lunedì 31 maggio 2021

Rimanete sintonizzati...

 Il post di oggi verrà pubblicato nel pomeriggio con una notizia importante che ci è stata promessa.

State sereni (si fa per dire ...☂☂☂☂☆☀☁)...non vi riveleremo il nome del prossimo AD e nemmeno vi diremo se Mara Venier condurrà Sanremo. Diciamo, un buon tema di grande riflessione.

Buona Giornata!

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Bloggorai: lettori collegati, lettori fortunati

I lettori di questo blog si possono ritenere fortunati: ricevono gratis e con un certo anticipo quello che invece altri devono pagare per avere in ritardo.

Guardate oggi sui due principali quotidiani, Corriere e Repubblica, pubblicano un fritto misto di cose già scritte da Bloggorai (in particolare sui “metodi” Draghi) e non c’è una notizia nuova manco a cercarla con il lanternino.

Anche noi, per i prossimi giorni, ci mettiamo in fiduciosa attesa e meditabonda riflessione. Fiduciosi che tanto comunque ci attendiamo poco o nulla di meglio di quanto rispetto a quanto avvenuto finora. Non crediamo agli uomini o alle donne delle Provvidenza, a coloro che arrivano a salvare la Patria o il cavallo ferito di Viale Mazzini che dir si voglia. Vedremo.

Intanto ci segnaliamo un fatto importante: per la prima volta un consigliere Rai pubblica un resoconto dei quanto ha svolto nel suo mandato. Si tratta di Riccardo Laganà che ha reso pubblico il suo personale bilancio del lavoro svolto in Cda. È un fatto importante già di per sè ma è ancora più importante perché consente di sapere, in parte, come è trascorso questo triennio con questi amministratori. Non ci sono tracce di una iniziativa simile da parte di altri consiglieri (due nomi a caso … De Biasio e Coletti). Iniziativa apprezzabile e meritevole. Auguri.

Rimanete comunque collegati: le sorprese sono dietro l’angolo.

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domenica 30 maggio 2021

La domenica Rai del Tempo sospeso

Oggi è la prima domenica d'estate, alla vigilia di un lungo ponte di vacanza. Per quanto riguarda la Rai, come abbiamo scritto anche ieri, siamo in un Tempo Sospeso dove tutto  appare svanito, leggero, vago.

 In questo tempo, in questa palude di transito, oggi solo due segnalazioni: la prima è una riflessione di Fulvio Fiammoni su Domani dove cita un celebre film : Il giorno della marmotta dove i protagonisti ripetono sempre la stessa cosa. Riferito al dibattito sulla riforma Rai, più o meno, è vero. Da decenni si ripete il solito ritornello: fuori i partiti dalla Rai senza venirne mai a capo. Non ci illudiamo: sei proposte di legge potrebbero anche essere un buon segno ma le circostanze rendono tutto lungo e problematico. Il silenzio che si avverte da parte della politica sulla nomina dei prossimi vertici RAI non dice nulla di buono.

Allo stesso modo non ha detto nulla di buono l'ultimo Cda sulla questione del centro di produzione di Milano. Se Foa e la Lega esultano, qualcosa non torna. Da leggere il Messaggero di oggi: "Tv. Il cuore RAI rimanga a Roma" .

Tutta la vicenda non sembra molto chiara. Del resto, cosa è stato chiaro in questi tre anni?

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sabato 29 maggio 2021

Rai: il Tempo sospeso

 


Chissà per quale dannato motivo quando si avvicina il momento delle separazioni, dell’allontanamento, della fine di un periodo, il tempo entra in una diversa dimensione. Si tratta del tempo sospeso, di quegli interminabili palpiti dove tutto è pronto per cambiare, per mutare in un una nuova forma che non sarà mai più come prima. Questo tempo sospeso sembra non scorrere mai. O, almeno, scorre con tempi e ritmi diversi dal solito. Più lenti o veloci a seconda di come si trova la nostra anima. Ci sono momenti in cui fila via come il vento, altri invece si centellina con il contagocce.

Sono quegli istanti dove si osservano le persone, le cose, gli ambienti, con occhi diversi. Talvolta corre un sottilissimo senso di nostalgia e altre volte, invece, une ebbro pensiero di liberazione, di fine di percorso. Ci si trova in bilico tra ciò che è passato e ciò che sta per avvenire. Torna in mente un pensiero: ho atteso tanto l’attesa per poi scoprire che era proprio l’attesa ciò che stavo attendendo.

Eccoci, ora ci siamo. Siamo prossimi alla fine di questi tre anni trascorsi dalla Rai con questo vertice, con le persone che l’hanno governata. Sarà necessario tirare qualche filo, chiedere qualche conto, fare qualche bilancio. Non tanto e non solo per mero interesse “storico”, quanto più per capire se da quanto è avvenuto si potrà trarre qualche lezione per quanto, si spera, non dovrà più accadere.

Oggi, come immaginabile, poco o nulla da leggere. da segnalare solo un interessante articolo su L’Osservatore Romano coi il titolo “Il valore della vera cultura”

 

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venerdì 28 maggio 2021

Siamo tutti nella palude della Rai e non solo

 

                                                                          Foto di OpenClipart-Vectors da Pixabay


Oggi saremo forzatamente brevi e, temiamo, pure nei prossimi giorni, almeno fino al 7 giugno.

Siamo entrati nel pieno della terra di mezzo. Un territorio inesplorato, fangoso, oscuro, irto di insidie, trappole e tranelli. In questo luogo fumoso e nebbioso regna la trama, il complotto, la fine tessitura di ambigue e corrotte alleanze tra amici e nemici, vicini e lontani, parenti, conoscenti e perfetti sconosciuti. Quando si entra in questa palude è difficile indovinare da che parte si esce, dove finisce il perimetro dell’incertezza e dove inizia quello della granitica verità.  

Da ieri è stato valicato il Rubicone del “metodo Draghi” n. 1: decide lui e la “politica” se ne farà una ragione. Cari Di Maio, Letta, Salvini &C… avete voluto la bicicletta? Ora pedalate e la direzione ve la indico io. Punto. A capo.  Alla CdP è stato nominato un suo vecchio conoscente (Scannapieco, ex BcE) mollando uno sganassone a quanti pensavano che la “politica” potesse avere ancora voce in capitolo. Però, si dice, non sarà sempre così e già dalla prossima partita, la Rai, il “metodo Draghi n.1” potrebbe subire un aggiustamento. Noi lo abbiamo definito il “metodo n.6”: lui nomina l’AD e a tutto il resto ci pensano i partiti. Scannatevi!

A proposito di scannamento: interessante la nota di Filippo Ceccarelli oggi su Il Venerdì di Repubblica. Il Governo, per quanto sappiamo, si sarebbe affidato a società di cacciatori di teste per cercare candidature per il prossimo vertice di Viale Mazzini. Già quando abbiamo avuto le prime notizie di questa storia ci è venuto il prurito alle mani. Solitamente i “cacciatori” non agiscono per conto della Croce Rossa e di Emergency e questo è pure un dettaglio. Ma la domanda è: ce n’era proprio bisogno? Non era sufficiente rendere pubblici i nomi dei candidati-e/candidabili e accedere ai loro profili, alle loro storie e caratteristiche professionali? E' così difficile immaginare delle procedure "pubbliche" con criteri trasparenti per selezionare incarichi di interesse collettivo? Siamo ingenui, lo ammettiamo: ogni tanto ci piace pensare che questo mondo potrebbe essere migliore di come lo osserviamo. Forse più semplice ma certamente più lontano.

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giovedì 27 maggio 2021

Draghi e la Rai: l'inizio della battaglia

 

Foto di Gordon Johnson da Pixabay

Eccoci, ordunque, giunti sulla piana calda e assolata di Filippi. Il messaggero, rivolto ad Antonio e Ottaviano: “Siate pronti generali. Il nemico avanza baldanzoso, con la sanguinosa bandiera di battaglia al vento. L’azione è imminente”. Più avanti Bruto, rivolto a Cassio: “Ah, poter già conoscere la fine di questo giorno e dei suoi casi! Ma basterà che il giorno giunga alla fine perché la fine sia nota. Su, andiamo avanti”.

È una resa dei conti o una nuova stagione della politica quella che sta per iniziare in queste ore con l’avvio della grande battaglia sulle nomine nelle società consociate e controllate dallo Stato? Oggi all’ordine del giorno ci sono i nomi che guideranno Cassa Depositi e Prestiti e Ferrovie. Si comincia ad intravvedere  quale sarà il “metodo Draghi” del quale abbiamo parlato anche ieri. Per quanto è noto , si tratta di una via di mezzo tra il metodo n. 1 (decido io) e il n. 6 (decido io ma solo in parte, cioè solo l’AD e il Presidente ve lo giocate voi). Per quanto ci è dato comprendere si tratta di uno “Schiaffo ai 5 stelle” per come titola ad esempio il Fatto quotidiano di oggi oppure di “discontinuità” come invece titola Avvenire. Di certo appare come un metodo che vorrebbe sembrare di rottura con le liturgie dei partiti che esprimono una loro preferenza o quota di possesso di un territorio pubblico.  

Già, ma le cose stanno proprio così? Draghi e il suo fedelissimo Franco hanno  tutta questa forza per imporre le loro scelte mettendo sotto botta i partiti che lo sorreggono? E i partiti, o cosa ne resta di loro, sono così proni alle decisioni pro domo sua del Capo del Governo senza opporre alcuna resistenza?  Qualcosa non  torna. Che la politica, da tempo, abbia abdicato al suo ruolo di guida del Paese per lasciare il posto ad un Supertecnico di turno, di unità nazionale, è cosa nota. Come pure è noto che quando si parla de “la politica” o  dei “partiti” non si sa bene mai a chi ci si riferisce esattamente. Ma che pure le grandi decisioni strategiche sul futuro del Paese siamo completamente nella mani del SuperTecnico appare almeno, come dire, inconsueto. Poi, ci mancherebbe, tutto si può fare, basta sapere perché e per come. Tutti appartengono ad un mondo fluido, dinamico e instabile, che non si capisce dove gravita: alle prossime regionali, al presidente della Repubblica, al prossimo Parlamento?

Scendendo giù pe li rami: questa stessa politica, in questa stagione di nomine, dove punta per quanto riguarda i nuovi vertici Rai? Il calendario è ormai definito: il 7 giugno votazione rappresentante dei dipendenti, il giorno successivo Assemblea degli Azionisti in prima convocazione e il 14 in seconda. Per quella data, se tutto va bene, si potranno conoscere i nomi dei nuovi amministratori di Viale Mazzini. Of course: mistero totale su chi potranno essere, sia i due di competenza del Governo, sia quelli di nomina parlamentare. Su questi, in particolare, mistero ancora più fitto sui criteri di scelta, di selezione tra le candidature. Chissà, forse lanceranno i dadi oppure metteranno i nomi su tanti bigliettini che verranno poi estratti a sorte? Per il momento, è solo ragionevole supporre che ci potrà essere una parità di genere tra AD e Presidente e tra i 4 consiglieri e, se per quanto letto finora, il cento destra punta a riconfermare i suoi uomini, al centro sinistra (???) andrebbero due donne. Va beh, come non detto, siamo ancora a “carissimo amico ti scrivo …”.

A proposito di battaglie e di partite: sta per iniziare (e forse pure finire presto) quella sul calcio visto sugli schermi Rai. Sono in arrivo le partite dei campionati europei di cui Viale Mazzini ha acquistato i diritti (dei quali una parte rivenduti ad Amazon). Dopo di che, a partire da ottobre, scordatevi lo sport più seguito in Italia dagli schermi della Tv pubblica, sia per i telespettatori residenti in Italia, sia per quelli residenti all’estero. Infatti, chiude “La giostra dei Gol” storica trasmissione inonda su Rai Italia per problemi di diritti con la Lega Calcio. Il PD ha presentato una interrogazione a Draghi. Aggiungiamo: ieri Mediaset ha lanciato le nuove caratteristiche della sua piattaforma pay Infinity dove il piatto forte saranno, appunto, le partite della prossima Champion’s League.

Andiamo a comprare poppi corni e patatine … gli scontri stanno per cominciare.

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mercoledì 26 maggio 2021

Rai: svelato il sesto metodo Draghi

 Foto di Pandanna Imagen da Pixabay

La partita del Cuore su Mediaset, il Giro d’Italia ripreso da un cellulare, la querela a Fedez, la Relazione di Auditel… cosa manca ancora per fare danno alla Rai? Le cavallette? La siccità? L’invasione di mosche e zanzare? No, le cavallette forse no ma sarà la politica che si abbatterà sul palazzo di Viale Mazzini con una potenza inedita. I segnali ci sono tutti: le fibrillazioni (e usiamo un leggero eufemismo) intorno al Governo non inducono a sperare bene. Per Draghi si prospetta un “tirare a Campari” più o meno già visto tante volte: deve fare i conti con i partiti e sa bene che non sono conti facili dove ognuno cerca non solo di mantenere la posizione ma anche di non cedere un millimetro di spazio in vista delle prossime grandi battaglie di autunno. 

Poi, la “politica” di suo è una cavalletta devastante: vedi quanto successo ieri in Commissione Trasporti del Senato dove si dovevano affrontare le proposte di legge di riforma della Rai: non appesa seduti intorno al tavolo i vari partiti si sono presi a sportellate e hanno deciso di rinviare (se va bene forse oggi, altrimenti tra 15 giorni). E non per motivi di sostanza quanto di forma: non sono state prese in considerazione tutte le proposta ma solo due delle 5 presentate (in attesa della sesta della Lega). Da osservare che l’obiezione è sensata: perché affrontare solo le prime due  tra le 5 proposte depositate? Lo ribadiamo a futura memoria: non sarà questa legislatura a compiere questa riforma, i partiti non ne hanno voglia, forza e interesse e, qualora avessero qualche buona intenzione dovrebbero trovare una quadra tra proposte molto diverse tra loro. Auguri.

Però le tensioni nel Governo ci consentono di fare una rivelazione inedita: ci è stato riferito un nuovo “metodo Draghi”. Si tratta del Metodo n.6 (gli altri 5 ve li abbiamo ricordati ieri): l’AD lo nomino io e lascio a voi politicanti la bega del Presidente che poi tanto deve passare sotto la ghigliottina della Vigilanza e allora mi divertirò a vedervi scornare (come già successo in precedenza). Gnam , gnam… gongola il Capo del Governo, furbo, astuto, scaltro. Il ragionamento può reggere: il segno distintivo delle governance della Rai è nella nomina dell’AD per quanto la Legge lo consente. Il presidente e il Cda hanno si un ruolo, ma la logica (nefasta) dell’uomo solo al comando come prescrive appunto la 220 del 2015 fa si che i poteri forti siano assegnati prevalentemente a lui. Il “metodo Draghi” n. 6 è simile del resto a quello applicato per la composizione del governo: a lui la scelta del supertecnico (Figliuolo) e del superministro economico (Franco) mentre alla politica le grane di lavoro (Orlando), sanità (Speranza) e MISE (Giorgetti). Per tutto il resto, si vedrà.  

Per rimanere ancora un attimo sul tema nomine: vi risparmiamo gli ennesimi “soffietti” più o meno interessati che arrivano sulle redazioni di tanti giornali che riportano la solita compagnia di giro e ci soffermiamo solo su un dettaglio: tra i tanti nomi che girano, tutti rispettabilissimi, osserviamo solo che si tratta di persone che impiegheranno almeno sei mesi solo per “studiare le carte” e per sapere da che parte si trovano gli ascensori di Viale Mazzini. Poi, come al solito, inizierà la processione in visita a Saxa Rubra, alle sedi regionali, ai centri di produzione e prenderanno visione di un palinsesto del quale non hanno mai sentito parlare prima. Abbiamo già visto tutto. Grazie. Speriamo almeno che venga risparmiata la proposizione di quella faccetta un po’ così, con quello sguardo un po’ cosà, di quelli che ti guardano con un sorrisetto tra il beffardo e il compassionevole: poveracci voi, non avete capito una mazza di come si gestisce un’Azienda, mo ve lo faccio vedere io. Magari, forse, chissà, sarà anche vero e, se dovessimo giudicare per quanto avvenuto finora, ci potrà essere anche ragione. Non demordiamo: abbiamo fondate speranze che i “cacciatori di teste” possano cacciare almeno in aree protette: la zona di Viale Mazzini è ben popolata di prede e la peggiore tra loro potrebbe essere la migliore di una venuta da una lontana savana.  

Per la cronaca di oggi, riportiamo due articoli interessanti: il primo è un intervista a Marco Bassetti, CEO di Banijay, pubblicata sul Sole con il titolo “Tv, per la sfida ai contenuti all’Europa servono colossi”. Leggiamo un passaggio di rilievo: “I broadcaster commerciali avevano un grande vantaggio sui contenuti locali che avevano maggiore presa su quelli globali. Ora non è più così. Adesso le Tv commerciali non possono più competere con i contenuti premium degli streamer”. La partita, sostiene Bassetti, è tutta interna al perimetro risorse e contenuti.  Par di capire che a questo campionato la Rai non si nemmeno iscritta.   Altra notiziola: Disney ha deciso di chiudere non solo gli store dove vende gadget, ma anche oltre 100 canali in giro per il mondo per concentrarsi ulteriormente sullo streaming. Digitali terrestri… tremate!

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martedì 25 maggio 2021

Auditel: la Tv al centro del Villaggio (e la Rai?)


                                                              Foto di Gerd Altmann da Pixabay

La Rai è ancora al centro del Villaggio? Parliamo del sistema delle telecomunicazioni, della nuova e diversa società rispetto a quella dove è nata e cresciuta. Parliamo di quel Paese che ha fortemente contribuito ad alfabetizzare, ad informare, educare e divertire nei decenni trascorsi.  Ora quel Paese è diverso, è mutato socialmente, culturalmente e tecnologicamente. Da tempo l’assioma Rai=Televisione o viceversa non regge più. Per un lungo periodo i telespettatori hanno considerato che l’oggetto, il teleschermo, fosse una cosa sola con il suo editore e tutto il resto del mondo era complementare. Prima l’avvento della televisione commerciale e poi l’irrompere di Internet ne hanno demolito completamente il suo ruolo centrale e primario nel “sentiment” nazionale.  Quindi, la Rai non è più, da tempo, al centro del Villaggio ed è ragionevolmente difficile immaginare che ci possa tornare. È necessario prenderne atto e si tratta solo di capire come, in che termini, con quali prospettive e posizionamento potrà ancora farne parte. La sfida è aperta.

Ieri è stata presentata in Senato la consueta Relazione Annuale Auditel dopo aver dovuto saltare la precedente edizione causa Covid. Come anticipato e promesso, riportiamo una sintesi del documento, illustrato dal Presidente Auditel Andrea Imperiali. La Relazione si è sviluppata lungo tre direttrici:

La prima: il 2020 sarà ricordato come l’anno in cui la popolazione italiana, segregata dalCovid-19, ha giocoforza compiuto un gigantesco balzo sul fronte della digitalizzazione. Si è dotata, infatti, di nuovi collegamenti internet e di nuovi device; ha imparato velocemente a governarli; ha avviato una fruizione più consapevole dei contenuti multimediali. E con l’utilizzo di Smart TV, personal computer e smartphone, ha notevolmente incrementato la visione della cosiddetta “TV fuori dal televisore”.

La seconda direttrice riguarda l’affermarsi di un nuovo contesto competitivo. Concentrazione crescente. Irrompere di soggetti con dimensioni di scala globali e che sfuggono a ogni forma di regolamentazione e controllo. Aumento della pressione competitiva sugli operatori tradizionali. L’insieme di questi fattori, diversi ma convergenti, sta radicalmente ridisegnando l’industria televisiva.

La terza direttrice, non a caso, sottolinea il ruolo più che mai fondamentale che, in questo rivoluzionato contesto, sono chiamate a svolgere le Istituzioni e le Autorità di regolazione. Lo sono soprattutto alla luce della stagione costituente che, negli ultimi mesi, sta caratterizzando le decisioni europee finalizzate a ricondurre le nuove tecnologie - e i fenomeni che ne derivano - all’interno di un sistema normativo condiviso.

Quali sono i cambiamenti rilevanti? Nuove tecnologie di accesso (con l’arrivo del 5G e, soprattutto, l’estensione della copertura ultra-broadband nel Paese). Crescita esponenziale degli schermi (diventati ormai – pensate - oltre 112 milioni; e sempre più connessi). Nuovi fruitori (giacché sono i Millennials e la Generazione Z che stanno guidando questo cambiamento). Nuovi comportamenti di fruizione (tipicamente On-Demand, e non più solo nella tradizionale modalità lineare). Nuove abitudini di consumo (prevalentemente individuali e in mobilità).

Ci si augura, quindi, che vengano rafforzate quanto prima le misure intese a favorire la rottamazione dei vecchi apparecchi, l’acquisto di Smart TV e la copertura ultra-broadband, in modo che non si accresca la disuguaglianza e sia facilitata, appunto, l’inclusione digitale di tutte le famiglie italiane. Altrimenti, da un lato si perderà l’opportunità di porre rimedio a una grave distorsione sociale; dall’altro si danneggerà ancora di più la nostra industria, già fortemente sotto pressione per le nuove, insostenibili dinamiche di mercato sopra descritte.

Favoriti dal lockdown nei Paesi industrializzati, i colossi dello streaming hanno visto crescere in maniera esponenziale gli abbonamenti; e raggiunto capitalizzazioni di borsa vertiginose. Al punto da proporsi oggi con nuovi modelli di business basati non più solo sulla subscription ma anche sulla raccolta pubblicitaria.

Questo squilibrio si estende oggi anche al cuore della TV, ovvero le trasmissioni lineari dei grandi eventi live, come per esempio le partite di calcio, con Amazon che acquisisce i diritti della Champions League e Dazn che si aggiudica gli incontri della Serie A, come già ha fatto Netflix in Francia con la Ligue 1.

Quanto precede ha rimesso la TV al centro della scena mediatica. E ha sancito, in maniera irreversibile, grazie anche al moltiplicarsi degli schermi, l’affermarsi della televisione fuori dal televisore. Lo dicono i numeri: nel corso del 2020 le visualizzazioni dei contenuti TV sui device digitali sono aumentate del +63%, il Tempo Speso del +136%, e anche la pubblicità, in totale controtendenza rispetto al perimetro tradizionale, è cresciuta del +53%.

La TV, infatti, è ancora più centrale nel racconto della quotidianità e nel coinvolgimento emotivo-sociale del pubblico. E ha davanti a sé la prospettiva di una crescita sempre più marcata dello streaming. Il cui volume complessivo, secondo le ultime stime di mercato, entro il 2025 quadruplicherà, portando il traffico dati per smartphone da 7,2 a 24 gigabyte mensili; mentre il consumo di video crescerà costantemente del +30% su base annua per i prossimi quattro anni, arrivando a costituire a regime il 76% dell’intero traffico dati da mobile.

Lo streaming, insomma, sarà sempre più pratica quotidiana per tutti, e non solo in mobilità.

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Rai: siamo fuori di testa... Vi conviene stare zitti e buoni


Mal di pancia, prurito diffuso, distonia neuro vegetativa e stato confusionale (questo abbastanza consueto) sono i sintomi con i quali si apre questa giornata. Confessiamo: non sappiamo da che parte iniziare perché tanti gli argomenti sui quali riflettere sia di carattere generale, sia specifici sul fronte Rai. In genere, già dal giorno precedente abbiamo una traccia, uno spunto che poi cerchiamo di approfondire, valutare e confrontare con tanti amici, parenti e conoscenti. Se non che, poi già con i primi notiziari del mattino (all’alba) si comincia a mettere meglio a fuoco il filone prevalente e, purtroppo, iniziano i dolori. 
Già da ieri si avvertiva qualcosa quando abbiamo saputo la notiziona del giorno: la Rai querela Fedez. Acciperbacco!!! Me li immagino la nutrita schiera degli avvocati di Viale Mazzini, a partire dall’ex direttore di Affari Legali, insieme agli studi di consulenza esterna tutti insieme a fare cortei nei corridoi di Viale Mazzini urlando “Ci vedremo in Tribunale e tu, Fedez, non sai chi siamo noi!!!" Uno spettacolo da non perdere. Bene, benissimo. Se volete, prima di andae avanti, fatevi due risate:  

                                                 https://www.youtube.com/watch?v=jrY73khZ1yc

Forse Fedez non sa chi sono loro ma noi sappiamo bene chi è Fedez, cosa rappresenta e quanto “pesa” la sua influenza sociale, editoriale e culturale. La sua ultima dimostrazione di forza l’ha data proprio nei giorni scorsi con l’European Song Festival con l’annessa vittoria dei Maneskin: “Tranki raga. Appena finisce di allattare scateno la Chiarona nazionale” si è affettato a dichiarare su Twitter e, poco dopo, è arrivata appunto la moglie sollecitando la sua platea internazionale a votare i Maneskin. Avete capito bene: platea internazionale perchè gli oltre 34 milioni di follower li raccolgono dovunque, in Europa e nel mondo. Lo stesso meccanismo è stato messo in atto a Sanremo dove gli stessi 34 milioni di follower di cui godono la famiglia Ferragnez potrebbero aver pesato non poco a definire la classifica del Festival dalla canzone nazionale. La querela Rai si colloca su uno sfondo “culturale” e editoriale di rapporti tra il rapper e la Rai peraltro alquanto ambigui: il Fedez nazionale è stato invitato sul palco del Primo Maggio perché ritenuto un personaggio che tira, attrae telespettatori, specialmente giovani, cioè quegli stessi che sembrano allontanarsi sempre più da un certo tipo di televisione ed è lo stesso Fedez che nelle settimane precedenti è stato ampiamente pubblicizzato, seppur indirettamente attraverso la Maionchi,  per il suo programma andato in onda su Amazon Prime. Come si dice a Roma: de che stamo a parlà??? Se fosse possibile, pagherei il biglietto per assistere all’udienza del processo con Fedez sul banco degli imputati e il giudice che ascolta la famosa telefonata dove si parla di “contesto”. Già, il contesto. Da ricordare che nella polemica su Fedez al suo fianco si era schierato Enrico Letta: "Sono grato a Fedez, di cui condivido le parole molto forti. Ora ci aspettiamo tutti un chiarimento e la scuse della Rai". Chissà, forse arriveranno in Tribunale.

La vera notizia del giorno, il vero contesto, l’arena entro la quale si svolgono i grandi confronti, è la Relazione che ieri ha svolto Andrea Imperiali, presidente Auditel al Senato: per la televisione “tradizionale”, per il sistema dei media elettronici si sta avverando quanto da tempo immaginato. Allarme rosso e preoccupazione per le grandi sfide dagli esiti incerti. Si tratta di un documento che merita un post a parte: a breve dovremmo avere il documento completo e vi riporteremo le parti più rilevanti. Oltre al documento Imperiali, intanto merita di essere citato il duro attacco del Presidente della Vigilanza: Alberto Barachini, contro la Rai: “Il Servizio Pubblico deve recuperare sia in reputazione, sia sul fronte digitale”. Già, la reputazione. Questa mattina il Post lo volevamo impostare proprio su questo tema che, per il momento, teniamo da parte.

Nei giorni scorsi abbiamo posto la domanda se la Rai che questi amministratori lasciano nei prossimi giorni è migliore o peggiore di quella che hanno trovato nel 2018. Ora facciamo un passo in avanti: i nuovi amministratori che verranno saranno migliori o peggiori di quelli che stanno per scadere? Non abbiamo la palla di vetro ed è evidente che si pone un interrogativo che, bene che vada, troverà qualche possibile risposta tra qualche mese, magari quando ormai i treni ad alta velocità che corrono intorno alla Rai saranno già partiti. Questa mattina i “colleghi bene informati” sono tornati alla carica con le poche cartucce di cui dispongono: i soliti nomi che girano da tempo e tutti ancora a meditare su quale potrà essere il “metodo Draghi” che verrà usato. Please, rileggete il Post del 4 maggio “Rai, nel cuore della battaglia” e quello del 12 maggio “La Rai e i metodi Draghi”. Per comodità ve li riassumiamo: Metodo 1: decido da solo della serie “io so io e voi ‘nun sete un c…”. Metodo 2: parliamone, cari partiti i problemi sono sul tappeto, fatemi sapere (tanto poi decido io). Metodo 3: non è questa la priorità. Ora c’è prima il Recovery Plan e poi i vaccini, abbiate pazienza. Metodo 4: facciamo metà per uno: io nomino i ministri (AD e Presidente) e voi i sottosegretari, cioè i consiglieri (come abbiamo fatto con il Governo). Per il momento sembra avere funzionato. Metodo 5: di cosa stiamo parlando??? Se ne stanno occupando i miei “tecnici”, io ho ben altro da pensare per il mio futuro (appunto). 

Intanto però un passo avanti lo potremo fare nelle prossime ore per capire bene quale potrà essere il suo metodo effettivo (posto che potrà essere lo steso con Rai): le prossime nomine a Cassa Depositi e prestiti, il vero volano del PNNR. Sarà in quella sede che si potrà osservare bene quanto il capo del Governo saprà essere in grado di fronteggiare i partiti e contenere i loro appetiti. Il GrUno delle 6 di questa mattina non ha indotto ad essere ottimisti. Anzi.

Rimante sintonizzati: più tardi un post speciale dedicato alla Relazione Auditel.

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lunedì 24 maggio 2021

Battaglie in Europa, scaramucce in Italia

 

Foto di Pete Linforth da Pixabay

I nostri affezionati lettori possono stare tranquilli (non sereni): siamo sempre sul “pezzo” magari con un pizzico di ritardo, ma ci siamo e magari il ritardo ci consente di capire meglio ciò di cui scriviamo. L’argomento è l’Europa, quella del mercato audiovisivo, delle telecomunicazioni, del Web, dei contenuti e delle tecnologie. Nei giorni scorsi vi abbiamo accennato all’Europa della Champion’s League e a quella dei Maneskin che hanno vinto il Song Contest mentre sappiamo poco di molto altro. Ad esempio, è difficile sapere qualcosa dei disegni strategici che si dipingono nelle grandi aziende europee che si muovono con costante dinamismo alla ricerca di nuovi posizionamenti nel mercato. È noto che pure Mediaset, da tempo, è un player in questo campo e proprio recentemente ha cercato di consolidare la sua presenza in Germania e in Francia: “Vogliamo costruire il polo paneuropeo della tv gratuita. E sono orgoglioso che sarà un’azienda italiana a farlo. Serve un player di dimensioni sufficienti per rimanere in partita con i giganti americani: da solo, nessuno in Europa ce la farà” ha dichiarato recentemente Piersilvio Berlusconi. Se non che, questa strategia sembra subire rallentamenti significativi: sia da parte francese con Tf1 E M6, sia da parte tedesca con Prosiebensat si stanno facendo altri ragionamenti. La posta in palio non sembra essere solo di carattere economico, non si tratta di semplice operazioni di M&A, quanto più di carattere geopolitico. Merkel e Macron hanno a cuore non tanto il portafoglio delle loro aziende quanto il loro specifico posizionamento nello scacchiere del proprio paese e in quello europeo. Infatti, da non dimenticare che ci sono in vista le elezioni politiche nei due paesi. Per il momento, del “polo europeo “ di marca Mediaset non se parla.

Bene. Scendiamo nella bassa cucina delle nostre faccende. Oggi, come alla dogana, nulla da dichiarare, sul fronte nomine tutto tace, solo cinguettii senza significato. Il solo argomento che merita attenzione lo leggiamo su Repubblica AF con il titolo “Telco, il declino non si ferma ma c’è l’ultimo treno” a firma di Stefano Carli. Leggiamo: “Neanche il boom del digitale in Italia ha fermato il declino costante delle Telco … che segnano un calo dei ricavi intorno al 5%”. Guerra dei prezzi, investimenti, tecnologie sono i campi di battaglie per i quali occorrono strategie che, al momento, non sembrano bene definite.

A proposito del solito tema che da tempo seguiamo con particolare attenzione, il refarming delle frequenze, vi riportiamo alcun dati rilasciati dal MISE e dalla FUB (Fondazione Ugo Bordoni) a proposito della transizione al DVB-T2. I dati sono aggiornati al marzo scorso e ci dicono che in Italia  “circa 26 milioni di famiglie italiane, l’universo di riferimento dell’indagine è costituito dalle famiglie che accedono alla TV attraverso la piattaforma DTT”. Il dato di grande interesse è questo: “Le famiglie pronte a ricevere trasmissioni DVB-T2 ammontano a circa il 49,6% delle famiglie DTT, con una forchetta che va dal 47,2% al 52,0%; in termini assoluti si tratta di un insieme di famiglie compreso tra gli 11,2 e 12,3 milioni. Specularmente, le famiglie non pronte alla ricezione di programmi DVB-T2 sono comprese tra gli 11,4 e 12,5 milioni (48,0-52,8%)”. In questi numeri si pone l’allarme per quanto potrà avvenire già dal prossimo settembre, quando alcuni milioni di queste famiglie potrebbero vedere il proprio schermo tv andare in nero.

A questo proposito, merita attenzione l’intervista a Stefano Ciccotti, CTO Rai, pubblicata questa mattina su FirstOnLine:  

https://www.firstonline.info/ciccotti-rai-la-svolta-tecnologica-ci-chiama-ecco-le-nostre-strategie/

 

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domenica 23 maggio 2021

La BBC non sarà mai come la Rai, forse

 

                                                                                 Foto di TheOtherKev da Pixabay 

No, no e poi no: la Rai non potrà somigliare nemmeno lontanamente alla BBC. Non potrà esserlo per mille buoni motivi di varia natura e, tra questi ce n’è uno di carattere, passateci il termine, antropologico. Magari, si potrà pure osservare che sia un bene: siamo troppo diversi in mille aspetti dai britannici che ora non sono nemmeno più europei.

Premessa: per chi fosse interessato a saperne di più sulla BBC a confronto con la Rai in modo sintetico e sufficiente può leggere questo documento: https://www.key4biz.it/wp-content/uploads/2017/01/Chiariello_La_-governance_-della_Bbc...Federalismi.it_21.11.2016.pdf  

Già: così succede che le persone che lavorano alla BBC, nel bene e nel male, hanno un senso dell’Azienda, del suo prestigio, della sua credibilità e autorevolezza che da noi talvolta sembra sfuggire. È successo, infatti, che nei giorni scorsi, si è dimesso l’ex potente Direttore Generale Tony Hall a seguito dello scandalo sull’intervista a Lady Diana “estorta” dal giornalista Martin Bashir ben oltre 25 anni addietro quando appunto Hall era direttore delle News. Attenzione: Hall non è più alla BBC da oltre un anno e dunque si è dimesso dalla nuova carica che attualmente ricopre presso la National Gallery ammettendo in tal modo una sua diretta responsabilità per i fatti avvenuti a quel tempo. Provate ora voi ad immaginare se qualcuno, in Italia e alla Rai in particolare, facesse una cosa del genere. Provate ad immaginare che un direttore generale, un presidente, un consigliere di amministrazione, un direttore di rete o telegiornale, un capostruttura qualsiasi si prendesse la responsabilità di fare un gesto simile: vent’anni fa ho fatto una c…ta e ora sono pentito, mi scuso e tolgo il disturbo: “Tra voi, tra voi saprò dividere Il tempo mio giocondo. Tutto è follia, follia nel mondo”. No, non è nella nostra cultura, nel nostro DNA, la colpa è sempre di qualcun altro, io non c’ero e se c’ero dormivo e se dormivo, dormivo da piedi. Pressoché impossibile trovare qualcuno che possa serenamente, tranquillamente, ammettere di essere in quota parte responsabile per quanto oggi osserviamo. Sulla Rai, non ne parliamo proprio, anzi.

Bena, ma questo è solo un aspetto di quanto vi proponiamo alla riflessione. Come spesso è avvenuto, la BBC è stato un “laboratorio” importante per i servizi pubblici europei e, proprio in questi giorni, lo dimostra ancora una volta ma, purtroppo, non nel bene. Da tempo, infatti, l’emittente pubblica britannica è sotto tiro da parte del Governo Conservatore di Boris Johnson che ne vorrebbe ridurre il suo “peso” nella formazione dell’opinione pubblica nazionale. E dove è partito l’attacco? Dal canone, cioè ad uno dei suoi pilastri fondamentali della sua autonomia iniziato negli anni scorsi con la sua riduzione alle fasce di età over 70. Quella in corso tra la BBC e il Governo sarà una guerra di lunga durata: per il 2027 è prevista la scadenza della Royal Charter e, nel suo recente rinnovo, è stata prevista una “revisione di mezzo termine” che potrebbe avvenire proprio quest’anno. La posta in palio è la sua autonomia dal Governo, più o meno esattamente simile a quanto avviene da noi, dove la governance di Viale Mazzini è fortemente caratterizzata dalla presenza dell’azionista di maggioranza, il Governo appunto, che nomina AD e propone il presidente. La revisione di mezzo termine, nelle intenzioni di Johnson punta direttamente al cuore di un cardine del funzionamento della BBC e del suo ente regolatore, l’OfCom, cioè alla sua autoregolamentazione. Seguiremo gli eventi.   

Ieri, sul Corriere della sera, Aldo Grasso ha colpito ancora con il titolo “Il Servizio Pubblico e la formazione di una cultura europea” dove si pone la domanda: cosa ha fatto il Servizio Pubblico, quale apporto ha dato alla formazione di una cultura europea, per rafforzare la sua idea di Europa? Grasso ci ricorda che oggi i due soli “momenti televisivi” di grande impatto sui telespettatori sono le partite di calcio di Champions League e, come avvenuto ieri sera, l’Eurovision Song contest. Così è e tutto il resto va in secondo piano. Sappiamo tutto di Ursula Van Der Leyen e dell’ineffabile Gentiloni, delle politiche monetarie e di quanto l’Europa ci chiede ma quanto sappiamo invece di quanto l’Europa ci dice in termini di crescita sociale, di sviluppo della cultura comunitaria? Magari ci sbagliamo, ma ci sembra poco, troppo poco. Per rimanere in tema: ci sono tracce di una idea di “Servizio Pubblico radiotelevisivo comune europeo” o di qualcosa che vagamente gli possa somigliare? No. Non ci sono. Con buona pace dell’EBU.   

Oggi la giornata sarà lunga. Rimanete sintonizzati.

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sabato 22 maggio 2021

Rai: briscola, scopa e tresette

 

È ormai una consuetudine antica e consolidata: quando è tardo pomeriggio, estate o inverno che sia, ci si vede al Circolo ARCI dove da sempre si gioca a briscola. Qualche volta c’è un torneo e in palio c’è qualche bottiglia di vino buono e salcicce. Ambiente rustico, gente di pala e piccone, da poco scesa dal trattore.  A disposizione di chi non gioca ci sono molti giornali, tra i quali Der Spiegel, The Wall Street Journal, Le Monde Diplomatique, El Pais insieme a tante riviste più o meno specializzate in affari internazionali, mercati delle materie prime, fondi sovrani etc. Proprio avendo a mente questo tipo di stampa e questo genere di interlocutori che abbiamo avuto l’illuminazione di dare vita a BloggoRai. Purtroppo, ancora non ci siamo riusciti e nemmeno lontanamente avvicinati a quei modelli ma non disperiamo: magari con il prossimo Cda Rai potremo avere maggior fortuna e avere interlocutori più interessati e interessanti. Per ora a, siamo ben felici di avere i nostri lettori così come sono: attenti informati, curiosi e partecipi. Magari pochi ma molto buoni. Poi, proprio pochi forse no: abbiamo da poco superato quota 110 mila.

Oggi è sabato giorno di riposo, e ci viene in mente questa riflessione perché la domanda che abbiamo posto ieri sembra aver riscosso molta attenzione: la Rai che ci lasciano questi amministratori in uscita è migliore o peggiore di quella che hanno trovato quando sono arrivati a luglio del 2018? Le prime risposte che abbiamo ricevuto non sono incoraggianti. Però, si sa, Honi soit qui mal y pense. Magari, se il mitico e potente Marketing Rai potesse rendere pubblici i dati pubblicati sul Report settimanale “Monitoraggio dell’opinione pubblica” realizzato dal Consorzio Opinio dove a pag. 21 si leggono i dati relativi al “sentiment” degli italiani verso la Rai potremmo avere qualche indicazione utile.

Evidente che la stessa domanda si sarebbe potuta porre anche ai tanti che li hanno preceduti. Tanto per dire, vogliamo citarne due a caso tra i tanti: Celli o Cappon, che Azienda hanno lasciato in eredità? Ai posteri l’ardua sentenza ma, grosso modo, ci viene da pensare che i grandi fenomeni aziendali non nascono a caso e che ogni storia ha un suo prologo e un suo svolgimento. La situazione in cui versa la Rai non è frutto di un meteorite caduto casualmente su Viale Mazzini.   

Bene, veniamo alla cronaca quotidiana e non a caso abbiamo citato un Direttore generale del passato. Oggi è domenica e a molti colleghi evidentemente risulta faticoso uscire dal giochetto del totonomine con i soliti della partita di giro. Ci vogliamo rilassare anche noi e ci prestiamo al gioco. Non li citiamo tutti per carità di Patria ma ne proponiamo due, sempre a caso: Marcello Ciannamea e Paolo del Brocco. Per quanto ci riguarda, stimabilissime persone, seri professionisti e aziendalisti consolidati con meriti indiscutibili. Ma perché molti giornali si ostinano a concentrarsi sui loro nomi? Cosa li rende più interessanti rispetto ad altri loro colleghi e colleghe non meno di pari livello? Evidente che ci sarà un qualcosa che a noi sfugge perché altrimenti non si spiega a quale titolo si continua a leggere che l’uno o l’altro sono in pole position rispetto ad altri. Cioè? A chi? e perché? Sono stati confrontati i CV, da chi e con quali criteri di pesatura? Comunque, per non correre rischi di atteggiamento prevenuto, ci limitiamo a riportare qualche frammento di quello che si trova in rete semplicemente digitando il loro nome. Del primo si legge dalle pagine del Corriere a firma Antonella Baccaro dello scorso 3 maggio: “…il leader della Lega spingerebbe almeno per entrare nella partita della nomina dell’AD. Il nome da lui caldeggiato sarebbe interno: l’attuale responsabile dei Palinsesti Marcello Ciannamea”.  Amen. 

Del secondo riportiamo quanto ha scritto su di lui Monica Setta, giornalista esperta di vicende Rai, nel lontano 2017: “…Perché Del Brocco ha vinto su tutti? (ndr alla nomina a capo di Rai Cinema) … Raccontano fonti vicine a palazzo Chigi che la nomina - salvo blitz dell'ultima ora – è stata benedetta ieri dal segretario del Pd Matteo Renzi & dal premier Paolo Gentiloni che apprezza il manager fin dai tempi d'oro della Margherita … Ma Del Brocco ha, pure attraverso la moglie, una ragnatela di contatti importanti nel centro destra. Non serve arrivare direttamente a Silvio Berlusconi, é sufficiente ricordare l'appoggio di Gianni Letta che, proprio in questi giorni, sulla vicenda Rai, è tornato a giocare un ruolo strategico nell'head quarter berlusconiano…” Doppio Amen. Per leggere il quadretto completo: https://rassegnastampa.tiscali.it/cronaca/articoli/rai-del-brocco/  .  

Evidente che si tratta di pennellate, qualche volta graffietti innocenti, tratti che magari saranno anche cambiati nel corso del tempo e, chissà, forse anche migliorati. Già, chissà??? Però, intanto, questo passa il convento e con questo dobbiamo fare i conti.

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venerdì 21 maggio 2021

Rai: ponti d'oro al nemico che fugge

 

                                                                               Foto di Gordon Johnson da Pixabay

Nobili romani! Amici, concittadini romani! Prestatemi orecchio. 

Sono venuto a seppellire Cesare, non a farne l’elogio. 

Il male che un uomo fa, gli sopravvive, il bene, spesso, resta sepolto con le sue ossa. 

E così sia di Cesare.

Come vi abbiamo scritto già altre volte, ci sono libri che andrebbero posti sul comodino, sempre accanto, pronti per essere consultati in tante buone occasioni. Uno tra questi è il Giulio Cesare di Shakespeare, una mirabile sintesi delle vicende umane in tutte le infinite sfaccettature. Cesare doveva morire, sostenevano i congiurati, e con lui tutto il sistema di potere imperiale che aveva costruito. Se non che, Cesare era amato dal popolo e non era affatto facile dover giustificare la sua uscita di scena per mano dei congiurati. Antonio riesce nell’impresa lodando la sua figura, le sue gesta.

Bene, anche a Viale Mazzini fra poco sarà necessario tirare una linea, fare i conti con i tre anni appena trascorsi dall’insediamento di questo Cda. Come si dice: ponti d’oro al nemico che fugge e non saremo certo noi a scrivere il bilancio di quanto avvenuto in questo periodo. Almeno, non scriveremo di quanto è stato fatto, bene o male, piuttosto invece scriveremo per quello che non è stato realizzato, di quanto si doveva e poteva fare e invece non è stato compiuto. E quando cominceremo a farlo, terremo in debito conto del contesto politico e sociale in cui sono trascorsi questi lunghi e faticosi mesi. La Rai che questo Cda ha trovato a luglio del 2018 non è più la stessa: è cambiato il Paese, la società, le tecnologie di produzione e di diffusione sono evolute, il mercato in forte turbolenza, le risorse economiche sempre più scarse. La domanda che porremo è molto semplice: la Rai di oggi è migliore o peggiore di quella che hanno trovato i vari Salini, Foa, Borioni, Coletti, De Biasio, Laganà e Rossi insieme al DG Matassino, al direttore della Comunicazione Giannotti? Aggiungiamo: questa Rai che troveranno i nuovi amministratori sarà in grado di fronteggiare adeguatamente le sfide che gli si pongono, già da subito?

Per prepararci il compito che svolgeremo nei prossimi giorni, cominciamo a prendere qualche appunto. Il primo spunto ce lo fornisce questa mattina un’intervista di Marco Rossignoli, coordinatore di Aeranti Corallo, l’associazione di emittenti locali, concessa a Italia Oggi con la firma di Andrea Secchi e il titolo “Tv locali: transizione da ripensare”. Ci interessa, in particolare, il tema che seguiamo da tempo: il refarming delle frequenze e la scadenza del prossimo settembre. Leggiamo: “E’ una situazione di fortissimo ritardo…a settembre molte emittenti locali dovranno lasciare le frequenze senza sapere dove trasmettere i programmi… per procedere anche in modo molto serrato, ci vorrebbe almeno un anno… si rischia l’esclusione di numerose tv locali in molte regioni… molti telespettatori potrebbero usufruire della tv su Intenet agevolando in questa maniera i competitor che utilizzano la banda larga”. Esattamente la stessa preoccupazione che dovrebbe interessare pure la Rai. Torniamo a quando scritto in premessa: cosa non è stato fatto per fronteggiare questo rischio? Per chi segue questo Blog da tempo, sa bene come abbiamo paventato questo rischio in epoca non sospetta e abbiamo pure scritto che quanto sta avvenendo e quanto avverrà nei prossimi mesi era tutto già scritto e, ciononostante, non sembra sia stato fatto quanto necessario per affrontare adeguatamente questo problema, anzitutto da parte del MISE, con la complicità di quanti in Rai si sono trincerati dietro il ministero.

Ancora: sapete che differenza c’è tra FTTT e FTTF?  Oggi ci risponde Luigi Gubitosi, AD di Tim: la fibra passa dalle Torri al Football, dal satellite alla rete, e si riferisce al fatto che il prossimo campionato di calcio sarà integralmente trasmesso da DAZN con cui è stato sottoscritto recentemente un importante contratto di partnership. Dunque, da Fiber To The Tower a Fiber To The Football. L’ex Dg Rai gongola: “Siamo felici dell’offerta, ricchissima come mai come prima d’ora”. Ci sono in ballo diversi milioni di appassionati che vedrebbero su un’unica piattaforma un importante bouquet di programmi e prodotti. Poi torna sul problema connesso: la società unica per la rete, argomento sul quale TIM è molto interessata quando invece Draghi e Colao hanno intenzioni diverse: prevalenza del pubblico, neutralità tecnologica, gare etc.

Infine: tutto tace sul fronte totonomine: solo pensieri in libertà, ognuno è libero di spararla più grossa o, ben che vada, ripetere i soliti nomi senza porsi minimamente il problema di quanto possano avere credibilità in termini anzitutto di autonomia dalla politica. Ormai ci siamo, il conteggio ala rovescia è iniziato. Forza e coraggio: la battaglia di Filippi è dietro l’angolo.

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giovedì 20 maggio 2021

L'ordine naturale delle cose

 

                                                                            Foto di Sang Hyun Cho da Pixabay

Se i concetti non sono giusti le opere non si compiono, se le opere non si compiono arte e morale non prosperano, se arte e morale non prosperano, la giustizia non è precisa, se la giustizia non è precisa, il paese non sa dove poggiare.

Perciò non si deve tollerare che le parole non siano in ordine, è questo ciò che importa.

Allora, cerchiamo di rimettere in ordine le cose. Abbiamo scritto più volte che il destino della Rai quest’anno si lega indissolubilmente a quanto avverrà nel contesto politico entro il quale si svolgerà il cambiamento del suo vertice già dai prossimi giorni. L’Azienda di Servizio Pubblico è solo una pedina, seppure di grande interesse strategico, ma non è la sola che si dovrà muovere sulla scacchiera e ogni pezzo avrà un peso in relazione a come verranno di posti gli altri pezzi e a quale indirizzo si intende dare alla partita.

Lo scenario è composto da diversi elementi strettamente connessi tra loro. Al primo posto, in ordine cronologico, appare la tornata delle nomine nelle società controllate e consociate dalla Stato. Subito dopo si pone la nota partita dell’inizio del semestre bianco di Mattarella, con i rischi che si possono correre di forti tensioni tra i partiti (il PD e M5S in caduta libera mentre FdI e Lega crescono). Il Governo può correre rischi? Subito dopo, a seguire, le elezioni amministrative mentre il tutto si lega alle riforme inderogabili (fisco e giustizia in primo luogo) contestuali al PNNR.

In questa settimana si svolgono due Assemblee di valore strategico: oggi Cassa Depositi e Prestiti, a seguire Ferrovie e subito dopo Rai (l’8 giugno). Le prime due saranno cartine di tornasole per svelare il famigerato “metodo Draghi” sul quale tanti esperti si sono esercitati nella sua esegesi. Certo, se si dovesse dare credito a quanto si legge ad esempio oggi su La Stampa, con la firma di Federico Capurso, non c’è da stare molti allegri dove addirittura si legge che “Di Maio avrebbe preparato uno schema, insieme a Pd e Leu. Per la presidenza si fa il nome di Beatrice Coletti, attualmente in Cda in quota M5S, mentre l’uomo alla guida di Rai Cinema, Paolo del Brocco, verrebbe promosso ad amministratore delegato”. Ammesso e non concesso che ci possa essere un accordo di tal genere, con quali criteri sarebbero state scelte queste persone (oltre i loro indiscutibili meriti)? Sono stati confrontati i loro Cv con quelli degli altri candidati? Se mai c’è un metodo, una teoria, che allontana sempre più le sorti della Rai da un futuro possibile è proprio nella speranza di non leggere ancora che ci sia qualcuno in giro che ha in mente di fare questo tipo di accordi sottobanco.   

Tutto questo avverrà mentre sono in pieno svolgimento appuntamenti di grande rilievo: 5G e rete unica e refarming delle frequenze. Su questo secondo punto, siamo in attesa di conoscere i dati aggiornati che il MISE dovrebbe rilasciare in relazione all’andamento del parco televisori che si dovranno rottamare a partire dal prossimo settembre. Per quanto finora noto, siamo in drammatico ritardo: l’effetto Covid si è fatto sentire e, aggiungiamo e sottolineiamo, grazie pure ad una campagna di informazione di basso rilievo (complice anche la Rai) le vendite di nuovi televisori e decoder non sembrano andare come sperato. Nel frattempo, non è stato ancora deliberato dallo stesso MISE il decreto che estende l’incentivo fino a 100 euro che dovrebbe superare il precedente limite di riferimento a famiglie con reddito ISEE fino a 20 mila euro. Molti sperano che un incentivo “sostanziale” all’acquisto di un nuovo televisore possa avvenire con l’inizio degli europei di calcio e con le Olimpiadi di Tokio.  

Sul primo punto invece, a quanto sembra, siamo in una situazione di stallo. Il Governo, per quanto ha dichiarato Giorgetti, non sembra avere particolare attenzione e interesse a sostenere il progetto di rete unica per come era stata concepita alla fine dello scorso agosto. Si vuole fare presto (Colao dixit) ma non necessariamente con quei presupposti, anzi.

Torniamo per un momento ancora all’argomento che abbiamo trattato nei giorni scorsi: il canale 20 di proprietà Mediaset definito da AgCom come “generalista” (sarebbe il quarto). I nostri attenti ed esperti lettori sono al lavoro per aiutarci a comprendere bene questa storia che richiede molta attenzione e studio di documenti complessi. Per ora ci limitiamo a riportare una domanda tanto semplice quanto complessa nella risposta: è lecito, è previsto o viceversa è vietato, che un solo soggetto possa essere proprietario di più di tre reti nazionali generaliste? Tanto per capirci, si tratta di decifrare correttamente quanto disposto dall’art. 5 comma 1 lett. dlgs n. 177/05 (TUSMAR) dove si legge: “…previsione di titoli distinti per lo svolgimento delle attività di fornitura di cui alla lettera b), rispettivamente in ambito nazionale o in ambito locale, quando le stesse siano esercitate su frequenze terrestri, stabilendo, comunque, che uno stesso soggetto o soggetti tra di loro in rapporto di controllo o di collegamento non possono essere, contemporaneamente, titolari di autorizzazione per la fornitura di contenuti televisivi in ambito nazionale e in ambito locale o radiofonici in ambito nazionale e in ambito locale e che non possono essere rilasciate autorizzazioni che consentano ad ogni fornitore di contenuti in ambito locale di irradiare nello stesso bacino più del 20 per cento di programmi televisivi numerici in ambito locale”. Si può ben capire che la materia è molto complessa e proprio per questa sua natura ci impone di essere tanto precisi quanto attenti perché, è noto, proprio nella conduzione e nell’incertezza si celano spesso trappole e misfatti.

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mercoledì 19 maggio 2021

Rai: la forma dell'acqua

 

                                                     Foto di Rony Michaud da Pixabay

Già una volta ci siamo soffermati su una riflessione a proposito della forma e della sostanza, di come un fenomeno viene rappresentato e di come invece si percepisce, di quanto si pone in primo piano e di quanto invece si perde sullo sfondo. Oggi torniamo sull’argomento con un aggiornamento.

Ieri è avvenuta la presentazione on line del volume “Coesione Sociale - La sfida del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale - a cura dell’Ufficio Studi Rai”. Ne avevamo già parlato in precedenti occasioni: si tratta di un lavoro importante che, peraltro, deriva direttamente dai cosiddetti obblighi da Contratto di Servizio (art. 25.o). È un argomento di grande interesse che riporta a buona parte delle riflessioni sulla missione e sulla visione del Servizio Pubblico. Se non ché, tanta rilevanza e centralità sembra inversamente proporzionale all’attenzione che ha riscosso. È successo, infatti, che di questa iniziativa non se ne trova traccia da nessuna parte se non nel comunicato rilasciato dall’Ufficio Stampa. Non si trova una riga su un giornale nemmeno a pagarlo, non ci sono tracce sul Web e se digitate “coesione sociale Rai” non arrivate alla terza riga, dove la seconda è occupata dall’unica fonte che riporta dell’evento: Prima Comunicazione con dichiarazioni di Giovanni Parapini, direttore di Rai per il Sociale. Punto. Allora, chiediamo, quale è il senso di una iniziativa importante che non riesce a sollevare l’alzata di un ciglio? A chi era destinata questa iniziativa? All’interno dell’Azienda? No, perché è stata già fatta nel recente passato, esattamente a marzo dello scorso anno. E a chi altro allora poteva e doveva essere rivolta? Se pure si voleva “allargare la platea” degli interlocutori si doveva fare in modo che questi ne fossero a conoscenza e il solo Comunicato dell’US non è sufficiente a renderlo noto al grande pubblico che non ha accesso a questa comunicazione. Delle due l’una: o non interessa a nessuno o non è stata “comunicata” bene. Siamo propensi a credere che la prima ipotesi non sia valida. L’argomento è centrale per mille aspetti, non ultimo perché una iniziativa del genere, l’impegno della Rai in questa direzione, porta tutta acqua al mulino della sua reputazione, della sua credibilità, della sua percezione come Azienda attenta e partecipe ai grandi problemi sociali che interessano il Paese. Dunque, rimane la seconda ipotesi. Si pone allora l’interrogativo: perché? Al momento non abbiamo una risposta convincente. Qualcuno ci ha fatto notare che ieri non ha partecipato l’AD Salini (in tutt’altre faccende affancendato). Non siamo maligni a tal punto da pensare che ci sia qualche relazione con il fatto che quasi nessuno ha prestato attenzione a questo appuntamento e ci limitiamo a constatare che così è. Punto, andiamo avanti.

Torniamo su un argomento che, misteriosamente, non sembra essere di grande interesse giornalistico. Si tratta della vicenda del Canale 20, di proprietà Mediaset, che recentemente è stato trasformato da “tematico” in “generalista”. Nel mentre che cerchiamo di approfondire, oggi segnaliamo che è stato ripreso da Vincenzo Vita sul Manifesto con il titolo “Un’autorità ad una sola dimensione” che riprende quanto già scritto da Carlo Tecce su L’Espresso e riferita alla delibera AgCom 116/21 firmata dalla commissaria Laura Aria. L’argomento è molto controverso e richiede uno studio approfondito e, per quanto stiamo cercando faticosamente di studiare, qualcosa non ci torna. Come abbiamo scritto, la lettura “sostanziale” della vicenda porta a sostenere che sia stato fatto “un regalo” a Mediaset concedendo il rango di “generalista” ad un canale che, di fatto, fino a poco tempo addietro la stessa concessionaria di pubblicità Mediaset, Publitalia, considerava “tematico”: vedi https://www.publitalia.it/sezione/portfolio/9.html e lo definiva come un canale che “gode di un palinsesto ricco che lo posiziona su un target centrale di adulti 24-54. Con uno share 15-64 nelle 24 ore dell’1,2%”. Non si fa alcun riferimento all’obbligo di produrre “informazione” come la stessa Autorità specifica nella definizione delle diverse tipologie di canali.

Una nostra autorevole fonte ci riferisce che non si tratta di una “violazione” di norme quanto di un naturale aggiornamento del Piano di numerazione automatica dei canali digitali terrestri, quindi senza alcuna “novità” rispetto a quanto già noto in precedenza. Al momento, ci limitiamo ad osservare che, come detto prima, si pone un problema di forma e uno di sostanza. Quello di forma riguarda la storia di questo canale, a partire da Retecapri, e di quanto avvenuto successivamente. Inoltre, sarebbe necessario ricostruire perché e per come, ad esempio, Rai ha assistito a questo processo. Infine, sempre per quanto riguarda la forma, sarebbe opportuno capire bene se e in quale rilievo questo Canale 20 viene posizionato ai fini della rilevazione delle posizioni dominanti. Per quanto riguarda invece la sostanza, al netto di ciò che le norme consentono o meno, al momento si può solo constatare che si tratta di un canale generalista in più di cui Mediaset dispone. Seguiremo ancora l’argomento.

Per tutti il resto, ci avviamo velocemente verso lo show down per il rinnovo del Cda Rai: ricordiamo che il 7 giugno dovrebbe avvenire l’elezione del rappresentante dei dipendenti e che il giorno successivo, l’8, è stata convocata l’Assemblea degli azionisti Rai per l’approvazione del bilancio e proposizione dei due nomi di sua competenza. È prevista una seconda convocazione per il 14 giugno. Non è ancora stata calendarizzata invece la votazione di Camera e Senato per la nomina dei quattro Consiglieri di loro competenza. Da alcuni giorni i colleghi “solitamente bene informati” sui nomi “in quota” o in simpatia di questo o quel partito come pure su quale “metodo” potrà adoperare Draghi tacciono silenti. Fenomeno anomalo e curioso.

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martedì 18 maggio 2021

Cerco un centro di gravità permanente

 

                                                                Foto di otrags da Pixabay 

... Capitani coraggiosi, furbi contrabbandieri macedoni. Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei Ming.

 ... il mondo è grigio il mondo è blu ...Lady madonna ...I can try ... with a little help from my friends ...  oh oh goodbye Ruby tuesday... come on baby let’s twist again ... once upon a time ... you dressed so fine, Mary... like just a woman... like a rolling stone... like a Rolling Stone ...

 

I nostri lettori sono esperti, attenti e informati. Non gli sfugge nulla. Questo ci costringe ad essere accurati e documentati per evitare, per quanto possibile, di scrivere strafalcioni. Oggi abbiamo molto materiale di gande interesse che richiederà tempo per essere studiato e dibattuto per essere compreso. 

Si tratta anzitutto delle due nuove proposte di riforma della governance Rai presentate da Michele Anzaldi di Italia Viva e da Maurizio Gasparri di Forza Italia. Si aggiungono a quelle già note di Roberto Fico (M5S), del PD (Fedeli/Orlando) e di Fornaro (LEU) alle quali si potrebbe aggiungere presto quella della Lega. Quella di IV è una proposta articolata che si riferisce al modello duale che sembra raccogliere consenso: viene istituita una Fondazione che diviene proprietaria della Rai e che “… garantisce l'autonomia del servizio pubblico radiotelevisivo dal potere politico ed economico; verifica il valore pubblico della programmazione; assicura la gestione efficiente della RAI Spa e delle società controllate dalla stessa e svolge ogni altro compito o attività previsto dallo statuto ai sensi della presente legge”. La Fondazione è gestita da un Consiglio “…composto da undici membri, di cui quattro eletti dalla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi a maggioranza qualificata dei due terzi dei suoi componenti; due nominati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata «Conferenza permanente»; un rappresentante dell'Ordine dei Giornalisti; uno nominato dal Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU); uno nominato dall'Accademia nazionale dei Lincei; uno nominato dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI); uno dai dipendenti della RAI Spa e delle società controllate dalla stessa”.

La proposta di FI si concentra invece su un Ddl che “si prefigge l'obiettivo di novellare nuovamente l'articolo 49 del decreto legislativo n.177 del 2005 con riferimento alla figura dell'amministratore delegato, stante, in particolare, l’aumento dei poteri in capo allo stesso che, seppur all'epoca della riforma giustificato dalla necessità di una maggiore efficienza nella gestione aziendale, appare oggi eccessivo” laddove il focus è tutto sula definizione del ruolo e dei poteri del Direttore Generale e non più dell’Amministratore Delegato come avviene oggi in base a quanto dispone la Legge 220 del 2015. Si specifica, in particolare, che il DG “partecipa, senza diritto di voto, alle riunioni del consiglio di amministrazione”. Nulla si dice invece rispetto agli organi di gestione, alle modalità di nomina dei suoi componenti e la loro durata in carica. In sostanza, più che una proposta di riforma, sembra trattarsi di un “aggiustamento” della legislazione in vigore.

Altro approccio invece quello di IV che “ … riprende integralmente il disegno di legge Atto Senato n. 1588 presentato nel 2007, durante la XV legislatura, dall'allora Governo Prodi, con alcuni, necessari, adeguamenti e aggiornamenti. Del resto, la proposta di legge risponde a un'esigenza ancora più attuale di riformare il servizio pubblico, la stessa di undici anni fa, ovvero creare un servizio pubblico televisivo scevro dalle dinamiche partitiche, verso una azienda in grado di competere a livello internazionale e di fornire un vero e proprio servizio pubblico nei confronti dei cittadini”.

Lo stato dell’arte, a questo punto, è che il prossimo 25 maggio in Commissione Lavori Pubblici e Comunicazioni del Senato, ci saranno sui tavoli dei parlamentari 5 proposte. Il primo punto che si dovrà affrontare è di tipo procedurale: si dovrà decidere infatti se esaminare singolarmente i singoli progetti o cercare in via preliminare una sintesi tra gli stessi per arrivare poi ad un documento comune.

Bene. Veniamo al calendario: è stata fissata per il prossimo lunedì 7 giugno la data per lo svolgimento delle elezioni per il rappresentate dei dipendenti nel Cda Rai e per il giorno successivo la prima convocazione dell’Assemblea dei soci dove l’Azionista di maggioranza potrebbe/dovrebbe indicare i suoi due nomi di competenza.

Infine, riprendiamo il problema sollevato da Carlo Tecce su L’Espresso della scorsa settimana (da soli, perché nessuno se ne sta occupando) a proposito del canale 20. Ieri abbiamo avuto diversi confronti con lettori esperti dell’argomento e ricevuto varia documentazione che si dovrà leggere attentamente. Il punto centrale è capire se è stato fatto un “regalo” a Mediaset concedendo il valore di “canale generalista” a quello che invece aveva, ed ha in parte tuttora, le caratteristiche di canale tematico o meno. Il dibattito si riferisce ad un ambito formalmente terminologico: cosa si intende per “canale generalista” e a quali obblighi di programmazione deve adempiere? Nell’allegato alla Delibera AGCom 116/21/Cons si definisce “f) canale generalista nazionale: canale storicamente irradiato in ambito nazionale in tecnica analogica e simulcast analogico-digitale che trasmette in chiaro prevalentemente programmi di tipo generalista con obbligo di informazione ai sensi dell’articolo 7 del Testo Unico, indipendentemente dall’eventuale intervenuta modifica del marchio editoriale o del soggetto che detiene il titolo abilitativo”. Ora il problema è capire che vincoli di programmazione deve avere un tale canale: “obbligo di informazione” infatti cosa significa? Rimandare in onda “pillole” di pochi minuti riprese dalle testate giornalistiche del gruppo (in questo caso Mediaset) oppure realizzare servizi informativi con una propria redazione? I documenti da studiare sono tanti, in particolare è necessario riprendere il TUSMAR e successivi aggiornamenti. Un canale che manda in onda oltre l’88% di fiction si può definire “generalista”? Ci viene ricordato che il listino di Publitalia assegna il canale 20 all’ambito dei “tematici”. Quello che ci appare, al netto di ulteriori approfondimenti, che non si tratta si sola questione “terminologica”: per Mediaset avere un canale generalista in più rispetto alla Rai è un fatto di grande sostanza e rilievo. Come sosteneva la mamma: “Ricorda, figlio mio, che dove non c’è guadagno la remissione è certa” e, in questo caso, non si capisce proprio dove possa essere il guadagno per Rai se, non al contrario, avere un ulteriore “concorrente” nel numero dei canali generalisti offerti ai telespettatori. Meglio un canale in più che uno in meno. O no??? 

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domenica 16 maggio 2021

Vittime e carnefici nell'arena della Rai

 

Si avvertono forti rumori di fondo nel sottosuolo del Colosseo: vittime e carnefici insieme a musici e inservienti si preparano allo spettacolo. Qualcuno sopravvivrà, altri periranno mentre molti stanno a guardare.

Buon inizio di settimana, mettetevi comodi: il lunedì andiamo lunghi (per i Raiotici consigliamo di iniziare dal fondo di questo Post). Il clima politico non sembra volgere al meglio e ce n’è buon motivo. La forte tensione tra Salvini e Letta è spiegata e comprensibile. Sarebbe anomalo il contrario: cosa hanno in comune i due partiti? La loro presenza intorno al tavolo del governo Draghi era ed è giustificata, in parte, dalla necessità di affrontare con urgenza le due grandi emergenze del Paese: il Covid e il Recovery Plan. Oltre non si potrebbe e non si dovrebbe andare. Per semplificare: se Salvini sostiene che vedrebbe bene Draghi al Quirinale, al PD viceversa dovrebbe venire l’orticaria. Sulla riforma della giustizia difficile immaginare che ci possa essere un comun sentire tra i due soggetti. Tralasciamo il M5S perché in questo momento hanno ben altre difficoltà. Se la Lega presenterà una proposta di legge sulla riforma della Rai, dove ad esempio si abolisce la figura dell’AD sarà necessario essere attenti e prudenti prima di addentrarci su questo terreno. Pensare che sia sufficiente dire “riformare la Rai” per cavarsela con quatto soldi può appagare la vanagloria di alcuni quanto pure può apparire come una colossale bufala fuori tempo e fuori contesto.

Ci capita spesso e volentieri di leggere commenti di autorevoli ed esperti colleghi sempre molto attenti ai temi e problemi della Rai e del Servizio Pubblico. In questo momento poi, in vista del rinnovo del prossimo Cda, sono più o meno tutti particolarmente sensibili e con la tastiera bollente. Nei giorni scorsi abbiamo letto nell’ordine: Riccardo Luna su Repubblica con il titolo “La Tv che manca alla Rai”; Giovanni Valentini sul Fatto Quotidiano con il titolo “La Rai di Letta e la riforma del Gattopardo” e, infine, Paolo Festuccia su La stampa con il titolo “L’euroscivolone della Tv pubblica al capolinea”.

Ci fa solo che piacere sapere che sono molti coloro che si preoccupano, giustamente, sulle sorti della Rai e, più in generale, del Servizio Pubblico Radiotelevisivo alla vigilia di mutazioni normative, tecnologiche e di mercato tanto importanti. Rimaniamo alquanto stupiti però nell’osservare che, come si dice … “manca sempre un soldo per fare una lira”. Il ragionamento comune e sempre più diffuso e condiviso, vuole che sia giusto e giunto il momento di mettere mano e porre fine alla “dittatura” dell’ingerenza della politica su Viale Mazzini. Fin qui, tutti d’accordo, almeno formalmente. Se invece si tratta di capire bene in che termini, con quali tempi e in quale contesto questa riforma Rai possa o debba avvenire, non si legge una sola riga di proposta, di dibattito, di riflessione. Infatti non si legge una sola riga sul fatto che la Rai debba essere riformata non tanto e non solo in virtù dell’abolizione della tanto vituperata Legge 220 del 2015 quanto invece perché, semplicemente, si deve riformare un’Azienda che non regge più il confronto con quanto sta avvenendo intorno a lei. Non regge più anzitutto il confronto con quanto avviene in Europa, nel mondo, sul piano dei contenuti e dello sviluppo tecnologico. La Rai è ancorata ad un modello produttivo o organizzativo nato in epoca preistorica, quando la “politica” voleva avere una rete e una testata di riferimento: RaiUno alla DC, RaiDue al Psi e RaiTre al PCI. Parliamo di pleistocene. L’era moderna invece vede a RaiUno il PD alleato con M5S al Tg1; RaiDue e Tg2 ad una destra qualsiasi (scegliete voi tra Lega, FdI etc) e RaiTre al M5S alleato con il PD o che dir si voglia o viceversa.  

Morale della favola: è utile, fa comodo, riempire spazio e parlare di “riforma della Rai” senza l’obbligo di dover specificare il senso generale, la sua missione, la direzione e il contesto entro la quale si possa collocare. Un ragionamento simile è stato proposto dagli altri servizi pubblici europei già da alcuni anni. Per prima è stata la BBC nel 2018, alla vigilia del suo ultimo Piano industriale, quando ha cominciato ad interrogarsi sulla mutazione genetica in corso nel  suo pubblico e, in particolare, quello giovane, che stava migrando massicciamente verso altre emittenti/piattaforme e modalità di fruizione dei prodotti audiovisivi.  Da noi tutto questo è eresia. Non c’è anima pia che si voglia interrogare sul futuro della Rai in termini di quanto possa e debba produrre, di quanto costa per quanto rende, di quante persone ci lavorano, di quali tecnologie possa utilizzare e così via. Insomma, a farla breve, la sensazione forte che avvertiamo in questo momento è che si voglia, volenti o nolenti, mettere una pezza più piccola del buco che si vorrebbe tappare. Intendiamoci però: cercare di tenere lontano la Rai dai partiti è sempre e comunque un obiettivo meritevole di esser sostenuto. Ma, purtroppo, dobbiamo constatare che fintanto che gli artifici di questo cambiamento saranno per buona parte gli stessi che dovranno segare il ramo dove sono seduti la vediamo molto dura. Tanto per intenderci e riprendiamo quanto abbiamo scritto ieri: fintanto che leggiamo che il M5S vuole “far sentire la sua voce in capitolo” e che Tizio o Caia sono in “quota” al PD o nelle simpatie di una delle sue correnti, Franceschini o Orlando che siano, è lecito avere seri dubbi che si possa portare a casa un risultato apprezzabile. Eppoi: quale risultato? Come noto, le proposte di riforma della Rai sono tante e diverse tra loro, alcune anche in modo rilevante. Ad esempio, tra quella M5S (Fico) e quella PD ce ne corrono tante non di poco conto e ancora di più ce ne potranno essere con quelle di FdI e Lega.

Tanto per rimanere in argomento di riforme strutturali e di sistema, ci domandiamo e chiediamo: ma a Viale Mazzini c’è qualcuno che legge attentamente  i giornali e individua i problemi? Ci riferiamo alla vicenda sollevata da Carlo Tecce su L’Espresso a proposito di AgCom e al via libera per la nascita di un nuovo canale generalista, il n.20, posseduto da Mediaset. Più cerchiamo di sapere e approfondire e più ci stiamo convincendo che si tratta proprio di una operazione che non avvantaggia certo la Rai, anzi!!! Un nuovo canale con le caratteristiche di “generalista” non sembra proprio esser di grande giovamento e supporto. Basta pensare che potrebbe sottrarre ulteriori risorse, già scarse, dalla torta della pubblicità. E diciamo poco. Però, di tutto questo, per quanto riusciamo a capire e sapere, a Viale Mazzini, almeno fino a questa mattina, cascano dal pero, per non dire degli altri giornali che non si sono nemmeno accorti del problema, quanto invece sono sempre molto sensibili al totonomine Rai ed a supportare alcuni nomi piuttosto che altri.

Chiudiamo: siamo in attesa di avere notizie dalla Lega e da Fratelli d’Italia sulle loro proposte di Legge. Vi terremo informati.

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