domenica 13 febbraio 2022

Grano, uva e olio nel futuro della Rai


Verso la fine degli anni ’80 in Umbria era facile trovare molti casali abbandonati e diroccati. Quando decidemmo di fare una passeggiata per andare a trovare un amico che si era trasferito vicino Perugia, gli abbiamo chiesto se aveva voglia di accompagnarci per vedere qualcosa, semmai ci fosse stata una buona occasione giacché avevamo deciso di iniziare una nuova vita anche fuori e lontano da Roma. Dopo pranzo di un giorno di maggio del 1988 ci siamo messi in macchina e siamo andati a giro. Ad un certo punto, mia moglie vede un casale sperduto in mezzo ad un grande campo e lo indica: “Guarda … è proprio quello il casale che mi piacerebbe avere!”. Ci avviciniamo per vederlo meglio: era scarupato assai, era necessario molto, molto, coraggio e fantasia per immaginarlo ristrutturato. Il tetto semi crollato, senza infissi, avvolto da rovi.. a guardalo veniva da piangere. 
Comunque, ci informiamo: era in vendita. Prendiamo contatto con il “sensale” e poi dopo con il proprietario che, ad un certo punto, ci dice: “Se aggiungete qualche decina di milioni in più .. invece di uno ve ne vendo tre”. Più o meno il rapporto era di 6 a 10: quello che piaceva a noi da solo valeva 6 e con 10, appunto ce ne dava tre. Le nostre finanze non lo permettevano ma il dibattito in famiglia fu vivace: “Ci saranno dei figli e magari potranno avere un giorno la loro casa” ... “Si va beh, però, adesso i soldi per comprarne tre non li abbiamo e faremo fatica pure a comprarne uno solo”. Già, sarà necessario fare un mutuo e pure importante perché ci sarà tanto da fare e da spendere per rimetterlo in piedi sicché prendemmo solo quello che ci era piaciuto. Così iniziò l’avventura della casa in Umbria. Scelta sensata, ragionevole e prudente: abbiamo fatto il passo quanto le gambe ci consentivano di fare ma .. ma .. ma .. con il senno di poi avremmo potuto e forse dovuto “andare a debito” ed accettare l’offerta.

Se non ché, quando ancora i lavori non erano nemmeno iniziati e non c’erano servizi, luce, acqua … nulla … ci piaceva andare ed iniziare ad abitarci, ed eravamo un po’ accampati nel vero senso della parola. Così è  successo poco tempo dopo, era estate, che vediamo scendere lungo il viottolo che conduce alla nostra casa una signora con un gran fardello in mano e un sorriso che ancora oggi gli incornicia gli occhi: “Buongiorno, mi chiamo Bruna ed io in questa casa ci sono cresciuta … vi ho portato questo piatto di gnocchi, fatti da me, per darvi il benvenuto e per dirvi che sono molto contenta di rivederla abitata!”. Bruna e Leo, suo marito, negli anni che sono seguiti, sono diventati i nostri secondi genitori. Per quanto mi riguarda Leo è stato poi il vero Maestro di Arte e Maestria Agricola: tutto quello che conosco della campagna, delle coltivazione dell’uva e dell’olio, lo devo a lui. Tutto ciò che conosco delle macchine agricole è grazie alla sua “ospitalità” prima sul cingolato e poi sul gommato. Leo è stato anzitutto un maestro di vita (oltre che di bocce).  Ad un certo punto, è cominciato a succedere che quando la sera spesso eravamo a cena a casa sua, Leo iniziasse a raccontare la sua storia di mezzadro e di come è stato capace di “affrancarsi” dal proprietario del terreno, il Conte. “Il problema è molto semplice” usava ripetere Leo: “Se vuoi andare avanti e pensare ad un futuro migliore devi fare sacrifici” e i suoi sacrifici sono stati due: il primo nell’andare alle scuole serali, dopo aver percorso a piedi oltre 10 chilometri andare e altrettanti a tornare, e il secondo è stato indebitarsi con le banche fino al collo per potere acquistare il terreno dove lavorava. Ce l’ha fatta e dopo 30 anni non doveva più “pagare” il Conte con i frutti del suo lavoro e alla fine, lui e la sua famiglia si sono finalmente “affrancati”. Per arrivare a questo obiettivo ha fatto debito, è stato in rosso per tanti anni, ha fatto sacrifici enormi con le banche che non ammettevano ritardi, ha fatto investimenti in macchine e attrezzature, ha messo a terra i “piantoni” e tirato filari di vite e poi grano, girasole e poi ancora foraggio e favino.

Bene, ci viene in mente tutto questo quando sentiamo parlare di “pareggio di bilancio”: provate ad immaginare se mai Leo avrebbe potuto farcela applicando questa teoria. Provate ora ad immaginare il futuro della Rai se non riesce ad investire nulla sul suo futuro. “Il problema è molto semplice” diceva Leo, “se non compri il concime, se non poti, se non vai prima di aratro e poi di fresa, difficile avere un buon raccolto, fare un buon olio e un ottimo vino”. Onore al merito, per la precisione Leo era un “professionista” del bianco.

Bloggorai@gmail.com

Ps: della storia di Leo ho realizzato una lunga video intervista.

1 commento:

  1. Esempio di vita, di bilanci e di concretezza, facciamo tesoro di questa semplicità per far quadrare le nostre aziende, qualsiasi esse siano

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