domenica 1 settembre 2019

Dolores

Nel mentre e nel quando allegre brigate rappresentano degnamente la Radiotelevisione Italiana Pubblica nel contesto cinematografico internazionale di Venezia fornendo adeguato ed apprezzato contributo scientifico, sociale, ideologico al dibattito in corso sulle nuove tecnologie di ripresa, sulle sceneggiature dei tempi moderni, sulle tecniche di recitazione più sofisticate e, nel mentre e nel quando la crisi di governo, pare, sembra, dicono, si appresta ad essere risolta ecco che all'orizzonte si palesano oscuri fantasmi.

Un interessante e circonvoluto articolo compare oggi sulle pagine de La Stampa, a firma di Michela Tamburino, dove si legge: "In ballo c'è il nuovo piano industriale redatto dall'a.d. Salini che il Mise potrebbe bocciare e all'a.d. non resterebbe che dimettersi, facendo saltare a cascata anche gli altri. Il Tar potrebbe accogliere il ricorso depositato dalla consigliera Borioni per la quale la seconda elezione del presidente Foa era illegittima, o dar corso alla riconta delle schede come richiesto dall'uomo pd in Vigilanza Michele Anzaldi. Infine il ministro del Tesoro di Tria potrebbe azzerare il consiglio d'amministrazione. Il governo guarda al piano industriale ma anche al Tg1 e al Tg2, e si interroga sui ruoli apicali." 
Non vogliamo e non dobbiamo interpretare quanto scrivono i colleghi ma certamente non si tratta di cosa da poco: da tempo lo abbiamo scritto ed ora prende sempre più forma il pensiero che il Piano industriale è a rischio e, di conseguenza, chi si è assunto la responsabilità della sua stesura. Ma non è tanto e solo questo di cui, da tempo, si dibatte e si riflette. Questa gestione della Rai nel suo primo anno di attività che bilancio presenta? cosa è stato fatto di nuovo e significativo? quali risultati, quale "cambiamento" ha saputo fare? La sola intenzione di procedere ad una ristrutturazione "verticale" (posti tutti i dubbi sulla sua efficacia e validità) priva delle necessarie leve di supporto finanziario è ben poca cosa. 

Si aggiunga, inoltre, che sembra essere dichiarata intenzione di questo nuovo Governo, sempre che tutto vada bene, mettere mano ad una riforma del sistema radiotelevisivo,
Ora, si dirà, ma Salini nella precedente gestione era in "quota" 5S e più volte ha ricevuto apprezzamenti da quel partito e dal PD. Logica vorrebbe che nell'ipotesi di aggiustamenti nella governance si potrebbe supporre che l'AD possa contare su qualche sponda. Ma, è noto, la politica è cosa assai più complessa delle apparenze e non è raro che sottili equilibri, opportunità e convenienze, possano condurre verso direzioni opposte da quelle visibili. Del resto, non pochi imputano a Salini responsabilità e metodi di gestione che non hanno fatto fare salti di gioia anche ai suoi sodali. Il metodo e il contenuto di alcune nomine (fatte in pieno sovranismo dilagante) non passeranno alla storia come pietre miliari del Servizio Pubblico. Il calo di ascolti per la rete ammiraglia, che si trascina quelli del Tg1, non è cosa che può passare inosservata e tanto meno essere addebitata al solo direttore di rete. Anche questo tema è in carico alla sua responsabilità: un uomo solo al comando, come la Legge prevede, affida a lui onori ed oneri. Del resto, si è pure contornato di un DG (leggiamo sempre sulla Stampa di oggi che è senza deleghe ma con uno stipendio adeguato) non previsto dalla Legge che avrebbe dovuto svolgere il ruolo di "cinghia di trasmissione" con l'Azienda. A suo tempo abbiamo scritto e sollevato dubbi e perplessità: a cosa serve una figura del genere per di più proveniente dall'esterno? Doppio danno: segno di sfiducia nei dirigenti attuali e allungamento delle linee di riporti, con evidenti ritardi e difficoltà. 

Insomma, qualche dolores autunnale comincia a farsi sentire.

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