mercoledì 23 febbraio 2022

Il grande disegno intorno alla barchetta Rai

Foto di Gordon Johnson da Pixabay

In genere, quando si invoca il “modello BBC” sarebbe giusto mettere mano al portafoglio per proteggerlo adeguatamente. Tra l’altro, proprio di questi tempi con l’attuale governo britannico, non si intravvedono un buon futuro  per l’emittente pubblica esattamente sul fronte economico, più o meno come la Rai. 

Dunque, solitamente quando si cita la BBC avviene quasi per avocare un modello di virtù, di credibilità, di autonomia e indipendenza dalla politica e di efficienza. Spesso, però, si dimentica di aggiungere che tutto questo è dovuto per buona parte anche al fatto che non è sottoposta ai vincoli della tv commerciale e che si può permettere di puntare solo alla qualità del prodotto. Per quanto ci riguarda, ci mettiamo la firma subito. Però … però … però … c’è profumino di trappolone. Ovvero, si cerca di tratteggiare un grande disegno.

Allora, cerchiamo di mettere in fila qualche elemento.

DECRETO LEGISLATIVO 8 novembre 2021, n. 208: leggiamo quanto dichiarato da Fuortes a seguito dell’adozione di questo provvedimento “I nuovi limiti colpiscono innanzitutto Rai1, che nella fascia 18:00-24:00, cioè la fascia più importante, vedrebbe ridotti del 26% i secondi disponibili rispetto ad oggi, questo con affollamento al 7%. Con affollamento al 6% la riduzione sarebbe del 36%. …”. Di fatto, è vero che il DPCM penalizza la Rai e la immette nel circuito della progressiva riduzione del perimetro delle risorse derivanti da pubblicità. Puzza di bruciato e quasi tutti tacciono e i primi a tacere sono gli “amici” del Servizio Pubblico, dovunque essi siano. Però, si obietta, va tutto a favore di una “Rai di qualità” che non deve essere succube dello Share (Fuortes dixit).  

La commissione di Vigilanza diventa il palcoscenico dove va in scena il dramma delle risorse Rai. Si paventa il buco di bilancio, si denunciano sia le distorsioni e i prelievi ingiustificati sia l’inadeguatezza del canone e si espone la famigerata teoria del “pareggio di bilancio” come se fosse una normale negozio di frutta e verdura. La presidente Soldi si spinge oltre: “E’ essenziale che la futura riforma metta la Rai in condizioni di agire con vera logica di impresa” senza specificare che ci sono imprese di tipo pubblico e imprese di tipo privato che perseguono logiche ed obiettivi diversi e, talvolta, opposti. Ridotti ai minimi termini: le imprese private mirano al profitto, quelle pubbliche all‘adempimento degli obblighi previsti dalle Leggi.

Il perno di molti ragionamenti e dibattito è uno solo: il canone. Fuortes espone un ragionamento suggestivo: “il servizio pubblico italiano è complessivamente sotto finanziato … ” e poi “ …Interrogato sulla possibilità di finanziare la Rai solo attraverso il canone, Fuortes ha precisato: E’ assolutamente possibile avere un finanziamento solo attraverso il canone, ma dovrebbe essere aumentato rispetto agli attuali 90 euro” ( https://www.primaonline.it/2022/01/18/342586/rai-fuortes-servono-risorse-certe-e-adeguate/ ). Apriti cielo!!! Magari poi ha smentito (“ … non ho mai chiesto di aumentarlo in alcuna sede di un solo euro, nonostante quello italiano sia il più basso dell'Unione Europea" ipse dixit in Commissione Senato l’8 febbraio) ma questo pensiero non fa una piega, ci mettiamo la firma anche noi. Ci troviamo in bilico tra dimensioni puramente concettuali (cosa deve essere un Servizio Pubblico e come si deve finanziare) e alchimie contabili e/o finanziarie.

Il crocevia di tutti questi ragionamenti si trova al Senato dove avvengono le audizioni sulle diverse proposte di riforma della Governance Rai avanzati da quasi tutti i partiti. Ieri si svela un piccolo ma significato passaggio: su iniziativa del presidente della Vigilanza Barachini e in collaborazione con il PD Andrea Romano, viene reso noto (informalmente, vedi Bloggorai di ieri) una “Bozza del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sui i modelli di governance e il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo, anche con riferimento al quadro europeo e agli scenari del mercato audiovisivo” dove si vorrebbe riassumere per grandi linee una traccia di un nuovo disegno di Legge di riordino e superamento della 205 del 2015 da condividere nella maggioranza di Governo. Quali sono i punti fondamentali? Il primo e di carattere assolutamente strategico è la tendenza a togliere la pubblicità dal budget Rai per farla vivere di solo canone: “ …se la Rai insegue i target pubblicitari o si appiattisce sul modello delle televisioni commerciali, l'identità del servizio pubblico rischia di sbiadire mettendo seriamente in dubbio il senso della propria esistenza”. Il secondo punto, importante ma meno strategico, è la durata in carica degli amministratori dagli attuali 3 a 5 anni.

Ribadiamo: ci mettiamo la firma subito per avere un Servizio Pubblico senza spot, senza dover fare i conti con lo share etc. ma appare assolutamente evidente che si entra in un tunnel grandioso di revisione globale della logica, della missione, della natura, del funzionamento della Rai. Però, proviamo ad immaginare che questo percorso virtuoso sia possibile. L’architettura contabile (nonché produttiva) attuale di Viale Mazzini poggia su due pilastri: canone e pubblicità (68% e 32%). Se viene eliminata la seconda parte (circa 600 mln) si pone semplicemente la necessità o di tagliare costi per l’equivalente valore o di aumentare il canone per lo stesso importo in compensazione. Non siamo ragionieri ma ci sembra che il ragionamento semplice che non fa una piega.

Se nonché, da tempo ormai, quasi da anni, torna sempre a bomba quando ci si trova in circostanze dove si dibatte di tappare i buchi, l’idea di vendere la quota residua di Rai Way. A parte le alchimie finanziarie che permettono, non appena riciccia questa idea, di fare balzi significativi nelle quotazioni di Borsa (ieri Inwit +3,73 e Rai Way +2,56) e rendere possibili discreti guadagni nel giro di poche ore, quello che balza all’attenzione è il “combinato disposto” dell’uscita delle notizie. Si legge che Palazzo Chigi potrebbe varare un DPCM per rendere possibile la riduzione della quota maggioritaria di Rai nella composizione azionaria di Rai Way e scendere pure al di sotto del 51%. Un operazione ricca di vari significati ma almeno uno risulterebbe chiaro: portare nelle casse di Viale Mazzini una cospicuo dote di ossigeno in Euro che altrimenti nessuno sa bene dove andare a trovare. Qualcuno, nel 2014, lo ha già fatto, salvo che i 150 mln se li è intascati lo Stato). Ovviamente ... come piace dire all’AD…significa rimettere mano in modo profondo e radicale a molti delicati meccanismi interni ed esterni alla Rai (non ultimi legislativi: un DPCM è di rango adeguato a regolamentare una materia del genere?).

Conclusione (forse sgrammaticata ma speriamo chiara): qualcuno sta cercano Maria pe’ Roma. Non sapendo bene a quale Santo votarsi si cercano soluzioni complesse quanto improbabili, almeno in questa legislatura … poi, nel 2023… beato chi c’ha n’occhio.  

bloggorai@gmail.com


 

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