La Storia ti incatena, ti colpisce al cuore profondo, ti
invade la mente e offusca il pensiero. È sempre lì dove occorre partire per
comprendere oggi, domani e dopodomani. Non c’è scampo.
Nei giorni scorsi a Napoli, il “filosofo di Colle Oppio” ovvero
l’AD Rossi ha tenuto una dotta lezione (“mettetevi comodi, sarò lungo”) sullo
stato di salute dell’Azienda che lui dirige. Ha detto tante cose che meritano
di essere rivedute ma due argomenti in particolare ci hanno colpito: Rai Way
e Sanremo.
Sul primo argomento rileggiamo quanto ha scritto Andrea
Biondi sul Sole 24 Ore: “In quel piano industriale era compresa la possibilità
di vendere una quota del 15% in Rai Way. Ma Rossi su questo pare chiudere
definitivamente la porta: «C’era un’opzione. Era stata presa in considerazione
a suo tempo prima della realizzazione del piano industriale. Ora però i conti
Rai sono più che positivi. E la vendita non è più stata presa in
considerazione». Del resto, ricorda lo stesso Rossi, «è attualmente in fase
di definizione l’ipotesi del progetto di consolidamento» fra Rai Way ed Ei
Towers, per la quale alla fine del 2024 è stata data una cornice con un
memorandum non vincolante con F2i e MediaForEurope, azionisti di Ei Towers, per
l’avvio, anche con il coinvolgimento di Rai Way e della stessa EI Towers, di
«approfondimenti preliminari sugli aspetti industriali di una eventuale
aggregazione»”.
Improvvisamente, come fulmine a ciel sereno, Rossi ci dice
lindo e pinto che A: il Piano industriale e quei 190 milioni previsti dalla “cessione”
di una parte di Rai Way non ha più senso B: che non si parla più, appunto, di
vendita ma di “fusione” e non ci dice però chi lo ha deciso ... il Cda? Quando???
C: che i lavori in corso sul MoU, in scadenza il 30 settembre di fatto sono già
approdati ad un punto fermo. Interessante. Sul punto A: che il Piano, come pure
il Contrato di Servizio che ne costituisce la cornice, fosse ad un punto morto
ne avevamo già vaga sensazione. Vaghe e generiche dichiarazioni che non hanno svelato
nulla sui passi in avanti concretamente realizzati. La Digital Media Company
(NON di Servizio Pubblico)? Chi l’ha vista! Quel piano avrebbe dovuto
poggiare su solide fondamenta finanziarie dove, appunto, la vendita di una
quota di RaiWay era un pilastro fondamentale, giusta o sbagliata che fosse. Ora
Rossi ci dice che i conti Rai vanno talmente bene che se ne può fare a meno. I dati
di bilancio recenti ci dicono: indebitamento netto, al 31 dicembre, di 513
milioni di euro … ricavi cresciuti di 115 milioni di euro rispetto al 2023
grazie agli eventi sportivi (che quest’anno non ci saranno).
A noi sembra che la lettura del dossier RaiWay debba essere
altra e di altra natura rispetto ai “semplici” conti finanziari. Vendita e fusione sono operazioni diverse, politicamente differenziate. Solito passo
indietro: a gennaio 2024 i fondi azionisti di Rai Way prendono carta e penna
(sono soliti farlo come quando scrissero direttamente a Draghi) per dire chiaro
e tondo al Cda Rai che “L’eventuale vendita da parte della Rai della quota
di Rai Way eccedente il controllo rappresenterebbe «un chiaro segnale di
disallineamento degli interessi dell’azionista Rai rispetto al resto degli
azionisti ed anticipiamo che non parteciperemmo all’eventuale collocamento di
azioni … l’operazione avrebbe chiari riflessi negativi sul potenziale processo
di consolidamento con Ei Towers”. Le parole di Rossi a Napoli hanno fatto stappare
fiumi di Prosecco agli Fondi azionisti. Il problema non sono i soldi ma il segno
politico dell’operazione che, abbiamo intuito, si vorrebbe accelerare verso la
fusione, appunto, che però non era prevista dal Piano Industriale. Del canone
di oltre 200 milioni che Rai paga a Rai Way grazie al quale si formano i
dividendi invece nessuno batte ciglio.
Capitolo Sanremo. A Napoli Rossi ha dichiarato: “La Rai farà il Festival. Se non dovesse essere quello di Sanremo, la Rai farà il suo Festival, perché è in grado di avere una macchina produttiva unica in Italia, capace di organizzare questo tipo di evento ovunque”. Passano pochi giorni, poche ore, e questa mattina il solito bene informato Mario Ajello sul Messaggero titola a caratteri cubitali “Dimenticare Sanremo la Rai porta il Festival in Versilia e in Costiera. Con il Comune rivierasco è rottura. Dal 2027 si pensa a una kermesse itinerante attraverso le più belle località italiane: da Viareggio a Sorrento, dal Gargano a Senigallia”. E giù via con una lunga serie di ipotesi che, supponibile, scateneranno l’inferno di appetiti e desideri. Leggiamo: “Sta di fatto che tra Rai e discografici il fastidio per il comportamento del Comune di Sanremo ormai è al massimo grado, e anche oltre. E nelle stanze di Via Asiago la ricerca della nuova sede per il festival sta diventando un esercizio appassionante. Si è convinti di trovare un'accoglienza più dignitosa, sia economicamente sia logisticamente, di quella avuta finora a Sanremo … E nella mappa dello Stivale, che stanno compulsando i vertici della Rai, Sanremo è un puntino ormai sbiadito”. Un “Piano B” non si nega a nessuno. Il tema però è che sia Rai che il Comune sono in un vicolo cieco. La Rai non potrebbe acconsentire ai desideri del Comune e il Comune non potrebbe scendere otre una certa soglia rispetto a quanto richiesto, pena dover riaprire un contenzioso giuridico notevole.
Solita storia,
come il Palazzo di Viale Mazzini: tutti sapevano da anni che andava sgombrato e
nessuno se ne è mai occupato, salvo attendere l’ordine di sgombero puntualmente
arrivato. Tutti sapevano da anni, da decenni, che Sanremo non avrebbe retto la
sua impalcatura per i costi e per la logistica insostenibile ed è stata
necessaria una sentenza in tribunale per cambiare le carte in tavola.
Il mare periglioso in cui naviga questo Cda, questa “destra”
al governo dell’Azienda (senza dimenticare una certa implicita complicità di
chi gli consente di rimanere a galla) è tutta semplicemente qui: navigano a
vista, senza bussola e senza mappe, con le vele basse e al comando non sa bene
chi ci sia.
bloggorai@gmail.com
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RispondiEliminaIl “Festival della Canzone Italiana” e’ nato a Viareggio
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