Oggi sul Servizio Pubblico, sulla Rai, grava la consueta cappa
di silenzio. Chi dovrebbe parlare tace, chi dovrebbe scrivere è immobile sulla
tastiera, chi dovrebbe partecipare è chiuso in casa (anche perché obbligato). Anche
noi oggi ci mettiamo in pausa.
Questo argomento, però, alla fin fine, si riferisce solo ad
un piccolo ingranaggio di un meccanismo molto più complesso. Tutto il resto appare
confuso, contraddittorio, incerto. Ecco, appunto, incertezza anzitutto su quando
si potrà tornare ad una “normalità” che non sapremo più nemmeno bene come
definire. Tutto appare confuso perché si mettono in discussione apparenti verità,
probabili certezze e granitici convincimenti. Tutto intorno a noi sarà diverso,
radicalmente diverso nella percezione individuale e collettiva, di ciò che
siamo e di come saremo.
Sarà molto difficile, complesso, immaginare il nuovo mondo
che verrà alla fine di questo incubo planetario, minaccioso e incombente, “democratico”
e generalista. Evidente come sarà altrettanto difficile pensare a quale potrà
essere il Servizio Pubblico radiotelevisivo prossimo venturo.
In questi giorni ci torna in mente un titolo che ha fatto
scuola e merita di essere rispolverato: L’età dell’incertezza di Kenneth
Galbraith. Merita di essere riletto. Eravamo nel 1977, eravamo molto giovani e
molto estremisti. Avevamo grandi passioni e ambizioni, le prime in buona pare
sono rimaste, le seconde leggermente disattese.
bloggorai@gmail.com
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