Questa mattina, con la consueta nebbia sui grandi temi che
potrebbero interessare il Servizio Pubblico, la Rai e il sistema delle Tlc, ci
è venuto in mente un termine: epifenomeno. La Treccani definisce questo
sostantivo come “fenomeno accessorio o secondario, la presenza o l’assenza del
quale non inciderebbe sulla esplicazione dei fenomeni essenziali” mentre su Wikipedia
si legge “in filosofia è un fenomeno secondario e accessorio che talora
accompagna o segue un fenomeno primario senza apparente necessario rapporto con
esso”.
In altri termini, mettiamola così: il fenomeno primario è il
Paese e i suoi problemi, il fenomeno secondario e accessorio è la Rai. Quale sia
il rapporto, apparente o necessario, e in quale contesto di spazio e di tempo
si possa collocare è discorso assai più complesso. Siamo costretti, indotti,
limitati ad osservare quanto avviene nel breve arco di minuti, ore, giorni e
poco più.
Ecco, appunto, per un verso siamo tutti consapevoli della
rilevanza e della vastità dei problemi che si ponevano prima del Covid e si
ripropongono ora per allora, per quando ci troveremo catapultati nella nuova era
del 5G, della transizione al DVB-T2, delle piattaforme streaming sempre più aggressive
e competitive rispetto al broadcast tradizionale. Per altro verso, sembra che
tutto questo, a Viale Mazzini, venga vissuto come fatale destino incombente,
verso il quale nessuno è in grado di opporsi o di intervenire e tutto, appunto,
appare “secondario e accessorio” non tanto nelle forme esteriori di
rappresentanza e percezione collettiva, quanto più nella sua intima natura. Il
cuore pulsante di questi ragionamenti è, a nostro giudizio, esattamente quell’interrogativo che la BBC si
è posta alcuni anni fa (esattamente alla vigilia del suo Piano Industriale
2018) quando stavano emergendo con particolare rilevanza le mutazioni “genetiche”
del suo pubblico, che ne sarà del nostro futuro? Questa banale quanto semplice
ed essenziale domanda sembra, appunto, l’epifenomeno
di cui abbiamo accennato che, a quanto sembra, non suscita particolare interesse
o attenzione.
La domenica succede che si ha maggior tempo per riflettere e
scrivere. In una bella lettera che ieri ci ha inviato un autorevolissimo ex
collega ho letto: “Al mio sguardo di marinaio pare un galeone sfasciato, con le
vele a brandelli, che naviga portato dalla corrente, gestito da un equipaggio con
il solo proposito di sopravvivere a qualunque costo... La Rai è condannata per
la sua natura ambigua al massimo a combattere battaglie di infima retroguardia…”. Dobbiamo anche osservare che questa deriva stanca e pigra sembra sapientemente
accompagnata da una capacità di lettura e interpretazione dei grandi fenomeni da
parte della carta stampata pari a quella
di un criceto che gira nella ruota della sua gabbietta: colleghi giornalisti da
premio Pulitzer quando si tratta di scrivere valanghe di gossip mentre appaiono
anchilosati quando invece sono alle prese con problemi più spessi di una foglia
di rosmarino. Appunto, come se la “gente” non aspettasse altro che di sapere se
Tinni Andreatta potrebbe diventare il prossimo AD Rai semmai Salini dovesse
mollare per andare da Netflix (puro gossip).
Concludiamo su una riflessione interrogativa. I nostri lettori ricorderanno quando all’inizio
del Covid ci siamo interrogati sul “linguaggio” e i modelli semantici
utilizzati nella comunicazione e informazione Rai. Ci è venuto in mente un
tema: “la distanza sociale”. È stata ed
è tuttora utilizzata come forma di profilassi preventiva contro la diffusione
del Covid. Solo concettualmente, intendiamoci, osserviamo che si tratta dell’esatto
opposto di quanto invece il Servizio Pubblico dovrebbe sostenere e perseguire:
la coesione sociale. Allora, non si poteva almeno cercare di introdurre e
sostenere una proposizione diversa che togliesse fuori il “sociale” da questa
tragica dimensione sanitaria? Non si poteva cercare di usare una terminologia
come, ad esempio, “distanza sanitaria” o “separazione
fisica”? Alimentare, sostenere e diffondere messaggi conflittuali e ambigui non
aiuta nessuno. Al Servizio Pubblico dovrebbe competere anche questo compito. Ma, forse, si tratta appunto di un epifenomeno.
bloggorai@gmail.com
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