Come noto, da un piccolo
dettaglio, spesso, si osservano grandi scenari. Lo scorso lunedì ha preso avvio
il Premio Italia nello scenario fantastico dei Mercati di Traiano (nel
dettaglio, suggeriamo di leggere Angelo Zaccone Teodosi su Key4Biz) e, per
questa circostanza, è stata proposta una Mostra sui dieci programmi che hanno
fatto la storia della Rai. A parte le considerazioni sul piano espositivo, colpisce
l’intenzione, il senso del progetto. Ma come? È in corso una crisi di identità,
di modelli, di linguaggi, di contenuti di competizione con altre piattaforme e
che cosa si propone? Una mostra sul passato? E sul futuro? Su quali nuovi
programmi, quali nuove proposte, quali indirizzi strategici per riavvicinare il
pubblico giovane al Servizio Pubblico? Andate a chiedere a chi è nato negli
ultimi 20 anni di quei programmi. Niente, nada, nisba, niet … nulla anche ieri
sera su RaiUno in onda una fiction per la terza serata di seguito, giust’appunto
quella che piace tanto agli over 50, 60, 70 etc … Sintesi: la mostra sembra
proprio il paradigma del Servizio Pubblico attuale con due occhi sul passato e
orba sul futuro.
Questa è la nota sulla storia.
Ora veniamo all’attualità e ci pensa sempre il prode Michele Anzaldi a mandare
di traverso la giornata a qualcuno a Viale Mazzini. Stamattina leggiamo una sua
intervista su La Notizia e se la prende, apparentemente, con Foa. “In Rai serve un cambiamento epocale. E non è possibile
finché non cambia anche la dirigenza, a cominciare dal presidente Marcello
Foa". Il deputato renziano e segretario della commissione Vigilanza Rai,
Michele Anzaldi, non è abituato a nascondersi dietro retorica e frasi di
circostanza. E il concetto arriva chiaro, da uno che conosce il mondo
dell'informazione come pochi: "A Viale Mazzini non si salva niente.”
Boom !!! suggeriamo qualche precisazione: Foa non è la dirigenza, dovrebbe
essere un presidente di garanzia che con la dirigenza dovrebbe aver poco a che
fare, che poi non avrebbe svolto compiutamente o correttamente il suo compito è tutt’altra
faccenda. Ma la dirigenza inizia con l’Amministratore Delegato, Fabrizio
Salini, è lui il capo Azienda ed è lui che la prima responsabilità di quello
che funziona e di quello che va cambiato. Tanto per capirci, le nomine nelle
reti (De Santis e Freccero sempre per capirci) le ha fatte lui e non le ha
portate Babbo Natale. E infatti, torniamo a bomba sul solito ritornello: il piano industriale (che nell’articolo
viene confuso con quello editoriale) e Anzaldi dice: bisogna capire se
veramente si vuole realizzarlo. Già ... proprio così ...ma la domanda non è se si vuole, ma se si può. E' diverso.
E qui veniamo ad un punto delicato: da poco
dovrebbero essere avviati i gruppi di lavoro per predisporre l’attuazione
del Piano Industriale e già qualcuno si
lamenta perché sembrano rallentati e di chi sarebbe la colpa? Della dirigenza ... ca
va sans dire!!! I soliti poltronari e coriddoristi, gattopardiani e
conservatori. Al solito, la colpa è sempre di qualcun altro. Ora, intendiamoci,
la musica di Anzaldi è sempre la stessa, però ha il vantaggio di essere facilmente
compresa alle orecchie di chi vuol sentire. Facciamoci a capire: parla a nuora perché
suocera intenda. Il giornalista chiede ad Anzaldi: insomma cambio radicale? Risposta:
si , ma tutto parte dalla presidenza. Già, ma dove finisce? Consapevole che il
cambio della presidenza non è cosa facile e veloce, il messaggio è un altro e
chi vuol capire capisce.
E veniamo alla matematica. Abbiamo scritto, e continueremo a farlo, sulla
crisi, drammatica, degli ascolti. Su questo occorre un precisazione importante.
Quando si legge che “la Rai vince la serata” ci si riferisce anzitutto allo
share e poi al pubblico netto. Cosa è rilevante? Per chi realizza il programma,
per la gestione dei palinsesti, lo share è più rilevante mentre per chi deve
vendere il prodotto alla pubblicità è decisamente più rilevante il numero netto
di telespettatori. Alle aziende che pagano gli spot si vendono i numeri dei
potenziali telespettatori e si definisce
un costo contatto: tante persone, tanto pagare. Lo spot a Sanremo costa di più
di quello del Tg3 linea notte. Ai pubblicitari, in soldoni, dello share non gli
frega quasi nulla. Questo è l’aspetto che implicitamente drammatizza la crisi degli
ascolti, cioè la possibilità che possano entrare meno soldi nelle casse della
Rai.
A proposito di numeri:ieri un clamoroso boom di contatti di questo blog. GRAZIE
bloggorai@gmail.com
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