In questi giorni in queste ore, ci si interroga sempre più spesso su quando e
su COME torneremo alla “normalità” (già … la normalità …). Sul quando, possiamo
solo sperare al più presto che potrebbe essere il 4 maggio. Tutt’altro discorso
sul come torneremo. Ieri, in una delle tante conversazioni telefoniche con i
lettori, amici ed ex colleghi che leggono questo blog, l’interrogativo è tornato
più volte: quando tutto sarà finito, saremo migliori o peggiori di prima? Poi,
ieri sera, a cena, con uno dei commensali che mi accompagnano in questa
avventura, è venuta fuori una terza possibilità: uguali a prima. Vediamo le
ipotesi. 1: migliori. E probabile che potremo aver imparato la lezione sia per
quanto riguarda la natura che merita rispetto, sia per quanto riguarda la
medicina che merita attenzione, sia per quanto riguarda i rapporti con gli
esseri umani che meritano impegno. 2: peggiori. È probabile che non avremo
imparato nulla da tutto questo e che, anzi, potremmo uscirne tutti un po’ più
incattiviti, incarogniti, individualisti. Questo aspetto della “distanza
sociale”, della psicosi delle mascherine, del divieto di contatto fisico quanto
si sedimenterà nei comportamenti quotidiani, individuali e collettivi? 3:
uguali. Non cambierà nulla, torneremo più o meno ad essere esattamente quello
che eravamo prima, nel bene e nel male. Saremo simili a noi stessi,
riprodurremo esattamente modelli, linguaggi e modi di fare e agire consolidati.
Potrebbe essere anche una risposta multipla: un po’ di tutto, un fritto misto
di retaggi antichi e primordiali insieme a clamorose novità in equilibrio con
una stasi dei sentimenti e comportamenti identici a quelli dell’epoca preCovid.
Ci siamo poi posti questi stessi interrogativi per la Rai,
per il Servizio Pubblico? Come sarà, cosa sarà cambiato quanto tutto questo
sarà finito? Giriamo la domanda ai nostri attenti lettori. In attesa di
risposte, proponiamo una nostra riflessione:
siamo pessimisti. Di fronte alle grandi scelte, ai momenti topici, si vede la
caratura, la cifra, il tono mentale e culturale delle persone. Cosa possiamo dire, cosa possiamo osservare, che
in questo mese abbiamo assistito ad uno scarto di idee, di progetti, di novità,
di invenzioni o di programmi in grado non solo di sostenere l’emergenza ma
anche di guardare al futuro che, spero non ci siano dubbi, in un modo o nell’altro,
non vedremo più la stessa Rai che abbiamo conosciuto prima del 28 febbraio. Magari
qualcosa ci è sfuggito e, in questo caso, preghiamo gli attenti lettori di
farcelo sapere, ma non abbiamo visto o saputo nulla di più di quanto era
dovuto, obbligatorio, previsto da leggi e regolamenti. Un’idea, un concetto… un’idea…
nulla, calma nebbiosa, encefalogramma piatto… vogliamo poi stendere un velo
pietoso sulle Task force create a Viale Mazzini? Qualcuno ha saputo qualcosa?
Vediamo un tema che da alcuni giorni diversi lettori ci
segnalano: Rai Play. In ordine: la pubblicità nei programmi di E-learning. Cosa
c’entra, perché anteporre uno spot di merendine o peggio ancora di un
concorrente Rai prima di una lezione di fisica o di letteratura? Poi, non
esiste un percorso tematico, un filo logico, una catalogazione sensata che non sia solo "bambini" o "teen". Tutto random, un fritto misto di prodotto magari
anche pregevoli ma buttati nel mucchio selvaggio. Per non dire della qualità
della connessione: la rotellina del buffering gira spesso impazzita a causa del
sovraffollamento della rete, della capacità di carico del CDN. Ma qualcuno ha
pensato mai di fare di gran carriera un upgrade del contratto con il provider? Infine,
qualcuno si è mai preso la briga di valutare i feedback degli utenti?
Provate a
connettervi su https://it.trustpilot.com/review/www.raiplay.it e leggete cosa ne pensano.
Infine, a proposito di scuola. Ieri è stato sottoscritto un
accordo tra Ministero dell’istruzione e Rai per il sostegno alla scuola. A parte
il fatto (grave) che quasi nessuno riporta la notizia (solo un breve trafiletto del Fatto Quotidiano) si avverte
l’impegno ma si nota una carenza molto grave: non una parola sulla radio, mai citata,
mai pensata. Eppure parliamo di un pubblico di tanti milioni di persone, di
ogni fascia di età, di importanza non meno rilevante di quello della televisione.
Non è perdonabile, non è tollerabile, il Servizio Pubblico è Radiotelevisivo
per intero e non solo a metà !!!!!! Chi dirige l’Azienda lo sa o no che esiste anche
la Radio ? Lo sa che il pubblico paga il canone anche per la Radio? Comunque, quand’anche
succede qualcosa di buono, seppure in ritardo, è mai possibile che non si riesce
a farlo sapere all’Universo Mondo? Che non ci sia modo di far emergere con un
progetto di comunicazione integrato, organico e multimediale tutto l’impegno
dell’Azienda in questo momento in grado di far “percepire” correttamente il suo
ruolo? Per favore: un’idea, un concetto , un’idea e se non la trovate,
chiedetela … magari vi potrà essere fornita pure gratis.
Ps: tenetevi a mente
il prossimo 22 maggio
bloggorai@gmail.com
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