L’isolamento cui
siamo tutti costretti mi ha trovato nella casa dove ufficialmente risiedo, su
un colle umbro nella provincia di Perugia. Ogni mattina, come peraltro da sempre è avvenuto, il rito
dei giornali è diventato più prezioso
del solito. Qualcuno l’ha definita “la preghiera laica”. L’edicola si trova non
lontano dal piccolo ospedale del luogo ed è divenuta come una specie di “piazza”
dove ci si incontra e ci si chiede “come va?”. Con i giornali in mano, si
scambia un rapido commento leggendo i titoli delle prime pagine. Per poi finire
a parlare di potatura degli olivi, di concime, degli animali da cortile o
selvatici che girano. Scendere in paese,
ritrovare le persone, seppure nascoste dietro
una maschera, è ancora un momento forte e centrale della giornata che nessun
virus al mondo potrà mai annullare. Oggi
e solo per oggi, più che mai, manca questo momento. Domani mattina presto tornerò
all’edicola.
Questo momento sospeso mi riporta ad un tema: l’attesa. Siamo
tutti in attesa di un qualcosa che verrà e questa stessa attesa sospende il
tempo, ci pone in uno stato di incertezza e di sottile inquietudine. Fase uno, due, tre e poi ... e come saranno queste fasi? come sarà la prossima vita dentro queste "fasi". Andare al cinema "distanziati" di un posto l'uno dall'altro? in pizzeria a turni, allo stadio con mezza curva piena e l'altra vuota e magari urlare "gooollll" con la mascherina sul viso? Ieri mi
veniva in mente una frase del genere: “Viviamo la cronaca di una crisi annunciata.
Il nostro amore è ora vissuto con un
colera che ci condannerà a cento anni di
isolamento”. Non di solitudine, perché non saremo mai soli, ma isolati e
distanziati da tute e maschere forse. I titoli del grande Marquez furono profetici. Da notare che almeno altri due titoli hanno affrontato
lo stesso argomento: Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni e La
Peste di Albert Camus. Era tutto già scritto, tutto già minuziosamente immaginato
non tanto nelle dimensioni cliniche e scientifiche
quanto nei comportamenti umani. Da allora sembra cambiato poco. Da rileggere attentamente.
Ecco allora che ritorna la cronaca di un testo, pubblicato
su The Economist nei giorni scorsi che non ha suscitato il dibattito che merita.
Vi alleghiamo il link:
Si tratta di decidere brutalmente cosa debba prevalere di
più: l’interesse verso la vita, gli individui, le persone, la loro integrità
fisica, mentale e sociale oppure quello
verso l’economia, la finanza, la globalizzazione.
Altro argomento che non sembra avere molta fortuna è quello
sul “controllo” che si vorrebbe attuare attraverso l’utilizzo di App di geolocalizzazione
per quanti direttamente o indirettamente, sono coinvolti nel Covid. In gioco non
ci sono solo i “dati” e gli algoritmi che trattano e tracciano i nostri comportamenti
e stili di vita, le nostre preferenze culturali, politiche o religiose. Queste informazioni si trasformano nella “materia prima” del terzo
millennio che impatterà inevitabilmente con l’architettura del sistema
democratico, per chi e come potrebbe assumere decisioni sulla base non del
consenso politico elettorale ma sulla base del possesso e della manipolazione
privata di un interesse pubblico.
C’è molto da meditare, riflettere e dibattere. Molto.
Sfide che, sia nel bene, quanto nel male... comunque ci porteranno più avanti, ad esplorare ecolonizzare ed abitare terre emondi nuovi.
RispondiEliminaTemo che pur troppo ci sia molta voglia in giro di uomini d ' ordine di un padre rassicurante che pensi lui a tutto, come scriveva Montanelli tempo fa, e chi se ne dregs delle liberta ' individual conquistate a Caro prezzo. IL 25 Aprile e' vicino.
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