Poco rumore per nulla. O meglio, un piccolo fastidio mediatico, una bassa
operazione di “disinfomatia” non si capisce bene a favore di chi e per raggiungere
quale obiettivo. Questo il senso della “clamorosa” inchiesta giornalistica di Repubblica
sull’affare mail truffa alla Rai. Era ed è tutto già noto e quello che è oscuro
rimane tale perché coperto dal segreto istruttorio.
Le due novità, curiosamente, sono quelle che riguardano solo marginalmente la Rai: la prima è aver saputo
che la “truffa del CEO” ha colpito altre 27 aziende (quali ??? una grande di
telecomunicazioni ???) e l’altra è nell’aver saputo che le menti criminali sono
due giovani italiani residenti in Israele ai quali è stato recapitato, gentilmente,
un avviso di ricerca giusto per dargli modo di fare bagagli e fagotto e trovare
altro più comodo e sicuro rifugio. In verità, rimane un piccolo dubbio sul perché
e sul per come questa vicenda (come in parte è successo quando se ne parlo le
prime volte lo scorso dicembre) ogni tanto spunta fuori come un funghetto dal bosco.
Ci può essere qualche relazione con il recente cambio di proprietà e di linea
editoriale de La Repubblica? Forse si ma richiede tempo e spazio per
approfondire. Last minute: Bonini non fa nessun cenno alla motivazione di richiesta del milione di Euro pervenuta a Foa. A fronte di cosa si richiedeva il pagamento? Un misterioso "accordo" con in mezzo la Cina? Fantasia... misteri...
A questo punto, anche
noi chiudiamo il capitolo e rimaniamo “in attesa di chiarimenti” come piace
tanto ad alcuni che li richiedono e che ancora li aspettano per i tanti altri
misteri di Viale Mazzini. Giusto per rinfrescare la memoria ne citiamo suolo
alcuni: ricordate la violazione della mail di Sigfrido Ranucci di Report? È stata fatta un’indagine per verificare la
solidità della rete aziendale? È stata “bucata”? Poi, ricordate il viaggio
della Maggioni per intervistare il siriano Assad? Si è mai chiarito per conto
di chi e perché è stata fatta quell’intervista? Infine, si mai capito bene perché
e per come l’unica persona in grado di gestire la transizione prevista dal
Piano industriale, Piero Gaffuri, lascia
la Rai (da ricordare anche altre uscite rilevanti e quasi tutte dell’area tecnologica
come Morello, Serafini, Isola, Fatale etc).
Vogliamo aggiungere, per rimanere
ai nostri tempi, al lavoro svolto dalla Task force sulle Fake News ??? Mistero.
Abbiamo scritto che questa vicenda si potrebbe considerare come
“arma di distrazione di massa” utilizzata al solo scopo di distogliere l’attenzione
da problemi rilevanti che incombono sul cielo di Viale Mazzini. Il primo,
giusto per tenere fresca la memoria è quello delle risorse economiche. Canone e
pubblicità, come ripetiamo spesso, saranno i prossimi campi di battaglia più
cruenti e dove non si faranno prigionieri e gli squilli di trombe che
annunciano battaglia si avvertono chiaramente (vedi recenti articoli di stampa
e diffida AgCom). A seguire, il fronte tecnologico: è in corso la transizione al DVB-T2 dagli
esiti molto incerti che, in un modo o nell’altro, impatteranno fortemente sul
Servizio Pubblico ancor più a seguito di quanto sta avvenendo con la crisi del
Coronavirus.
Ancora, l’implementazione del Piano Industriale è stato “rinviata” al
prossimo 31 dicembre, cioè sei mesi prima del termine di questo Cda e si può
bene immaginare cosa significa. In soldoni, l’Azienda è sostanzialmente priva
di una proiezione strategica operativa in grado di fronteggiare le nuove dimensioni
del mercato. Infine, questi due mesi lasceranno macerie sul fronte dell’offerta
editoriale (lasciamo perdere per carità di Patria gli sfracelli degli ascolti
sia pure con le repliche a manetta dei vari Montalbano o Benigni). Su queste macerie si dovrebbe (ri)costruire
un nuovo Servizio Pubblico che nessuno è in grado di immaginare di che tipo
possa o debba essere, a quale formula o modello possa o debba ispirarsi.
Il
piano Industriale parlava di “media company” e il solo topolino che è stato in
grado di partorire è stata la "nuova" Rai Play e la Direzione Nuovi Format (tanto per gradire:
il novo format di Rai Play del quale ora si parla tanto è l‘acquisto dei filmati
di Jovanotti che non sapendo a chi piazzarli, li ha gentilmente venduti alla
Rai) mentre sul fronte informazione
tutto è rimasto sostanzialmente invariato, compreso RaiNews24 che, seppure ha
migliorato qualche 0,qualche cosa, rimane un canale con oltre 200 giornalisti
rivolto ad un pubblico da prefisso telefonico. Da ricordare, infine, che è in
vigore il Contratto di Servizio, che prevede all’art. 25 esplicitamente che per quanto riguarda l’informazione
”La Rai è tenuta a:i) presentare alla Commissione parlamentare per l’indirizzo
generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, di seguito denominata
Commissione parlamentare, per le determinazioni di competenza, entro sei mesi
dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente Contratto, un
piano di riorganizzazione che può prevedere anche la ridefinizione del numero delle
testate giornalistiche nonché la riprogettazione e il rafforzamento
dell’offerta informativa sul web”. Da non dimenticare l’obbligo di dare vita ai
canali in lingua inglese e istituzionale (quanto sarebbero stati necessari
proprio in questo periodo!!!).
Ecco, tutto qui: ognuno si assuma le proprie responsabilità su
questi temi. Tutto il resto è fuffa …
senza arte ne parte. Domani Cda … rimaniamo anche noi in “attesa di chiarimenti”.
bloggorai@gmail.com
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