mercoledì 25 settembre 2019

La storia e la matematica della crisi


Come noto, da un piccolo dettaglio, spesso, si osservano grandi scenari. Lo scorso lunedì ha preso avvio il Premio Italia nello scenario fantastico dei Mercati di Traiano (nel dettaglio, suggeriamo di leggere Angelo Zaccone Teodosi su Key4Biz) e, per questa circostanza, è stata proposta una Mostra sui dieci programmi che hanno fatto la storia della Rai. A parte le considerazioni sul piano espositivo, colpisce l’intenzione, il senso del progetto. Ma come? È in corso una crisi di identità, di modelli, di linguaggi, di contenuti di competizione con altre piattaforme e che cosa si propone? Una mostra sul passato? E sul futuro? Su quali nuovi programmi, quali nuove proposte, quali indirizzi strategici per riavvicinare il pubblico giovane al Servizio Pubblico? Andate a chiedere a chi è nato negli ultimi 20 anni di quei programmi. Niente, nada, nisba, niet … nulla anche ieri sera su RaiUno in onda una fiction per la terza serata di seguito, giust’appunto quella che piace tanto agli over 50, 60, 70 etc … Sintesi: la mostra sembra proprio il paradigma del Servizio Pubblico attuale con due occhi sul passato e orba sul futuro.

Questa è la nota sulla storia. Ora veniamo all’attualità e ci pensa sempre il prode Michele Anzaldi a mandare di traverso la giornata a qualcuno a Viale Mazzini. Stamattina leggiamo una sua intervista su La Notizia e se la prende, apparentemente, con Foa. “In Rai serve un cambiamento epocale. E non è possibile finché non cambia anche la dirigenza, a cominciare dal presidente Marcello Foa". Il deputato renziano e segretario della commissione Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, non è abituato a nascondersi dietro retorica e frasi di circostanza. E il concetto arriva chiaro, da uno che conosce il mondo dell'informazione come pochi: "A Viale Mazzini non si salva niente.” Boom !!! suggeriamo qualche precisazione: Foa non è la dirigenza, dovrebbe essere un presidente di garanzia che con la dirigenza dovrebbe aver poco a che fare, che poi non avrebbe svolto compiutamente o correttamente il suo compito è tutt’altra faccenda. Ma la dirigenza inizia con l’Amministratore Delegato, Fabrizio Salini, è lui il capo Azienda ed è lui che la prima responsabilità di quello che funziona e di quello che va cambiato. Tanto per capirci, le nomine nelle reti (De Santis e Freccero sempre per capirci) le ha fatte lui e non le ha portate Babbo Natale. E infatti, torniamo a bomba sul solito  ritornello: il piano industriale (che nell’articolo viene confuso con quello editoriale) e Anzaldi dice: bisogna capire se veramente si vuole realizzarlo. Già ... proprio così ...ma la domanda non è se si vuole, ma se si può. E' diverso.

E qui veniamo ad un punto delicato: da poco dovrebbero essere avviati i gruppi di lavoro per predisporre l’attuazione del  Piano Industriale e già qualcuno si lamenta perché sembrano rallentati e di chi sarebbe la colpa? Della dirigenza ... ca va sans dire!!! I soliti poltronari e coriddoristi, gattopardiani e conservatori. Al solito, la colpa è sempre di qualcun altro. Ora, intendiamoci, la musica di Anzaldi è sempre la stessa, però ha il vantaggio di essere facilmente compresa alle orecchie di chi vuol sentire. Facciamoci a capire: parla a nuora perché suocera intenda. Il giornalista chiede ad Anzaldi: insomma cambio radicale? Risposta: si , ma tutto parte dalla presidenza. Già, ma dove finisce? Consapevole che il cambio della presidenza non è cosa facile e veloce, il messaggio è un altro e chi vuol capire capisce.

E veniamo alla matematica.  Abbiamo scritto, e continueremo a farlo, sulla crisi, drammatica, degli ascolti. Su questo occorre un precisazione importante. Quando si legge che “la Rai vince la serata” ci si riferisce anzitutto allo share e poi al pubblico netto. Cosa è rilevante? Per chi realizza il programma, per la gestione dei palinsesti, lo share è più rilevante mentre per chi deve vendere il prodotto alla pubblicità è decisamente più rilevante il numero netto di telespettatori. Alle aziende che pagano gli spot si vendono i numeri dei potenziali telespettatori  e si definisce un costo contatto: tante persone, tanto pagare. Lo spot a Sanremo costa di più di quello del Tg3 linea notte. Ai pubblicitari, in soldoni, dello share non gli frega quasi nulla. Questo è l’aspetto che implicitamente drammatizza la crisi degli ascolti, cioè la possibilità che possano entrare meno soldi nelle casse della Rai.
A proposito di numeri:ieri un clamoroso boom di contatti di questo blog. GRAZIE
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