Andiamo avanti. Allora, riprendiamo il viaggio a partire da un punto fermo: la Rai “deve” utilizzare l’AI perché lo impone la Legge, ovvero il nuovo Contratto di Servizio che all’art. 3 dispone che “la Rai si impegna a … c)   migliorare la struttura e l’usabilità di tutte le attuali e future piattaforme digitali del servizio pubblico (esemplificativamente Rainews.it, e Raiplay e RaiPlay Sound) tale da garantire l’effettiva valorizzazione del patrimonio di contenuti e una migliore fruibilità anche per mezzo di algoritmi e di strumenti di intelligenza artificiale, da parte dell’utenza attraverso tutti i possibili dispositivi di ricezione … 5.  Rai valorizza l’applicazione e l’utilizzo di tecnologie emergenti (esemplificativamente intelligenza artificiale), avvalendosi anche del supporto del Centro ricerche innovazione tecnologica e sperimentazione di Torino, allo scopo di promuovere i propri contenuti, potenziare l’accessibilità e contrastare la disinformazione”.

Quindi il tema è capire se e come la Rai rispetta il mandato impositivo del Contratto e in che termini. Il Contratto è stato approvato, con grande e anomala  fretta, lo scorso settembre 2023 quindi da quasi due anni. Da allora, per quanto ci è noto, sappiamo che è stato istituito un “gruppo di lavoro” coordinato dalla Direzione Coordinamento Iniziative Strategiche del quale è responsabile Paola Marchesini. Cosa ha prodotto sostanzialmente in questo tempo non è dato sapere. Potrebbe essere un documento di “orientamento” destinato a tutte le strutture aziendali? È possibile, probabile, ma ancora non se ne sa nulla.

Al momento, però, per quanto ci è possibile sapere con certezza, ci dobbiamo limitare ad annotare quanto fa il CRITS di Torino. Abbiamo scoperto una miniera di attività, di proposte, di riflessioni, di documentazione che sarebbe sufficiente applicarne la metà per vedere un’altra Rai, forse proprio quella Digital Media Company di cui tanto si parla e che ancora non vede lontanamente la luce. Ad esempio: durante l’ultimo Data Technology Seminar 2024 svolto in ambito EBU a marzo dello scorso anno (come pure negli anni precedenti) sono stati presentati modelli, nuovi strumenti di applicazione dell’Ai destinati alla produzione Tv, alla gestione delle notizie (verifica fake news etc).

La domanda allora è: visto che il Contratto di Servizio dispone che la Rai debba avvalersi del CRITS per “…l’utilizzo di tecnologie emergenti (esemplificativamente intelligenza artificiale) …” in che misura e in quali settori sono state applicate o almeno sperimentate le indicazioni e le proposte che emergono da Torino? Per quanto siamo riusciti a capire, la Rai al momento è solo in grado di usare e addestrare modelli di Ai già esistenti e non ha risorse per crearne di nuovi.

Ma il vero cuore del problema che solo di traverso interessa l’Ai del Servizio Pubblico sono i suoi “dati” ovvero i “mega dati” con i quali, ad esempio e in primo luogo, si profilano gli utenti del Servizio Pubblico (vedi attraverso l’utilizzo di Rai Play) cioè i loro dati di navigazione, come l'indirizzo IP, altri identificativi online e identificativi connessi al dispositivo. Analogo tema è sapere come viene gestito l’enorme archivio di immagini digitalizzate di cui dispone la Rai (vedi un recente seminario su “Preserving authenticity of media archives content”).  

Abbiamo posto questo interrogativo a nostro giudizio fondamentale: dove sono conservati, chi è il soggetto incaricato di utilizzare e gestire i dati di profilazione degli utenti Rai e per quali finalità sono utilizzati? Finora nessuno ha risposto.

Ad esempio, per quanto abbiamo potuto al momento solo “intuire”, al “gruppo di lavoro sull’Ai” sembra, pare, dicono, non partecipa la direzione Marketing. Magari abbiamo capito male ma se invece abbiamo capito bene, qualcosa non torna.

Infine, come vi abbiamo accennato ieri, è stato presentato l’Annuario 2024 su la televisione Streaming verso il mercato maturo. A parte dover osservare che in questo nuovo mercato sembra che la Rai sia progressivamente e tendenzialmente assente, vale la pena riportare l’ennesima dichiarazione emersa durante il dibattito: è necessaria la riforma della Rai. La noia scorre sovrana: non c’è nessuna riforma Rai all’orizzonte prossimo venturo ed abbiamo seri dubbi che potrà esserci prima almeno di un anno. Ripetere questa litania è ora inutile e dannoso: getta fumo negli occhi. Le proposte depositate in Commissione LL.PP del Senato, le sole formalmente in discussione, sono “vecchie” e superate da almeno un fattore decisivo e fondamentale: nessuna tiene conto che nel frattempo è intervenuto l’EMFA che, tra l’altro, dispone l’assoluta necessità di coniugare indipendenza del Servizio Pubblico e risorse delle quali disporre. Tanto per intenderci: nessuna delle proposte dell’opposizione contiene mai, mai, il termine “canone”. Di cosa stiamo parlando? 

Torniamo ad usare almeno l’intelligenza “naturale”, forse è meglio.

bloggorai@gmail.com


 

martedì 25 marzo 2025

RAI: intelligenza naturale o artificiale? versione 1.0

by Bloggorai ©

“I contenuti diffusi da Rai non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di Intelligenza Artificiale”

sottopancia Rai su Tg e programmi


Ieri il supplemento Economia del Corriere ha pubblicato un lungo articolo/indagine con il titolo “L’Intelligenza Artificiale? È già nei Piani (industriali) per una grande azienda su 4”. Si legge che la stanno prendendo in considerazione il 54% delle aziende intervistate e per il 28% è una priorità strategica mentre il 15% ha iniziato ad adottarla pur senza un piano industriale e il restante 3% non la adotta e non prevede di farlo. I settori dove si evidenzia l’indice di maturità delle aziende sull’impiego di AI vede al primo posto le banche con il 57,1% e, a seguire, energia&utility, assicurazioni e al quarto posto tlc e media con il 40,9%. Interessante osservare che circa il 27% degli intervistati stima un aumento del budget per l’Ai tra il 15 e il 30% annuo

Allora, posto che l’AI sembra essere un fattore inderogabile in una qualsivoglia azienda e ancora più in una del settore audiovisivo, ci siamo chiesti: la Rai cosa fa o cosa intende fare o meglio ancora cosa può fare con le risorse di cui dispone? E, inoltre, è solo un tema di risorse oppure c’è altro? Più esattamente abbiamo strutturato una domanda: come la Rai declina l’AI in termini di politica industriale, ovvero le sue scelte editoriali, modelli di produzione, organizzativi e logistici, apparati tecnologici, reti di distribuzione etc etc.

Ci siamo “messi in viaggio” (non facile) all'interno dell'Azienda ed abbiamo cercato anzitutto di capire se c’è qualcuno che esattamente ha il bandolo della complessa matassa, chi tira i fili e li ricongiunge in un unico contesto, chi dirige il traffico e verso dove lo indirizza? E già questa proposizione interrogativa ci ha presentato subito una fitta rete di ostacoli (usiamo un eufemismo, per non dire qualcosa di più). Per quanto formalmente abbiamo potuto capire, questi i settori e le persone che se ne dovrebbero occupare. Ecco il quadro:

  • Il primo livello è il Coordinamento Iniziative Strategiche diretto da Paola Marchesini
  • Chief Technology Officer diretto da Stefano Ciccotti (prossimo all’uscita) e dal quale dipende il CRITS (Centro Ricerche, Innovazione Tecnologica e Sperimentazione) diretto da Gino Alberico
  • La Direzione Editoriale per l'Offerta Informativa, diretta da Monica Maggioni
  • L’Ufficio Studi diretto da Francesco Giorgino

Ci risulta poi che autonomamente singole redazioni, strutture editoriali e singoli programmi sono “interessati” ad applicazioni di Ai

Per quanto finora a nostra conoscenza, non è stato predisposto un tavolo di coordinamento, una cabina di regia in grado di fornire una strategia univoca e coordinata su questo tema. Ci dicono che la direzione della Marchesini potrebbe essere quella preposta a tal fine ma non risultano chiari i compiti e la capacità di intervento sulle altre strutture aziendali.

Torniamo all’articolo citato e cerchiamo di capire: la Rai ha inserito una sua strategia per e con l’AI nel suo Piano Industriale? Quale potrebbe essere e quali i suoi fondamenti, i suoi “razionali”? Leggiamo quanto dichiarato dall’attuale DG Roberto Sergio quando era AD a dicembre 2023: “Il Piano che abbiamo iniziato a esaminare oggi, prevede, fra l’altro, la possibilità di utilizzare l’intelligenza artificiale, e quindi una analisi molto avanzata dei dati, a sostegno di alcuni processi” ovvero tanto poco da rasentare il nulla.

Però, nella Nota illustrativa del Piano 2024-26, al punto 1, si legge che “L’urgenza delle sfide che Rai deve fronteggiare rende necessario l’avvio di un percorso di trasformazione in Digital Media Company. Tale trasformazione, che è il punto centrale del Piano industriale, richiederà investimenti per circa 113 milioni di euro in nuove tecnologie per il rinnovo dei modelli produttivi - anche grazie all’adozione di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale - e per l‘adozione di un approccio data-driven a sostegno dei processi decisionali”. Il tema costi quindi è fondamentale e tutta l’architettura del Piano si regge esattamente sulle risorse che Rai potrà avere nei prossimi anni. Da precisare poi che ci troviamo già a metà percorso del Piano industriale e ancora la “quota” prevista di 190 mln relativa alla “vendita” di Rai Way è ancora lontana.

Il documento in nostro possesso “Piano Industriale 2024-26 – illustrazione del Piano – 14 febbraio 2024”, prevede infatti, a pag. 12, “interventi di Piano – modalità di finanziamento. Valorizzazione asset aziendali – 190 ml, Cessione quota di minoranza in Rai Way e Risorse incrementali (Contenuti e distribuzione, tecnologie e risorse umane) per 225 mln di euro.

Cerchiamo di riassumere questo primo passo dentro il mondo dell’Ai Rai: affrontare la sfida, gli impegni e le prospettive richiede due elementi fondamentali connessi tra loro: una visione organica, un progetto  e risorse adeguate. Per quanto appena abbiamo iniziato a capire e sapere, mancano entrambi. Andiamo avanti: c’è ancora molto da dire.

bloggorai@gmail.com

ps: questa mattina verrà presentato l'annuario della TV italiana 2024 con il tema “Multipolarità. Televisione e streaming - verso il mercato maturo”. Vi faremo sapere.


 

lunedì 24 marzo 2025

La RAI e una tazzina di caffè ... senza le tre C

by Bloggorai ©

Come iniziamo la settimana? Cosa c’è di nuovo, di interessante questa mattina? Nulla, niente, il vuoto. Si diffonde una strana sensazione simile a quella che si prova quando ci si sveglia, si va in cucina, si cerca il barattolo del caffè e ci si accorge che è finito e che nessuno ha pensato per tempo a fare la spesa e comprarlo. Che brutta sensazione! Sembra quasi un’offesa al buonsenso, alla convivenza civile, alla buona educazione.  Dopo tanti anni di abitudine consolidata, dopo aver faticosamente costruito un rito quasi arcaico, propiziatorio e beneaugurante … puffete ... tutto svanito davanti ad un triste e solitario barattolo vuoto. Quel profumino amarognolo, leggermente bruciacchiato, tendente al cioccolato fondente al 90% di origine Ecuador. Un aroma casalingo e familiare che che ci ha accompagnato amorevolmente per tanti anni questa mattina non c’è.  

Con vago senso di tristezza, di malinconia e di solitudine, allora decidiamo di scendere e andare all’edicola e poi magari, di passaggio, prendere il caffè al bar. Purtroppo lì succede da tempo un fatto increscioso: lo chiedo lungo ma non “americano” (per carità) e non c’è verso: arriva sempre quasi ristretto. Guardo sconsolato prima il barista e poi la tazzina, senza energia per una protesta, seppure fatta con garbo. Cosa gli vuoi dire? Per cortesia, me lo può rifare? No, non me la sento, non voglio accanirmi con quell’onesto lavoratore del caffè che magari è lì dalle 6 del mattino a smanettare filtri e cappuccini. Ho ancora in memoria gli speciali di Report sul caffè italiano e sui bar: servizi giornalistici formidabili da proporre nelle scuole elementari, tanto da farti passare la voglia della tazzina al bar. Allora rivolgo uno sguardo prima all’imbutone in vetro che contiene i chicchi prima di essere triturati. E no! Così non va!!! Si vede chiaramente che è opaco: segno di quella sostanza oleosa che rilascia il caffè quando inizia il processo di ossidazione. Orrore!!! Poi guardiamo la manopola del filtro e osserviamo che non viene fatto il “purge”: altro orrore. Dalla malinconia e tristezza è un soffio passare alla disperazione e sconsolatezza.

Per tirarmi su, ricordo con piacere una recente esperienza. Un mio caro e vecchio amico mi invita a prendere un caffè in un posto “speciale”. Bene, con piacere, andiamo. All’apparenza sembra un bar normale ma, appena entrati, si osserva subito una “cosa” bizzarra”: una fila di 9 (nove) trituratori di caffè con sopra la rispettiva etichetta della relativa miscela con tanto di luogo di provenienza. Fenomenale. Mi azzardo a chiedere qualcosa sulla macchina e, in particolare, sul “purge”. La ragazza mi fulmina e mi incenerisce “Questa è una macchina di ultima generazione e il purge lo fa in automatico”. Colpito e affondato. Ci sediamo e ci viene incontro una simpatica ragazza: chiediamo semplicemente un caffè lungo. Apriti cielo. La gentile ragazza apre l’enciclopedia e ci illustra le diverse tipologia di “caffè” che possono servire e per ognuna di esse ci fornisce adeguata e completa spiegazione su cosa è e come gustarlo al meglio. Un piacere per la mente ,una delizia per il palato. Insomma, a farla breve: non è stato un banale semplice “caffè” ma una liturgia laica. Da allora, ogni volta che entro in un bar, mi aggiro con sospetto e spesso ne esco alquanto schifato.

Allora, chiusa questa triste parentesi di inizio settimana, torno mestamente verso casa con i giornali (di carta, veri, non on line) per iniziare la “preghiera laica del mattino” ovvero la linfa vitale per sapere qualcosa dipiù oltre i Tg e i Gr. Ovviamente, Bloggorai si occupa anzitutto di Rai e di ciò che gli sta intorno. Allo sconforto del caffè si aggiunge quello sulla Rai: ancora una volta il deserto salato, la palude nebbiosa, lo spazio disabitato. Il Nulla. 

Solo un commento che merita essere citato: Aldo Grasso sul Corriere (uno che di solito è molto “carino” con la Rai e chissà poi perché?). Leggiamo parole avvelenate con il curaro: “In questi casi non si sa se parlare di pigrizia, di assenza di idee, di trascuratezza, forse di inadeguatezza della direzione editoriale. «Ne vedremo delle belle» è l'ennesimo format di Carlo Conti, lo sguardo rigorosamente volto all'indietro (un servizio pubblico che non ha più la capacità di guardare in avanti non è più tale) … E un programma che si potrebbe recensire senza la fatica di guardarlo, tanto tutto è scontato, prevedibile, banale …”. Ci torna in mente il programma di Chiambretti “Fin chela barca va ...” che nei giorni scorsi, in un momento di splendore, ha affrontato il tema delle borsette della Santanchè ponendo un annoso quesito: saranno vere o false? Ci sarà un Giudice e Berlino pure per questo.

Per quanto riguarda la Rai … ci sembra appunto come quel mobile della cucina dove manca il caffè e nessuno si preoccupa di comprarlo e quello al bar non è nemmeno tanto buono.

bloggorai@gmail.com 


 

domenica 23 marzo 2025

RAI: la posta dei lettori

 

by Bloggorai ©

Cielo grigio compatto e teso in bassa Val Tiberina. La primavera bagnata illumina il panorama del verde intenso del primo grano e del trifoglietto ed esalta il marrone profondo dei campi pronti a ricevere la semina del girasole.

Non c’è nulla di interessante da riferire sulla Rai e ne approfittiamo per dialogare con le nostre lettrici e i nostri lettori che, dopo quasi sette anni, ancora ci scrivono, ci propongono obiezioni e osservazioni.

Ieri abbiamo toccato due temi: Benigni e l’uscita anticipata di Ciccotti dalla Rai. Sul primo argomento un lettore osserva “non sono paragonabili gli ascolti di Benigni con i Dieci Comandamenti con il Manifesto di Ventotene. È vero che non si può mescolare il Sacro con il profano ma si possono confrontare gli ascolti non per il merito di quanto detto: abbiamo dubbi sul fatto che il numero di chi segue Benigni sia relativo al contenuto dei suoi messaggi. Abbiamo solo osservato che gli anni passano anche per lui e con lui la platea televisiva muta geneticamente e anagraficamente. Un altro qualificato e attento lettore ci dice che “attaccare Benigni è poco utile”. Non abbiamo attaccato Benigni ma solo sollevato dubbi e legittime obiezioni sulle quali però non abbiamo ricevuto alcuna osservazione nel merito. Ma il tema vero che abbiamo sollevato è stato quello della “casualità” con quanto affermato dalla Meloni la stessa mattina in Parlamento. Ci scrive una affezionata e attenta lettrice “Mi sono chiesta anche io se lei lo sapesse e oltre che rispondere alla piazza volesse screditare in anticipo anche lui”. Esatto, proprio questo l’interrogativo che abbiamo posto al quale nessuno risponde: la Meloni (o chi per lei) ha ricevuto la traccia del testo di Benigni in anticipo?

Sul tema Ciccotti invece molti ci hanno scritto sottolineando la stessa osservazione: la Rai si impoverisce. Da tempo è iniziato questo processo che nessuno intende fermare. Tutto torna, tutto si lega.

Ma il tema Ciccotti ci porta direttamente al cuore di due grandi problemi Rai: il primo è quello del futuro “tecnologico” del Servizio Pubblico (parliamo anche del futuro della diffusione in Digitale Terrestre) e il secondo è quello del processo di fusione/cessione quote di Rai Way. Quest’ultimo sarà il dossier dell’anno e non perché andrà in porto la fusione con Ei Towers: non c’è alcuna possibilità “tecnica” che la trattativa possa concludersi entro pochi mesi. Non c’è anzitutto il “razionale politico”: il Cda Rai è tutt’ora privo del suo presidente “naturale” convalidato dal voto in Vigilanza ma solo un “facente funzioni” del consigliere anziano, ovvero un Cda a “sovranità limitata”. È impensabile che decisioni strategiche del genere possano essere assunte in queste condizioni. L’uscita di Ciccotti lascia scoperto il nervo del “razionale industriale” Rai che nessuno si è preso la briga di studiare e collocare in un contesto diverso dal “razionale finanziario” che è l’unico, al momento a tenere alta la tensione sul dossier. 

Vedi in particolare i post di Bloggorai del 15 gennaio (https://bloggorai.blogspot.com/2024/01/rai-la-grande-truffa-dei-razionali.html )

e del 20 dicembre 2024 ( https://bloggorai.blogspot.com/2024/12/caos-razionali-rai-way-e-misteri.html ).  

Per ora ci limitiamo a queste poche osservazioni ma c’è ancora molto, molto da dire.

bloggorai@gmail.com

sabato 22 marzo 2025

Benigni e Rai Way

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Premessa: Bloggorai non appartiene al novero di chi sostiene “io dico quello che penso”. A Bloggorai piacerebbe appartenere al novero di chi prova a pensare prima a ciò che vuole dire. Magari non ci riesce, ma ci prova.

Allora, abbiamo atteso un momento prima di entrare nel merito della serata di Benigni su Rai Uno. Avevamo avuto una sensazione che ora possiamo confermare: non ci è piaciuto per tanti ragionevoli motivi. Abbiamo avuto subito la sensazione di qualcosa già vista, già ascoltata e forse più di una volta sola. Il qualcosa era nel merito e nella forma di quanto ha sostenuto. Sul merito di quanto ha sostenuto ci sarebbe poco da dire: tutto ampliamente condivisibile, tutte affermazioni sacrosante e necessarie ma che proprio perché ripetute più volte e allo stesso modo rischiano di scivolare via e non lasciare traccia. Il pubblico di Rai Uno che lo ha premiato con circa 4,3 milioni di telespettatori non è stato un “boom” anzi, al contrario: esattamente poco più di dieci anni addietro ha fatto ben oltre con I dieci Comandamenti con più di 9 milioni per la prima serata e uno share del 33.2% e 10 milioni e 300 mila telespettatori con il 38.3%, per la seconda serata. Se questo pubblico si è dimezzato vorrà pur dire qualcosa o no? Si aggiunga pure che questo stesso pubblico si allinea perfettamente con la media anagrafica dei telespettatori Rai: 58 anni. Grosso modo, è la stessa età dei partecipanti alla manifestazione di Piazza del Popolo. I “giovani” sono sempre assenti, da una parte e dall’altra.

Ma l’elemento che più ci ha colpito è stato constatare la “singolare combinazione” con quanto ha detto la mattina la Meloni in Parlamento. E’ stato un fatto del tutto casuale che entrambi hanno affrontato lo stesso tema del Manifesto di Ventotene? La Meloni forse era stata informata in precedenza sul testo di Benigni o Benigni ha “semplicemente” risposto alla Meloni? La domanda ha un suo fondamento e la risposta apre scenari importanti. Certo è che Benigni ha fornito un “controcanto” alla Meloni che, a nostro modesto giudizio, non meritava. È stato giustamente scritto da più parti che la Meloni ha volutamente provocato la coscienza civile nazionale offendendo la memoria di chi ha scritto il Manifesto di Ventotene per distogliere l’attenzione da ben altri problemi. Perché allora estendere l’effetto della distrazione di massa più di quanto la Meloni stessa ha potuto ottenere?

Infine, non ci sono mai stati in grande simpatia i comici e gli attori che “fanno” politica, in specie quando la loro partecipazione avviene in cambio di un lauto compenso “artistico” e Benigni l’altra sera sembra ne abbia avuto uno ben sostanzioso. Non ci è mai piaciuta la “politica” che si fa spettacolo, quello stesso che per tanti anni recenti ha dominato la scena pubblica e che tutt'ora sembra avere grande successo. A scorrere l’elenco degli attori, conduttori, volti noti della Tv passati alla “politica” viene l’orticaria.  

Bene, ora vi diamo una notizia inedita: il CTO Rai, Stefano Ciccotti, lascia la Rai con due anni in anticipo sulla data prevista per il suo pensionamento. Due considerazioni: la prima si riferisce alla sfera strettamente personale, assolutamente insindacabile e rispettabile. La seconda invece si riferisce alla sfera “pubblica” ovvero al suo significato, al suo “peso” rilevante all’interno alla situazione Rai ed ai problemi che ora si aprono con la sua uscita. Ciccotti è unanimemente riconosciuto come uno dei pochi esperti e qualificati manager pubblici nell’ambito delle telecomunicazioni audiovisive, è un patrimonio consolidato nella cultura del Servizio Pubblico. È stato AD quando Rai Way è andata in Borsa e ne ha guidato gli sviluppi successivi fino alla sua ancora poco chiara sostituzione. È tuttora la persona giusta al posto giusto per fornire una lettura “industriale” utile e vantaggiosa per il Servizio Pubblico e non brutalmente finanziaria nell’ipotesi di cessione di ulteriori quote di Rai Way e nel processo di fusione con Ei Towers.

Al netto delle scelte personali, la sua uscita dalla Rai non può passare inosservata ed è destinata a lasciare un segno, proprio nel momento in cui presto il dossier Rai Way tornerà in primo piano. Ora si porrà il problema: chi lo sostituirà? Una risorsa interna da cercare tra uno dei suoi collaboratori come sarebbe giusto e necessario oppure si inventeranno qualcosa di “bizzarro”??? Magari qualcuno più “compatibile” con i progettisti finanziari dell’operazione Rai Way?

bloggorai@gmail.com


 

La Rai tra Benigni e Rai Way

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Premessa: Bloggorai non appartiene al novero di chi sostiene “io dico quello che penso”. A Bloggorai piacerebbe appartenere al novero di chi prova a pensare prima a ciò che vuole dire. Magari non ci riesce, ma ci prova.

Allora, abbiamo atteso un momento prima di entrare nel merito della serata di Benigni su Rai Uno. Avevamo avuto una sensazione che ora possiamo confermare: non ci è piaciuto per tanti ragionevoli motivi. Abbiamo avuto subito la sensazione di qualcosa già vista, già ascoltata e forse più di una volta sola. Il qualcosa era nel merito e nella forma di quanto ha sostenuto. Sul merito di quanto ha sostenuto ci sarebbe poco da dire: tutto ampliamente condivisibile, tutte affermazioni sacrosante e necessarie ma che proprio perché ripetute più volte e allo stesso modo rischiano di scivolare via e non lasciare traccia. Il pubblico di Rai Uno che lo ha premiato con circa 4,3 milioni di telespettatori non è stato un “boom” anzi, al contrario: esattamente poco più di dieci anni addietro ha fatto ben oltre con I dieci Comandamenti con più di 9 milioni per la prima serata e uno share del 33.2% e 10 milioni e 300 mila telespettatori con il 38.3%, per la seconda serata. Se questo pubblico si è dimezzato vorrà pur dire qualcosa o no? Si aggiunga pure che questo stesso pubblico si allinea perfettamente con la media anagrafica dei telespettatori Rai: 58 anni. Grosso modo, è la stessa età dei partecipanti alla manifestazione di Piazza del Popolo. I “giovani” sono sempre assenti, da una parte e dall’altra.

Ma l’elemento che più ci ha colpito è stato constatare la “singolare combinazione” con quanto ha detto la mattina la Meloni in Parlamento. E’ stato un fatto del tutto casuale che entrambi hanno affrontato lo stesso tema del Manifesto di Ventotene? La Meloni forse era stata informata in precedenza sul testo di Benigni o Benigni ha “semplicemente” risposto alla Meloni? La domanda ha un suo fondamento e la risposta apre scenari importanti. Certo è che Benigni ha fornito un “controcanto” alla Meloni che, a nostro modesto giudizio, non meritava. È stato giustamente scritto da più parti che la Meloni ha volutamente provocato la coscienza civile nazionale offendendo la memoria di chi ha scritto il Manifesto di Ventotene per distogliere l’attenzione da ben altri problemi. Perché allora estendere l’effetto della distrazione di massa più di quanto la Meloni stessa ha potuto ottenere?

Infine, non ci sono mai stati in grande simpatia i comici e gli attori che “fanno” politica, in specie quando la loro partecipazione avviene in cambio di un lauto compenso “artistico” e Benigni l’altra sera sembra ne abbia avuto uno ben sostanzioso. Non ci è mai piaciuta la “politica” che si fa spettacolo, quello stesso che per tanti anni recenti ha dominato la scena pubblica e che tutt'ora sembra avere grande successo. A scorrere l’elenco degli attori, conduttori, volti noti della Tv passati alla “politica” viene l’orticaria.  

Bene, ora vi diamo una notizia inedita: il CTO Rai, Stefano Ciccotti, lascia la Rai con due anni in anticipo sulla data prevista per il suo pensionamento. Due considerazioni: la prima si riferisce alla sfera strettamente personale, assolutamente insindacabile e rispettabile. La seconda invece si riferisce alla sfera “pubblica” ovvero al suo significato, al suo “peso” rilevante all’interno alla situazione Rai ed ai problemi che ora si aprono con la sua uscita. Ciccotti è unanimemente riconosciuto come uno dei pochi esperti e qualificati manager pubblici nell’ambito delle telecomunicazioni audiovisive, è un patrimonio consolidato nella cultura del Servizio Pubblico. È stato AD quando Rai Way è andata in Borsa e ne ha guidato gli sviluppi successivi fino alla sua ancora poco chiara sostituzione. È tuttora la persona giusta al posto giusto per fornire una lettura “industriale” utile e vantaggiosa per il Servizio Pubblico e non brutalmente finanziaria nell’ipotesi di cessione di ulteriori quote di Rai Way e nel processo di fusione con Ei Towers.

Al netto delle scelte personali, la sua uscita dalla Rai non può passare inosservata ed è destinata a lasciare un segno, proprio nel momento in cui presto il dossier Rai Way tornerà in primo piano. Ora si porrà il problema: chi lo sostituirà? Una risorsa interna da cercare tra uno dei suoi collaboratori come sarebbe giusto e necessario oppure si inventeranno qualcosa di “bizzarro”??? Magari qualcuno più “compatibile” con i progettisti finanziari dell’operazione Rai Way?

bloggorai@gmail.com  

venerdì 21 marzo 2025

La RAI? Robbbba nostra!!!

by Bloggorai ©

Dal punto di vista di destra: “Missione compiuta!!! La Rai è tutta nostra, o quasi, e da adesso in poi nulla sarà più come prima! E chissenefrega se gli abbiamo dovuto lasciare una testata, il Tg3, in mano a quel marxista-leninista-maotsetungpensiero di Terzulli. E doppio chissenefrega se abbiamo affidato una direzione strategica ad un certo Coletta che, come dicono, non è nemmeno tanto dei “loro” ma sotto sotto potrebbe essere uno dei nostri, tiè!!!”. Il nostro “immaginario” (ma non tanto) interlocutore fa il segno dell’ombrello tanto per essere carino.

Dal punto di vista di “sinistra” (nb. le virgolette): “Cornuti e mazziati! Si sono presa tutta la Rai ed ora TeleMeloni è completa. Da adesso in poi nulla sarà più come prima. E adesso faranno pure i generosi: vedete, vi abbiamo lasciato quel marxista-leninista-maotsetungpensiero di Terzulli al Tg3 e un certo Coletta alla direzione del coordinamento dei generi, una posizione di assoluto rilievo strategico, e ce lo spacciano come uno dei nostri ma io qualche dubbio ce l’ho”. Il nostro “immaginario” (ma non tanto) interlocutore si mette le mani nei capelli, sconsolato.

Morale della favola n. 1: l’accordo di maggioranza ha funzionato benissimo e ieri il Cda Rai ha votato esattamente quanto era strato scritto dettagliatamente nei giorni prima.

Morale della favola n. 2: l’opposizione ieri formalmente con il voto contrario si è opposta ma sostanzialmente è inerme, innocua, inoffensiva cioè totalmente incapace a sostenere e proporre i termini di uno scontro efficace, di portare a casa un risultato quale che sia. 

Morale della favola n.3: nessuno pone il dubbio se questo Cda senza presidente validato dalla Vigilanza possa avere qualche profilo di illegittimità.

Morale della favola n.4: la riforma Rai  non è in calendario e non ci sarà per molto tempo ancora. 

Ieri, a valle del Cda, il consigliere Natale ha rilasciato dichiarazioni: “Il pacchetto di nomine sul quale ha votato il CdA Rai porta il segno vistosissimo di un accordo politico, interno ed esterno all'azienda, che mette in secondo piano le motivazioni editoriali anche quando la scelta cade su professionisti di riconosciuta competenza… il criterio aziendale ed editoriale non è il metro più importante di valutazione … Non stupisce che, in un quadro governato da tali logiche, sia ancora una volta gravemente vicina all'inesistenza la percentuale delle donne chiamate al ruolo di direttrici… Mentre il Media Freedom Act ci chiede di fare scelte all'insegna dell'autonomia editoriale, la maggioranza al contrario rende omaggio una volta di più alle "compatibilità politiche".

Quest’ultima perla di saggezza merita di essere affrontata per prima. Natale sa bene, o dovrebbe sapere, che l’EMFA all’art.5.2 richiede “l’adozione di criteri aperti nominati in base a procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo a livello nazionale”. Un principio che si può e si dovrebbe applicare per tutte le nomine di rilievo del Servizio Pubblico. Il problema è che Natale è stato nominato esattamente “dimenticando” quanto previsto dall’EMFA. Una sciocchezzuola. Andiamo indietro sul suo comunicato: si stupisce che mancano le donne tra i nominati di ieri? Perché non si è stupito il 27 settembre scorso quando ha preso atto che, per la prima volta, non c’è una donna a rappresentare l’opposizione in Cda? Infine, Natale si sofferma sul “vistosissimo accordo politico” come se fosse una cosa nuova: era sufficiente leggere i giornali dei giorni prima: era tutto scritto e dettagliato, punto per punto. Si stupisce? Di cosa?

Aggiorniamo l’appello di Moretti a Piazza Navona del 2002: “Con questi consiglieri non vinceremo mai”. Rossi&C possono dormire sonni sereni: la Rai ora è tutta loro. No, non proprio tutta, non esageriamo: il Tg3 è nostro!

Nota a margine: molti hanno plaudito all’intervento di Benigni su Rai Uno quando ha sollevato, giustamente, il tema di Ventotene. Ci rimane un dubbio di difficile interpretazione: la Meloni ha provocato il Parlamento sapendo quanto avrebbe detto Benigni la sera oppure Benigni ha risposto a quanto detto dalla Meloni la mattina? I due fatti certamente non sono disgiunti tra loro. Certamente il tema Ventotene è stato molto utile alla Meloni. L’arma di distrazione di massa ha funzionato benissimo.

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