venerdì 8 maggio 2020

Artè, la Rai e la pubblicità


“Chercher  l’argent”…et voilà … per il Servizio Pubblico radiotelevisivo, per la Rai, per l’intero sistema delle TLC comincia la fase 7 e oltre del dopo Coronavirus. Tutto ruota intorno ad un perno di cemento armato rinforzato al titanio: le risorse economiche.

Cominciamo da ieri: è tornato alla carica il Ministro Franceschini con la sua proposta di creare una Netflix Italiana della cultura, ovviamente a pagamento. Si tratterebbe di mettere in campo una OTT (italiana ...europea ???) che possa competere con i vari/veri Netflix, Amazon, Disney+  in grado di “…offrire online ciò che non si può usufruire dal vivo, naturalmente a pagamento”. Certo, ora si tratta di stilare un elenco di ciò che possibile usufruire “dal vivo” da ciò che invece si può (o si potrà … oppure ancora... si dovrà) apprezzare in remoto, in streaming, con la realtà virtuale e magari grazie al 5G. 
Non sappiamo bene cosa abbia bene in mente il lungimirante Ministro, quale società, quali modelli di comportamento sociale individuale e collettivo, quali linguaggi e quali forme di espressione audiovisiva. Ciò che certamente ignoriamo del tutto è che tipo di Rai ha in mente, cosa debba contenere, quale debba essere la sua funzione, il suo ruolo e, di conseguenza,  con quali risorse debba essere sostenuta. Una Netflix della cultura, a pagamento, potrebbe essere un’idea suggestiva se si chiarisce bene a quale pubblico viene rivolta perché, se parliamo di mercato internazionale, potrebbe magari avere una sua plausibilità. Ci viene in mente Artè, il canale tv franco tedesco in onda dal 1992, che produce programmi di elevatissima qualità sostenuto finanziariamente da risorse pubbliche. Questo era, in fieri,  il nucleo di un progetto europeo che, opportunamente rimodulato sarebbe potuto essere il vero antagonista dei vari OTT (al quale Rai non aderisce). Il tema principale riguarda la gestione  dei diritti di diffusione. Inoltre i sistemi audiovisivo sono “terribilmente nazionalisti”. In altre parole,  ciò che piace e diverte i francesi, può essere del tutto diverso con gli italiani. Un esempio: Napoleone. Come produrre un grande prodotto audiovisivo che possa soddisfare la stessa percezione dell’Imperatore di tutti i francesi  che non potrà mai essere la stessa per i popoli che hanno “letto” storicamente il Grande Corso in modi del tutto diversi e anche antagonisti e contrapposti. Morale: il Napoleone televisivo europeo non è mai stato realizzato (ci riuscì solo Abel Gance, visto la prima e unica volta a Roma sotto il Colosseo durante gli anni d'oro dell'estate romana con il primo multischermo e orchestra dal  vivo ...indimendicabile ...io c'ero !!!).

Dunque, la “cultura come merce” questo potrebbe essere un tema di grande dibattito e riflessione che potrebbe riguardare e interessare direttamente il Servizio Pubblico, la Rai. Si tratta allora di “vendere” cultura? A chi? Agli italiani o agli stranieri? Allora il ragionamento si sposta ad una specie di “Stati generali della cultura” della cultura nell’epoca post coronavirus, fondando  la riflessione non sulla distribuzione /che è l’anima di Netflix, ma sulla produzione perché sarà quello ora il vero campo di competizione nazionale e internazionale. Torniamo a bomba: si avverte fortemente la mancanza di un progetto, la visione, le idee sul prossimo futuro sull’intero sistema della cultura, dove si comprende anche l’audiovisivo. Questa è altra storia rispetto ad una Netflix italiana, ovvero una RaiFlix alla “matriciana”.

Veniamo ora al secondo  campo di battaglia: le risorse pubblicitarie e il dumping praticato dalla Rai. I lettori spero, potranno perdonare la puntigliosità della citazione, ma è determinante per comprendere esattamente la portata del problema che solleviamo. Un autorevole dirigentissimo ci ha detto “sul fronte della multa di 1.5 mln sul fonte pluralismo forse ce la “sfanghiamo” ma su questo sarà moto difficile”. Un passo indietro. Nella seduta dello scorso 13 febbraio Agcom vota, all’unanimità (seppure in prorogatio) una delibera dove si legge “… RILEVATO che il prezzo effettivo praticato da Rai nella vendita degli spazi pubblicitari ha necessarie ripercussioni sul sistema di finanziamento misto adottato dal legislatore italiano, in quanto le modalità di presentazione della contabilità separata si basano sulla valorizzazione dei contatti pubblicitari, attualmente derivante dalle indicazioni regolamentari che dispongono che l’ammontare delle risorse pubblicitarie allocate nell’aggregato commerciale debbano essere pari alle risorse che un operatore privato nazionale sarebbe in grado di raccogliere sul mercato (quindi con gli stessi vincoli ed opportunità); e che dunque un’anomala pratica degli sconti sui prezzi di listino, anche in ragione della fascia oraria nella quale viene collocato il corrispondente spazio pubblicitario, potrebbe essere resa economicamente sostenibile in ragione di una sovracompensazione delle entrate da canone…” inoltre “RILEVATO, pertanto, che le verifiche sulla trasparenza dei prezzi di vendita degli spazi pubblicitari assumono un rilievo dirimente al fine di vigilare sul rispetto delle disposizioni anche in materia di aiuti di Stato, laddove l’eventuale non corretta imputazione degli importi relativi a costi e ricavi della pubblicità audiovisiva compromette l’affidabilità della valorizzazione del fabbisogno di canone basato sulla differenza tra ricavo dei contatti Mediaset e il ricavo parametrato al ricavo medio Mediaset dei contatti Rai “mancanti” quale incremento potenziale del fatturato, ovvero il 10 61/20/CONS fatturato che Rai avrebbe realizzato in assenza del cd. vincolo di affollamento, che giustifica l’ulteriore fabbisogno di canone…” e quindi DIFFIDA la Rai “ …affinché cessino immediatamente comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata, assicurando il rispetto dei principi di non discriminazione e di trasparenza nella conclusione dei contratti di diffusione pubblicitaria, anche al fine di consentire all’Autorità di verificare il corretto utilizzo delle risorse pubbliche destinate al finanziamento delle attività e della programmazione di servizio pubblico”. Oggi, sull’argomento torna La Notizia che riprende l’articolo di Andrea Biondi su MF citato di alcuni giorni addietro. La fase 2 è appena iniziata e i cani intorno all’osso non molleranno la presa pur di sopravvivere.

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