giovedì 24 febbraio 2022

La Rai Way ... sta come torre ferma che non crolla giammai la cima per soffiar di 'venti


In questi giorni, in queste ore, grande fermento di avvocati e inquirenti in giro tra Viale Giulio Cesare, Viale Mazzini e Piazzale Clodio. Del resto, in zona c’è una consolidata tradizione di Affari Legali: quando si tratta di gestire centinaia di vertenze e citazioni in giudizio e resistere fino in Cassazione sembra che siano tutti sempre grandi principi del Foro. Tanto, se pure qualche sentenza dovesse andare di traverso, la responsabilità almeno morale si potrà sempre addebitare a qualcun altro.

Oggi brevi note: la Vigilanza ieri ha espresso un atto di indirizzo dove si chiede alla Rai di ripristinare lo spazio notturno della TgR ed ha “bacchettato” gli integralismi anti No Vax (alla Maggioni gli saranno fischiate le orecchie: tutti debbono poter esprimere la opinione).

L’articolo di eri su Repubblica ha alzato il livello di fibrillazione al VII Piano. Si attendono sviluppi.

Oggi lettera del deputato Michele Anzaldi pubblicata su MF: “Le torri Rai sono un patrimonio di tutti”. Già, e forse proprio per questo meritano, da tempo, un attenzione che invece nessuno gli presta (compresa la stessa Rai che pure paga un lauto canone di noleggio di oltre 190 mln l’anno alla quotata di Via Teulada). Salvo che, ogni tanto, qualcuno si sveglia e si accorge che c’è una grande torre che sovrasta la città e si chiede: a cosa serve? Appunto, a cosa serve le rete delle torri, molte di altra quota, destinate a breve tempo a diventare ferro vecchio quando la transizione digitale le renderà obsolete? 

La domanda corretta non è tanto se conviene mantenere il 51% del controllo di Rai Way quanto invece è: quale politica industriale l’Azienda pubblica intende perseguire nella gestione delle rete di distribuzione del segnale radiotelevisivo? Per paradossale che possa apparire, potrebbe anche essere conveniente vendere oggi e con i ricavati sostenere investimenti e sviluppo nel broadband che sarà inevitabilmente l'architettura di una buona parte del futuro della distribuzione dei prodotti audiovisivi, come del resto sta già avvenendo da anni.

Il problema semplice semplice è che di tutto questo per alcuni abitanti di Viale Mazzini non sanno nemmeno di cosa si tratta, nella Bozza di Piano industriale di roba del genere non c’è traccia ed abbiamo forti dubbi che il Cda se be sia mai occupato (siamo in attesa di notizie). Tutti presi dal “nuovo modello organizzativo” (“nuovo” si fa per dire …) mentre invece di futuro, di investimenti, di sviluppo ovvero di “andare in debito” ovvero chiedere prestiti per sostenere operazioni di crescita non se ne parla proprio.

Cmq, a farla breve: la notizia del DPCM per la vendita di rai Way è tutta da verificare: ben che vada è stato un boatos che da anni (dal 2014) si rincorre ed è solo utile a far intascare un rapidissimo guadagno in Borsa; nella peggiore delle ipotesi, è una operazione lunga e complessa dove potrebbe non esser sufficiente un semplice DPCM ma un provvedimento di rango superiore. Fermo restando che una operazione del genere segna pure un tratto distintivo del quale su Bloggorai abbiamo accennato da tempo: cosa intende fare il Governo Draghi delle società pubbliche controllate? Da tempo si avverte il profumino neoliberista di una nuova stagione di privatizzazioni e questa vicenda potrebbe essere un piccolo tassello dei un grande progetto. Che poi possa convenire o meno alla Rai è tutto da discutere. Per il momento, l’argomento sembra interessare in parte Palazzo Chigi e tanto alla concorrenza. Per il Governo si prendono tanti piccioni con una sola fava (poveri piccioni), per la Rai non ne siamo tanto sicuri che l’operazione sia vantaggiosa se, come la si vuole fare apparire, servirebbe solo a tappare i buchi del bilancio.

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