“Chercher l’argent”…et voilà … per il Servizio Pubblico radiotelevisivo, per la Rai, per l’intero
sistema delle TLC comincia la fase 7 e oltre del dopo Coronavirus. Tutto ruota
intorno ad un perno di cemento armato rinforzato al titanio: le risorse
economiche.
Cominciamo da ieri: è tornato alla carica il Ministro Franceschini con la sua proposta di creare una
Netflix Italiana della cultura, ovviamente
a pagamento. Si tratterebbe di mettere in campo una OTT (italiana ...europea ???) che possa competere con i
vari/veri Netflix, Amazon, Disney+ in
grado di “…offrire online ciò che non si può usufruire dal vivo, naturalmente
a pagamento”. Certo, ora si tratta di stilare un elenco di ciò che possibile usufruire
“dal vivo” da ciò che invece si può (o si potrà … oppure ancora... si dovrà)
apprezzare in remoto, in streaming, con la realtà virtuale e magari grazie al 5G.
Non sappiamo bene cosa abbia bene in mente il lungimirante Ministro, quale
società, quali modelli di comportamento sociale individuale e collettivo, quali
linguaggi e quali forme di espressione audiovisiva. Ciò che certamente
ignoriamo del tutto è che tipo di Rai ha in mente, cosa debba contenere, quale
debba essere la sua funzione, il suo ruolo e, di conseguenza, con quali risorse debba essere sostenuta. Una
Netflix della cultura, a pagamento, potrebbe essere un’idea suggestiva se si chiarisce
bene a quale pubblico viene rivolta perché, se parliamo di mercato
internazionale, potrebbe magari avere una sua plausibilità. Ci viene in mente
Artè, il canale tv franco tedesco in onda dal 1992, che produce programmi di
elevatissima qualità sostenuto finanziariamente da risorse pubbliche. Questo era,
in fieri, il nucleo di un progetto
europeo che, opportunamente rimodulato sarebbe potuto essere il vero antagonista
dei vari OTT (al quale Rai non aderisce). Il tema principale riguarda la gestione dei diritti di diffusione. Inoltre i sistemi
audiovisivo sono “terribilmente nazionalisti”. In altre parole, ciò che piace e diverte i francesi, può essere
del tutto diverso con gli italiani. Un esempio: Napoleone. Come produrre un
grande prodotto audiovisivo che possa soddisfare la stessa percezione dell’Imperatore
di tutti i francesi che non potrà mai essere
la stessa per i popoli che hanno “letto” storicamente il Grande Corso in modi
del tutto diversi e anche antagonisti e contrapposti. Morale: il Napoleone televisivo
europeo non è mai stato realizzato (ci riuscì solo Abel Gance, visto la prima e unica volta a Roma sotto il Colosseo durante gli anni d'oro dell'estate romana con il primo multischermo e orchestra dal vivo ...indimendicabile ...io c'ero !!!).
Dunque, la “cultura come merce” questo potrebbe essere un tema di
grande dibattito e riflessione che potrebbe riguardare e interessare direttamente
il Servizio Pubblico, la Rai. Si tratta allora di “vendere” cultura? A chi? Agli
italiani o agli stranieri? Allora il ragionamento si sposta ad una specie di “Stati
generali della cultura” della cultura nell’epoca post coronavirus,
fondando la riflessione non sulla distribuzione
/che è l’anima di Netflix, ma sulla
produzione perché sarà quello ora il vero campo di competizione nazionale e
internazionale. Torniamo a bomba: si avverte fortemente la mancanza di un
progetto, la visione, le idee sul
prossimo futuro sull’intero sistema della cultura, dove si comprende anche l’audiovisivo.
Questa è altra storia rispetto ad una Netflix italiana, ovvero una RaiFlix alla
“matriciana”.
Veniamo ora al secondo
campo di battaglia: le risorse pubblicitarie e il dumping praticato
dalla Rai. I lettori spero, potranno perdonare
la puntigliosità della citazione, ma è determinante per comprendere esattamente
la portata del problema che solleviamo. Un autorevole dirigentissimo ci ha detto “sul fronte della multa di 1.5 mln sul fonte pluralismo forse ce la “sfanghiamo”
ma su questo sarà moto difficile”. Un passo indietro. Nella seduta dello scorso
13 febbraio Agcom vota, all’unanimità (seppure in prorogatio) una delibera dove
si legge “… RILEVATO che il prezzo effettivo praticato da Rai nella vendita
degli spazi pubblicitari ha necessarie ripercussioni sul sistema di
finanziamento misto adottato dal legislatore italiano, in quanto le modalità di
presentazione della contabilità separata si basano sulla valorizzazione dei
contatti pubblicitari, attualmente derivante dalle indicazioni regolamentari
che dispongono che l’ammontare delle risorse pubblicitarie allocate
nell’aggregato commerciale debbano essere pari alle risorse che un operatore
privato nazionale sarebbe in grado di raccogliere sul mercato (quindi con gli
stessi vincoli ed opportunità); e che dunque un’anomala pratica degli sconti
sui prezzi di listino, anche in ragione della fascia oraria nella quale viene
collocato il corrispondente spazio pubblicitario, potrebbe essere resa
economicamente sostenibile in ragione di una sovracompensazione delle entrate
da canone…” inoltre “RILEVATO, pertanto, che le verifiche sulla trasparenza dei
prezzi di vendita degli spazi pubblicitari assumono un rilievo dirimente al
fine di vigilare sul rispetto delle disposizioni anche in materia di aiuti di
Stato, laddove l’eventuale non corretta imputazione degli importi relativi a
costi e ricavi della pubblicità audiovisiva compromette l’affidabilità della
valorizzazione del fabbisogno di canone basato sulla differenza tra ricavo dei
contatti Mediaset e il ricavo parametrato al ricavo medio Mediaset dei contatti
Rai “mancanti” quale incremento potenziale del fatturato, ovvero il 10
61/20/CONS fatturato che Rai avrebbe realizzato in assenza del cd. vincolo di
affollamento, che giustifica l’ulteriore fabbisogno di canone…” e quindi
DIFFIDA la Rai “ …affinché cessino immediatamente comportamenti analoghi a
quelli oggetto dell’infrazione accertata, assicurando il rispetto dei principi
di non discriminazione e di trasparenza nella conclusione dei contratti di
diffusione pubblicitaria, anche al fine di consentire all’Autorità di
verificare il corretto utilizzo delle risorse pubbliche destinate al
finanziamento delle attività e della programmazione di servizio pubblico”. Oggi,
sull’argomento torna La Notizia che riprende l’articolo di Andrea Biondi su MF
citato di alcuni giorni addietro. La fase 2 è appena iniziata e i cani intorno
all’osso non molleranno la presa pur di sopravvivere.
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