C’è vita su Marte, in particolare al VII piano di Viale
Mazzini. Ne siamo sempre stati convinti e non ci riuscivamo a capacitare perché
invece pervenivano solo sporadici e flebili segnali che, nella migliore delle ipotesi,
si limitavano a piccole beghe quotidiane.
La notizia di oggi è l’intervista a Andrea Montanari,
direttore del Centro Studi Rai, pubblicata su Avvenire a cura di Angela Calvini.
Leggiamo: “Rai, è l'ora di dar voce agli italiani. Un grande cantiere per
decidere il futuro e completare la trasformazione digitale”. Montanari dirige l’Ufficio
Studi dal 2019 per quanto previsto dal Contratto di Servizio dove e gli spetta
il preciso compito di interrogarsi su cosa dovrà essere il Servizio Pubblico
nel prossimo futuro, anche indipendentemente dal passaggio epocale che potrebbe
indurre la crisi del Covi19. Nell’intervista si colgono due linee guida fondamentali: la prima
riguarda le prospettive strategiche che impatteranno sulla Rai nei prossimi
anni, la seconda un tema spesso sottaciuto e riferito al dialogo tra l’Azienda
e tutti coloro, cittadini, associazioni e istituzioni, che sono direttamente coinvolti
e interessati al suo futuro. La parola
chiave è esattamente FUTURO (come i nostri lettori sanno bene, ci siamo moto
affezionati) ed è proprio su questa parola chiave che, in epoca ormai lontana,
per prima la BBC nel 2018, alla vigilia del suo recente Piano Industriale, cominciò
ad interrogarsi per cercare di comprendere quale potrebbe essere lo scenario
nel quale si troverà ad agire. Montanari
sostiene: “L'emergenza Coronavirus dimostra che la Rai è un bene comune
primario e tutti devono poter dire la loro in una grande consultazione tra i
cittadini ma anche tra tutti i soggetti come associazionismo, famiglie,
imprese, a cominciare dall'audiovisivo, sindacati, università, politica: un
momento di ascolto della collettività nazionale per poi decidere cosa deve
essere la Rai di domani. Occorre un grande momento fondativo e rifondativo” e
aggiunge: “Il futuro per la Rai deve essere molto diverso e deve avere
fondamenta ben piantate nella tradizione dei migliori Servizi pubblici europei
focalizzati in primo luogo sulla creazione di coesione sociale. E allora cosa vuol
dire in concreto trasformazione digitale per Rai? Vuol dire soprattutto essere
vicina agli utenti, intercettarne bisogni, gusti, desideri. E trasformarli in
prodotti e servizi innovativi sfruttando tutte le possibilità che possono
scaturire da avanzate sinergie multipiattaforma che mettano insieme il meglio
della tv generalista e streaming tv, on air ed online, Radio e internet. Vi
siete fatti un'idea di cosa hanno veramente bisogno i cittadini in questi
lunghi giorni passati in casa? Due esigenze su tutte sono emerse: quella dei
minori che, con le scuole chiuse, chiedono percorsi di formazione ed e-learning
veramente utili, completi e facilmente utilizzabili. E quella degli anziani
che, sentitisi particolarmente esposti, chiedono un'informazione autorevole e
pacata e insieme una programmazione che unisca il meglio della proposta culturale
e dell'intrattenimento”.
Complimenti: ci sono tutti compresi i temi e i problemi fondamentali
del Servizio Pubblico, sottoscriviamo pienamente e ci chiediamo semplicemente
se e quando e come si potrà dar seguito a tutto questo, in che termini, con quali
scadenze. Il futuro non è stato ancora scritto e da qualche parte bisognerà pur
cominciare. Il timore è che, come già succede,possa proseguire questa morta
gora che da tempo trascinala Rai verso un destino ancora non scritto ma pieno
di dubbi e incognite.
Appunto: vediamo qualche nodo sul suo destino. La Radio: abbiamo
già scritto ieri. Si tratta della “sorella povera” dell’Azienda che fatica ad
essere percepita come parte strategica del Servizio Pubblico eppure, è il
principale strumento di dialogo con gli utenti del Servizio Pubblico attraverso
buona pare delle sue trasmissioni in diretta che utilizzano il telefono.
Rai Play:ieri è comparso un articolo sul sito di Repubblica.it
a firma Adriano Bonafede dal titolo significativo: “RaiPlay questa sconosciuta, è la stessa Rai a bocciarla”. Tombola!!!
Leggiamo: “
A stroncare RaiPlay non è un rancoroso critico della Rai, ma la stessa
sezione di marketing della società pubblica, che ha appena comunicato
all’interno i risultati di un sondaggio effettuato su un campione di italiani.
“Trasversalmente – si legge nel documento riservato - si pensa a contenuti ‘di
seconda mano’, ovvero che sono andati in onda recentemente sui canali Rai,
dunque di limitato interesse”. Inoltre, c’è un equivoco di fondo: “I senior
pensano vi siano contenuti solo per giovani (perché un mezzo a loro più
congeniale); viceversa i giovani – specialmente quelli distanti ideologicamente
da Rai – pensano a contenuti per target over 60”.
Il sondaggio
parla poi di una “percezione di difficoltà di navigazione” attraverso la massa
di contenuti messi a disposizione della Rai. E molti, che avevano conosciuto
RaiPlay tempo fa, hanno smesso di usarla “perché non consentiva una ricerca
facile dei contenuti”. Quelli che hanno invece provato di recente a navigare
trovano la piattaforma deficitaria in comparazione alla fluidità di Netflix o
di Amazon Prime. Queste ultime vengono preferite quando si ha una smart tv e
ovviamente un abbonamento già pagato”. Basta e avanza. Chissà se su Marte qualcuno
ha qualcosa da dire. Noi ce ne siamo già occupati dal tempo della genialata di
Fiorello.
Altro tema a noi caro: RaiNews24. A che punto è la notte? Come si pensa di farla uscire
dalle tenebre di ascolti da prefisso telefonico e dare un senso ai circa 190
giornalisti che ci lavorano? Consiglieri e sindacalisti esperti, cosa dicono?
Infine, ieri
con il Corriere è uscito il supplemento settimanale 7 prevalentemente dedicato
proprio al presente e al futuro della televisione: da non perdere e conservare.
Prossimamente sarà utile quando verrà scritta la storia di questi giorni.
bloggorai@gmail.cm
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