venerdì 27 settembre 2019

No, la Rai non è la BBC .. proprio no


No, proprio  no, la Rai non è la BBC e forse non potrà mai esserlo. Ieri due avvenimenti hanno riportato in vigore questo antico pensiero. Il primo lo ha fornito la lezione che Tony Hall, CEO della BBC ha tenuto a Roma nell’ambito del Prix Italia (of course, sulla stampa non se ne accorto nessuno) mentre il secondo lo ha fornito la messa in onda su RaiDue dello speciale in memoria di Renzo Boncompagni con il titolo, appunto, “Non è la BBC”. 
Ci sono mille buoni motivi, tutti molto importanti, che sottolineano questa differenza. Tanto per capirci: la BBC è capace di spendere cifre rilevanti per sostenere per settimane o mesi  una troupe (propria, non in appalto) per fargli riprendere il momento esatto in cui un leone nella foresta fa pipì sotto un boabab. Pensate se a Viale Mazzini si possono permettere una cosa del genere. La BBC investe milioni di Euro (di sterline) per la programmazione verso l’estero e la Rai per il canale in lingua inglese, previsto dal Contratto di servizio e definito nel Piano industriale, prevede di spendere 30 milioni in tre anni, dieci milioni l’anno con i quali non ci si paga nemmeno la bolletta della luce della redazione. Last but not least: nei giorni scorsi lo stesso Tony Hall, alla convention della Royal Television Society a Cambridge, ha dichiarato che “ con l’arrivo di nuovi operatori sul mercato come Disney o Apple  ci sarà una seconda ondata di disruption per la televisione pubblica … che rappresenta  un'opportunità per la BBC di offrire un servizio ancora migliore al pubblico”

Avete mai sentito l’AD di Viale Mazzini pronunciare, a ragion veduta, qualcosa di simile? Andatevi a rileggere la sua intervista rilasciata giusto un anno addietro, 30 settembre 2018, e fate un bilancio di cosa è o non è avvenuto : 

... un anno ... No, la Rai non è e forse non sarà mail la BBC … pensiamo ad altro.

Il tema della missione del Servizio Pubblico, delle risorse economiche su cui poggia, insieme a quello della governance e a quello delle tecnologie sono i pilastri delle differenze e delle opportunità. 

Il secondo spunto che si lega al primo si riferisce alla trasmissione di Rai Due di ieri sera. Giù il capello di fronte ai maestri della Tv e Boncompagni certamente lo è stato e quindi doveroso un omaggio. Ma il tema è che ormai da tempo sugli schermi e intorno alla Rai è tutto un fiorire di ritorno al passato glorioso che fù il Servizio Pubblico. Il declino dell’impero mazziniano ha un titolo e una collocazione sontuosa in palinsesto: Techedeche, la rappresentazione simbolica, iconica, della difficoltà a proporre il presente e immaginare il futuro. Si aggiunga poi la ventesima riproposizione di Montalbano in prima serata (tanto per garantire una boccata di ossigeno agli ascolti) e la mostra del Prix Italia sui 10 programmi che hanno fatto la storia del Servizio Pubblico ed ecco il quadretto.  No, proprio no … non è la BBC.

Veniamo alla cronaca. Nel calendario della crisi pubblicato su questo blog alcuni giorni addietro abbiamo scritto la cadenza temporale/politica che interesserà la Rai nelle prossime settimane/mesi. Abbiamo sottovalutato un’altra partita non meno importante che, abbiamo saputo, potrebbe creare non poche difficoltà. Quella relativa alla composizione della composizione della Commissione parlamentare di Vigilanza a seguito della scissione dei renziani dal PD.  Si dovranno ricostruire equilibri politici interni ed esterni alla maggioranza di Governo e non sarà facilissimo ed immediato trovare una soluzione. Nella stessa componente M5S ci risulta qualche difficoltà di orientamento. Nei giorni scorsi è stato sostituito il Capogruppo Gianluigi Paragone con Francesca Flati. Perchè? A questo proposito, non è ancora del tutto chiaro chi sarà il responsabile del dossier “comunicazione” in particolare riferito al punto 11 del programma di governo come, per quanto sia noto, non è stata ancora conferita la delega alle TLC. Nota a margine: mentre il Pian industriale sgiace sonnacchioso al MISE, la Vigilanza ha il compito di affrontare il Piano editoriale che, giocoforza, è intrinsecamente connesso con quello industriale. Da ricordare che il Contratto di servizio prevede la “rimodulazione delle testate giornalistiche” … così, tanto per dire …qualcuno ne ha sentito parlare?
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